MUSICA




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​​​​​​​Parliamo dei nostri gusti musicali
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MUSICA
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UDINE 2004 - di Paolo

All’alba mi ha svegliato un inaspettato gocciolio di pioggia; ieri c’era il sole, ma nella notte il libeccio deve aver spinto il suo pesante esercito di nubi alla conquista del cielo ed ora, quietamente piove sulla strada deserta. Le gocce battono sull'impalcatura eretta sul fronte del condominio per la manutenzione e la ritinteggiatura dei terrazzi. La luce è scarsa e fatica a penetrare dalle persiane chiuse, la stanza è avvolta da quella diffusa penombra dove le cose assumono l’aspetto di altre cose. Su tutto frange il brusio della pioggia rotto soltanto dal rumoroso tubare di un colombo che, ebbro d’amore, non si accorge di essere bagnato.

Ottavio nella sua camera ha desiderio di pigrizia, di letto, di ascoltare il silenzio, di compagnie inesistenti, di domande oziose, di chiedersi dove si cela il buio quando la luce avanza e dove va la luce quando è invece il buio ad avanzare. Ottavio resta alzato fino a tardi per scrivere poesie. La scrittura è un'occupazione riservata che, al contrario della musica, non violenta il silenzio. Però sono sicuro che anche nel sonno, la mente non riposa e immagini su immagini si srotolano dal film della memoria per scomparire rapide, come polvere che fugge avanti al vento; si arresteranno soltanto contro i luminosi argini del giorno. Il mondo evanescente e silenzioso che occupa lo spazio esiguo della memoria, si dilata, si agita, riprende la sua forma; tornano i volti noti confusi con una moltitudine di altri assolutamente ignoti, dimenticati come gli attimi trascorsi senza storia che si sono saldati alla sua esistenza. Si scompongono e ricompongono a brandelli perché ogni uomo ha, alle sue spalle, il buio del passato, ma quei frammenti di storie sono trascorsi, per casuali giochi del destino, insieme alla mia storia.

DOMENICA A CIVIDALE

Uno dietro l'altro
scendemmo i gradini
che dal ponte portavano al Natisone.

I germogli smagliavano nella luce,
muti e trionfali,
solitari come piccole stelle diurne.

Ci fermammo sul greto e restammo immobili,
imbarazzati nel silenzio radioso del sole alto.

Le case dall'intonaco sbiadito
si specchiavano nel fiume verde
ed il giorno cominciò
ad avere un aspetto pratico, concreto.

Fu solo dopo esserci spogliati,
che diventammo apertamente esitanti.

Entrambi ci accorgemmo
di come l'aria fosse ancora rigida,
di come l'acqua fosse ostile
e ci passò la voglia di tuffarci.

Le campane suonavano in lontananza.
"Che ore saranno?"
"Che importa? E' domenica!"


(Aprile 1999 - Paolo Driussi, poesia pubblicata per gentile concessione di PAMABU' e dell'autore)