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Quando i Muse diventarono epici: i segreti di “Absolution”

Quando i Muse diventarono epici: i segreti di “Absolution”
Dietro le quinte dell'album che vent'anni fa cambiò la storia della band, per conoscerne la storia.

Di Mattia Marzi

“Dove volete arrivare?”, chiede un giornalista a Matthew Bellamy, Chris Wolstenholme e Dominic Howard nel backstage del Fuji Rock Festival, in Giappone. È il luglio del 2002. Il trio ha già cominciato a raccogliere le bozze di brani e le idee con le quali di lì a poco, nel settembre di quell’anno, sarebbe entrato in studio di registrazione per dare forma al suo terzo album, l’ideale successore di “Origin of symmetry”. A quella domanda il frontman del gruppo risponde: “Nelle arene”. Si apre così il documentario “Making of Absolution”, che i Muse hanno pubblicato gratuitamente sul loro canale YouTube ufficiale per festeggiare il


ventennale dell’uscita di “Absolution”, il disco con il quale la rock band del Devon raggiunse la consacrazione a livello internazionale e arrivò ad esibirsi da headliner al festival di Glastonbury davanti a 150 mila spettatori paganti, sulla scia di hit come “Hysteria” e - soprattutto - “Time is running out”, che fece del trio un fenomeno mainstream.


C’è un prima e un dopo “Absolution” nella discografia dei Muse e lo si capisce guardando i 34 minuti di documentario, che mettono insieme audio di interviste dell’epoca, dietro le quinte dei videoclip e filmati d’archivio che svelano i segreti della genesi del terzo disco del gruppo capitanato dall’eclettico e imprevedibile Matt Bellamy. Con “Absolution”, che arrivò sugli scaffali dei negozi di dischi il 15 settembre del 2003, il sound dei Muse diventò epico: un rock sinfonico che anticipò le atmosfere di lavori successivi della band come “Resistance”, tra citazioni esplicite di compositori classici come Rachmaninov e Samuel Barber, interludi e un uso massiccio dell’orchestra in sala di incisione.

Il documentario rivela aspetti inediti delle sessions, facendo rivivere l’atmosfera che si respirava in studio di registrazione durante la genesi del disco. Bellamy prova a far convivere un interludio di pianoforte con atmosfere hard rock, Dominic Howard si diverte a pizzicare le corde del pianoforte come se fossero quelle di un’arpa, poi suona le grancasse immerso dentro vasche d’acqua e si cimenta in un assolo di batteria jazz mentre in sottofondo i compagni di band giocano con l’elettronica. Cestinano brani, poi li recuperano, li rielaborano, li rivisitano. Senza mai accontentarsi.

Al momento di entrare in studio i Muse pensavano di avere le idee ben chiare su cosa aspettarsi dal loro terzo album. Si ricrederanno: “Prima di entrare in studio avevamo una lista di venti canzoni. Pensavamo che molte di queste fossero davvero belle”, dicono in una vecchia intervista. Ne manterranno cinque o sei. Bellamy, Wolstenholme e Howard promossero a produttore l’ingegnere del suono Rich Costey, che aveva affiancato la band nei precedenti “Showbiz” e “Origin of symmetry”, chiedendogli di aiutarli a mettere in ordine le (troppe) idee raccolte. All’inizio le cose non sembravano funzionare: “Ricordo che la prima volta che abbiamo incontrato Rich ero molto nervoso mentre suonavamo.

Ricordo di aver litigato con Dominic e Chris perché non mi sentivo a mio agio con qualcuno che si intrometteva tra noi nella creazione - ricorda Bellamy - ma fortunatamente quando Rich è arrivato, tutto quello che ha detto lo abbiamo trovato interessante: ci aveva compresi più di chiunque altro”. Costey non fu l’unico “corpo estraneo” alla band che rese “Absolution” un disco spiazzante. A permettere ai Muse di alzare la loro personale asticella ci pensò anche la violoncellista britannica .Audrey Riley, che spalancò al gruppo le porte della musica sinfonica: “Ci sono canzoni dell’album in cui suonano gli archi. Ci siamo incontrati con Audrey Riley, una signora inglese, che ci ha dato una mano. Volevo sperimentare, vedere se ero in grado di collaborare con qualcun altro alla composizione. Si tratta di canzoni basate sul pianoforte e secondo me piano e archi devono essere legati tra loro”, dice Bellamy.

Alla fine dal caos emerge un filo conduttore che lega tra loro i brani e che rende “Absolution” un concept album a tutti gli effetti. Bellamy, Wolstenholme e Howard se ne accorgono leggendo l’ordine dei titoli delle canzoni scritti sulla lavagnetta dello studio: “Apocalypse please”, “Time is running out”, “Sing for absolution”, “Hysteria”. Il mondo che si sgregtola, il tempo che sta scorre inesorabilmente, l’isteria collettiva (Bellamy nel 2003 rivelò che lo scoppio della guerra in Iraq ispirò parte dei brani contenuti nell’album): l’assoluzione suonata dai Muse ha connotazioni quasi apocalittiche. E anche in questo il disco sembra anticipare i temi di lavori successivi come “Black holes & revelations” e “Will of the people”: “Non è necessariamente un’espressione religiosa - chiariscono loro - ha significati di purezza, ma non necessariamente da un punto di vista cristiano o religioso. Penso che stia solo suggerendo che l'atto di fare musica è un modo di comprendere le cose”.

L’album venderà oltre 3 milioni di copie al di là e al di qua dell’Atlantico. Questo venerdì, 17 novembre, il disco tornerà nei negozi sotto forma di una nuova edizione rimasterizzata, contenente anche versioni live inedite, demo, foto e un’intervista approfondita alla band nella quale si raccontano altri segreti delle sessions e di come il contesto sociale dell’epoca influenzò le tematiche del disco.