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I Blur non volevano essere una band di Britpop

I Blur non volevano essere una band di Britpop
Secondo Graham Coxon con l’album “Blur” volevano prendere le distanze da quello stile.


Di Luca Trambusti
Graham Coxon ha ricordato lo sforzo dei Blur di prendere le distanze dal suono del Britpop nel loro album omonimo del 1997.

“Blur”, il quinto album della band, contenente singoli come "Song 2" e "Beetlebum", era caratterizzato dalla sua aggressività e da una maggior emotività rispetto al loro lavoro precedente.





Coxon è stato più degli altri il membro della band che spingeva per un cambiamento stilistico e ha spiegato in una nuova intervista con Mojo come ha cercato di realizzarlo.

“Ho deciso di scrivere una lettera a Damon perché non ero abbastanza sicuro di affrontare conversazioni su quelle che erano le mie esigenze. Era qualcosa del tipo: 'Mi piacerebbe ricominciare a spaventare la gente, perché all'inizio eravamo a disagio pensando a canzoni come 'Oily Water' o 'Resigned'. Gli dissi: “facciamo una dannata discussione e divertiamoci””, ha ricordato.

“Non ho avuto una grande reazione, ma Damon mi ha lasciato un po’ più di spazio. Penso che fosse comprensivo e desideroso che tutti si esprimessero e che io avessi momenti per cazzeggiare con il rumore. Volevo vedere cosa poteva fare la chitarra senza troppi interventi da parte mia.

“Damon sa che quando si tratta di unire la sua voce a qualcosa di bello, posso farlo anch’io. Ma l’album “Blur” viene spesso definito “un disco di Graham', a causa di cose come “Essex Dogs”."





Il chitarrista ha poi continuato: "Ci siamo sentiti costretti in questa strana cosa del Britpop, con cui non avevamo nulla a che fare, ma penso che abbiamo cercato di eliminare ogni puzza di Britpop dai nostri vestiti e di allontanarci dai nostri amati Kinks - anche se c'era ancora Bowie a causa di Damon e del produttore Stephen Street. Penso che abbiamo trovato la nostra psichedelia “pesante”, piuttosto che restare con quella di “Toad-of-Toad-Hall” ("Toad-of-Toad-Hall" è un testo teatrale di A.A. Milne che narra la storia di un rospo di nome Toad che vive in una grande casa chiamata Toad Hall. L’opera è tratta dal romanzo del 1908 “The Wind in the Willows” di Kenneth Grahame).

“Non so quali fossero le preoccupazioni della EMI, perché adoravano 'Song 2', che gli avevamo suonato per ridere”, ricorda il chitarrista della band inglese. “Avevamo - continua - anche "Beetlebum". Abbiamo fatto pure "Strange News From Another Star" per scherzo, e forse per un lato B, ma il capo dell'etichetta (la Food Records) Andy Ross lo voleva nell'album. Alla fine “Blur” è un disco vago, ma ogni canzone ha una propria personalità, che può essere difficile da trovare.





“Se qualcuno avesse voluto criticare un album dei Blur, avrebbe potuto essere questo, per via dei suoi momenti di autoindulgenza. Non riesco a ricordare come sia stato recensito, o particolarmente apprezzato, ma proveniva da un luogo autentico, e quindi è difficile ridurlo a brandelli. L’autenticità è uno straordinario campo di forza!”