MUSICA




​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​
​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​
​​​​​​​​​​​​​​
​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​
​​​​​​​​​​​​​



​​​​​​​Parliamo dei nostri gusti musicali
​​​​​​​

​​​



MUSICA
Start a New Topic 
Author
Comment
Nada scoprì che esisteva anche lei (e non sentì più freddo)

Nada scoprì che esisteva anche lei (e non sentì più freddo)
Oggi l’artista compie 70 anni. La celebriamo con la storia del disco “dimenticato” con Piero Ciampi.



Di Mattia Marzi


I piedi sporchi di sabbia, una lunga gonna a pois, un maglioncino bianco. Lo sguardo perso nel vuoto, un’espressione assorta, le spalle appoggiate al muro di quello che ha tutta l’aria di essere l’esterno di una casa di mare. È così che Nada si (ri)presenta al pubblico, sulla copertina di “Ho scoperto che esisto anch’io”, il disco con il quale il “pulcino del Gabbro”, così come l’aveva soprannominata la critica dell’epoca, chiuse in sof***** i panni dell’interprete sbarazzina di “Ma che freddo fa”, della “bambina che non voleva cantare” - per citare il titolo del docu-film Rai del 2021 diretto da Costanza Quatriglio - che era partita dalla provincia toscana e si era ritrovata ai vertici della hit parade quasi senza volerlo.


.E diventò grande. Era il 1973, cinquant’anni fa esatti. Nada, che all’epoca aveva 20 anni, oggi ne compie 70. A riascoltare oggi l’album, tra i meno conosciuti e - ingiustamente - considerati della discografia dell’artista, sembra essere stato inciso dalla Nada di oggi: dentro questa dozzina di canzoni c’era già tutta l’attitudine anticonformista, ribelle e a tratti anche punk che Nada Malanima avrebbe imparato a esprimere nel corso degli anni, reinventandosi antidiva.

“Mia madre quando parla di me, dice che sono una buona figlia / i miei fratelli dicono di me che sono una cara sorella / le mie amiche quando parlano di me dicono che sono una buona amica / ma loro non sano che ho tante tentazioni, che vivo soltanto d’illusioni”, cantava l’ex pulcino, diventato un cigno nero della musica leggera italiana, in “Confiteor”, la canzone che apriva l’album. E ancora: “Ma loro non sanno che sogno un gelato e lunghi laghi bianchi / ma loro non sanno che scappo da una chiesa perché non credo in niente / ma loro non sanno che la mia vanità va oltre l’apparenza / ma loro non sanno che penso al suicidio quando viene capodanno”.

I versi suonano sconcertanti ancora oggi, figurarsi all’epoca (il corpo di Luigi Tenco era stato ritrovato senza vita nella sua stanza d’hotel a Sanremo sei anni prima, nel 1967). Nada voleva spiazzare tutti, abbandonando la musica leggera e avvicinandosi alla canzone d’autore. E ci riuscì. Cantò il proprio malessere: “.Per quattro anni fui prigioniera dello spettacolo. Cantavo, uscivo dal palcoscenico, vomitavo e rientravo. Ero diventata anoressica. C’è stato un periodo in cui mi nutrivo con le flebo”, avrebbe raccontato nel 2016 in un’intervista a La Repubblica. Ad aiutarla a mettere in musica i suoi dubbi esistenziali ci pensò Piero Ciampi (aiutato da Pino Pavone), il poeta maledetto della canzone d’autore italiana al quale dieci anni prima Gino Paoli, tra i suoi più grandi estimatori, era riuscito a far avere un contratto con la Rca Italiana.


Anarchico e comunista, Ciampi - che con canzoni come “Qualcuno tornerà”, “Il merlo”, “Quando ti ho vista” e “Te lo faccio vedere chi sono io” si era ritagliato un posto tutto suo nella scena cantautorale degli anni a cavallo tra i ’60 e i primi ’70 - era una voce fuori dal coro. “Eravamo due autodistruttivi. Con la differenza che Piero credeva fortemente in quello che scriveva. L’ho amato come si ama un fratello bizzarro e geniale. Era come se ogni volta camminasse a piedi nudi sui vetri e il dolore fu la forma che diede alle sue canzoni”, avrebbe raccontato Nada a proposito del suo rapporto con il collega, che aveva vent’anni più di lei.


“.Sovrapposizioni”, “La passeggiata”, “Sul porto di Livorno”, “Eri propri tu”, “Come faceva freddo” (che sembra legarsi a quella “Ma che freddo fa” che nel ’69 aveva reso l’allora 16enne Nada una enfant prodige del pop italiano), “Lui è un folle”. E poi la surreale “Esisto anch’io”, sette minuti e passa di durata: il disco, prodotto dal romano Gianni Marchetti, che dopo aver lavorato con star della musica leggera dell’epoca come Nico Fidenco, Bobby Solo (suo l’arrangiamento della celebre “Una lacrima sul viso”, tra le altre cose), dei Ricchi e Poveri (“Che sarà”), firmò colonne sonore per film impegnati come “Colpo di Stato” di Luciano Salce, “I sette fratelli Cervi” di Gianni Puccini, portò Nada a sporcarsi le mani con suggestioni rock.


Le atmosfere dei brani suonano cupe, tetre. Le sonorità ansiogene. Così come i testi. “Sono una ragazza travagliata / molto furba, astuta / e quando ballo e abbraccio / è come se avessi un amplesso con l’aria”, cantava Nada nella stessa “Esisto anch’io”. Quello che voleva trasmettere a chi l’aveva seguita fino ad allora con questo nuovo ellepì, l’artista lo aveva sintetizzò in poche righe all’interno della copertina: “Un mattino, da un giorno ad un altro, non ero più io. Lacrime? Storie. Ora per sempre discorsi più stanchi ed un sorriso diverso”.


Il disco - che sarebbe stato ristampato nel 1995 dalla BMG Ricordi con l’aggiunta di due bonus track, la cover de “L’amore è tutto qui” dello stesso Piero Ciampi e “Lemme lemme”, originariamente incluse nell’album “Nada” del 1976, accompagnata da una presentazione scritta da Vincenzo Mollica che potete leggere qui sopra - non ottenne un grande successo nelle vendite. Non era quello l’obiettivo, d’altronde. Ma ribadire che quella ragazzina che sul palco di Sanremo cantava “Ma che freddo fa” era diventata grande E aveva in mente altro: “A me ha fatto sempre male la banalità delle persone con le loro sovrastrutture, i loro pregiudizi.

Spesso è vero, sono rimasta delusa per la poca attenzione verso i miei dischi, ma questo perché .volevano sentire e vedere ancora la Nada del primo Sanremo e non accettavano che fossi in continua evoluzione, libera di scegliere e anche di sbagliare. Così, agli occhi dei produttori diventavo ‘l’ingovernabile’ - avrebbe raccontato Nada in un’intervista ad Avvenire, nel 2019 - mi sono difesa dalla pubblica ottusità stando lontano dal piattume. Ho sempre sete di novità, di percorrere nuove vie, perché la musica è un universo immenso tutto da esplorare”.