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Noel Gallagher è quell'amico che, alla fine, non tradisce mai

Noel Gallagher è quell'amico che, alla fine, non tradisce mai
A Milano omaggia il suo percorso e quello con gli Oasis. Sotto lo sguardo del cartonato di Guardiola

Di Claudio Cabona

Noel Gallagher, 56 anni, è come un vecchio amico che, anche se non lo si incontra da un po’ o ci si è persi di vista per un periodo, non tradisce mai e capisce quello di cui si ha bisogno. In Italia, con un live completo, non passava dal 2019. Alla fine, tuffarsi nelle sue parole e melodie significa, per più di una generazione, sentirsi in qualche modo a casa. Soprattutto oggi che la musica, per ritmi e sound, a volte, sembra impazzita e non decifrabile, lasciarsi andare dentro le onde dei brani dell’ex Oasis regala pace e una sensazione di conforto.


Da San Siro al cartonato di Guardiola
Noel, proprio come un compagno di bevute al pub, lo puoi beccare allo stadio, felpa e jeans, a vedere Milan-Psg salutando i tifosi rossoneri con un “ciao sono Rod Stewart” e poi, cambio scena, nei panni di musicista e cantautore con la giacca di jeans sul palco del Forum di Milano, insieme ai suoi rodati High Flying Birds, a scogliere il cuore di migliaia di fan con “Don't look back in anger”, brano di metà anni ’90, che è diventato nel tempo una sorta di inno planetario che gioca a inseguire l’eternità. Fu il primo singolo degli Oasis nel quale Noel sostituì come voce principale il fratello Liam, un altro amico di sempre per chi ama il rock, ma più caustico e testa calda. La favola del rivederli insieme è sempre necessaria per farci credere che in qualche modo non si sia diventati adulti. Ma intanto i due continuano a litigare a distanza: “Liam, senza gli Oasis, non esiste”, ha fatto sapere poco prima di arrivare in Italia.

Noel attacca con i brani di “Council skies”, il sui ultimo progetto solista, uscito quest’estate, anche se proprio “solista” non è. Si tratta, infatti, del lavoro più corale e “live in studio” del suo percorso, uno dei migliori post Oasis, quello in cui gli High Flying Birds assumono davvero il ruolo di band e in cui c'è un suono lavorato che valorizza la scrittura. Testi in cui sui parla di sogni e rinascite, anche per questo sul palco è circondato da tanti e diversi fiori colorati. Non manca anche un cartonato a grandezza naturale di Guardiola: il mister del Manchester City, di cui Noel è tifosissimo, osserva tutto.

Il nuovo album
Noel ha messo da parte gli arrangiamenti particolari di “Who built the moon” del 2017 ed è tornato a realizzare quello che gli è sempre riuscito meglio: canzoni classiche, dal gusto retrò anni ’90, che dal vivo rendono di più. “Pretty Boy”, con quel gusto alla Cure (è stata remixata da Robert Smith), “Council skies”, in cui si racconta di una stella cadente da catturare per brindare a giornate migliori, “Open the Door, See what you find”, “We're gonna get there in the end” ed “Easy Now” emergono, con una forza tranquilla, nella prima parte del concerto. Tutte le canzoni del nuovo disco sono state scritte durante il lockdown. Ma “Council skies” non è un “lockdown album”: nei brani si respira un'atmosfera intimista e malinconica, ma mai appassita, e molti pezzi, in particolare “Easy Now”, hanno ritornelli liberatori. Con “You know we can't go back” e “In the heat of the moment” si torna al 2015 di “Chasing Yesterday”, mentre con “If I had a gun” si viaggia fino al 2011, ma la canzone è stata scritta qualche anno prima durante il tour degli Oasis per la promozione dell'album “Dig out your soul”. Tra le tracce più significative ed emozionanti di questa prima parte c’è “Dead in the Water”, eseguita solo chitarra e voce: un pezzo “all’Oasis”, l’unico di “Who built the moon”.

Gli Oasis e l’Inter
È un sali-scendi temporale quello che porta alla seconda parte del live, quella indiscutibilmente più attesa, anche se più corta, durante cui si vola dentro il repertorio degli Oasis. Sette brani, vissuti e cantati come riti collettivi tra presente e passato, con “The Masterplan” e “Little by Little” accolti con un boato. Il tutto fino al miracolo musicale finale di “Don't look back in anger”, dedicata “a tutti i tifosi dell’Inter” (e qui qualche fischio Noel se l’è preso, i fratelli Gallagher amano giocare con le fedi calcistiche dei fan) e poi intonata in modo talmente fragoroso dal pubblico da coprire quasi la voce dell’artista di Manchester. Prima di questo fuoco d’artificio c’è anche il tempo per una cover di “Quinn the Eskimo (The Mighty Quinn)” di Bob Dylan, uscita nella seconda metà degli anni ’60, che racconta l'arrivo in città di Quinn l’eschimese, in grado di tramutare le sofferenze in gioia e pace. Noel, con questi ultimi bellissimi pezzi, tira fuori parole divenute nel tempo anche cori di incitamento da stadio, sono quelle di cui si ha bisogno quando le ferite non sembrano rimarginarsi. Sono proprio come le parole consolatorie e vivide, mai paternali, di un amico che è sempre lì. Nonostante il tempo che scorre, è sempre lì per noi.

Scaletta:
Pretty Boy
Council Skies
Open the Door, See What You Find
We're Gonna Get There in the End
Easy Now
You Know We Can't Go Back
We're on Our Way Now
In the Heat of the Moment
If I Had a Gun
AKA…What a Life!
Dead in the Water
Set Oasis:
Going Nowhere
The Importance of Being Idle
The Masterplan
Half the World Away
Little by Little
Quinn the Eskimo (The Mighty Quinn, cover di Bob Dylan)
Live Forever
Don't Look Back in Anger