MUSICA




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Da Campovolo escon tutti più buoni: due must: Jova/Zero e A Muso Duro





A fine serata, mentre i 150 mila cominciano una marcia dura e faticosa dal Campovolo che si concluderà per molti da qualche parte verso l'alba, due momenti restano nella memoria per la loro stranezza, per il divertimento o per la pregnanza. Uno è lo stravagante duetto fra Jovanotti e Renato Zero, in reggae su "Amico"; l'altro è il coro finale di "A Muso duro" del compianto Pierangelo Bertoli, rivelatosi con il crudo e sano realismo della sua poetica come uno sfogo collettivo di questi 13 personaggi viziati e coccolati, ma pur sempre tirati per la giacca da chiunque (spesso comunque dai manager, o anche da se stessi, a volte). Qui alla fine di questa lunga articolessa metterò una parte del testo, per rinfrescare la memoria che è sempre più corta.

Si registrano anche, della serata, alcune commozioni. Per lo più femminili, perché noi ragazze siamo così. Elisa visibilmente scossa con "Ti vorrei sollevare" (forse perché Giuliano urlava come un ossesso e lei quasi non si sentiva, piccola), e pure la grande generosa Fiorella durante "Quello che le donne non dicono".

Claudio Maioli, manager e compagno di scuola di Ligabue - potenza locale e nazionale - è un tipo tosto che con quella mole sembra si debba mangiare la gente in un boccone. Invece è stato lui, travolto da una valanga di sì, a organizzare in poco tempo l’immensa, stratosferica baracca da 150 mila e più persone andata in scena ieri sera a Campovolo e in diretta su Sky per 4 lunghe, svelte, lietissime e imprevedibili ore: di mezzo, il campione degli impresari tv Bibi Ballandi, bolognese, al debutto sulla rete di Murdoch dopo una vita in Rai. Maioli da padrone di casa ha dato il benvenuto, con un’infilata di suoni di sirena che un po’ hanno fatto venire la pelle d’oca. Perché adesso si canta, ma il terremoto è stato infinito e lugubre, ha lasciato ferite e macerie che la musica popolare italiana si è premurata ieri sera di alleviare raccogliendo fondi destinati alla ricostruzione o ristrutturazione delle scuole di un gruppo notevole di città.

«Italia Loves Emilia». Concerto caldo, affettuoso e allegro come il temperamento di questa terra mai doma. Qualche malalingua aveva giurato che la sera delle prove i tredici più uno (Jeff Beck, fra i re mondiali della chitarra) avessero discusso fino a notte fonda, per la primogenitura in scaletta. Pettegolezzo alquanto cheap che non ha retto alla prova dei fatti: piuttosto, c’era da sentirsi orgogliosi di tante celebrità che non per la prima volta - ma mai così in tanti, mai mescolandosi così - si sono messe in gioco per le vittime del terremoto, qui dove le distanze fra le case delle star del poprock nazionale si misurano a spanne, essendo l’Emilia culla di una singolare predisposizione al genere.

Come per il primo concertone a Bologna il 25 giugno, è stato Zucchero ad aprire trasportando ragazzi, giovani e gagliardi ex giovani su terreni soul. La sua «Madre dolcissima» si è rivelata un happening con Jeff Beck, Mannoia, Elisa a combattere fra il divertito e l'incredulo sugli incroci vocali.

Alle 20,30 il palco era ormai scaldato per i sempre-Nomadi alla terza rinascita nella nuova formazione con il vigoroso vocalist Cristiano Turato: ora il loro rock è così tirato che i Litfiba gli fanno un baffo; a sorpresa è entrato perfino Baglioni a dar man forte su «Io Vagabondo», e bisogna dire che a quel punto il brano si è fatto un po' melodico. Ogni artista presentava l’ospite seguente, in una catena di sorprese che hanno visto una spumeggiante Giorgia finalmente alle prese con l’autore Jovanotti nel successo dell’estate, «Tu mi porti su», e poi invece Tiziano Ferro in solitudine: «Contavo nel duetto con Laura ma forse è stato meglio così. Si parla sempre male della musica italiana ma sono orgoglioso di questa coesione, mai vista una cosa così in Francia e Germania», aveva detto alla conferenza stampa.

Jovanotti ha fatto spesso la parte del leone e del fratellone: in «Clandestino» con la Mannoia, in «Via le mani dagli occhi» con Elisa e i Negramaro. Ma il suo colpo di genio in tanta generosità è stato il duetto con Renato Zero su «Amico». Renatino era in vena di ricordi: «Quando sono arrivato a Modena nei Settanta ero un alieno, l’Emilia-Romagna mi adottò e trovai in questa terra finalmente dei buongustai». E poi, malizioso: «Volevo fare Turandot ma non ho trovato il costume».

Il re di Campovolo che ha chiuso la serata, Ligabue, nel pomeriggio si era un po' innervosito con me che gli avevo innocentemente chiesto una parola su Vasco. Si ricorderà che Vasco gli aveva scritto "Tieni pronta una chitarra", poi purtroppo le cose sono andate diversamente. A Liga è sfuggito un "cosa c'entra Vasco" o qualcosa del genere, alla fine gli ha augurato di guarire presto e amen. Sul palco poi, da padrone di casa, non s’è tirato indietro: con Elisa, con i Litfiba (Pelù aveva il pancino fuori dal gilerino rosso che neanche una minorenne) in «Tex»; c'è stata la storica «Il mio nome è mai più» fra Jova, Mannoia, Baglioni, i Litfiba. Tenero il momento di una ragazza di Mirandola che ha letto la sua poesia, invitata da Antonacci ma in realtà, s'è poi scoperto, intercettata da Liga che ha fatto la regia occulta dalla sua terra tribolata.

C’è stato posto per i ricordi: Mannoia e Giuliano dei Negramaro hanno duettato su «Anna e Marco» di Lucio Dalla, e su un’idea di Baglioni la chiusura corale ha appunto intonato «A Muso duro» di Pierangelo Bertoli da Sassuolo.

«Affronterò la vita a muso duro»: questo si prova a fare, qui. Vasco Errani, governatore-commissario, ha sfoderato cifre, metodi e intenzioni per gente che non si arrende. Intanto le magliette sono andate a ruba, dalla serata saranno tratti un cd e un DVD, Sky Primafila fino al 30 settembre continuerà a vendere a 10 euro il concerto. Tutti i fondi, e le spese sostenute, vanno in tempo reale su italialovesemilia.it. In poche settimane, 88 mila studenti potranno avere un’aula dignitosa in cui studiare. A volte, non è solo rock’n’roll (and We like it).

Un po' di "A Muso duro".

E adesso che farò, non so che dire
e ho freddo come quando stavo solo
ho sempre scritto i versi con la penna
non ordini precisi di lavoro.
Ho sempre odiato i porci ed i ruffiani
e quelli che rubavano un salario
i falsi che si fanno una carriera
con certe prestazioni fuori orario
Canterò le mie canzoni per la strada
ed affronterò la vita a muso duro
un guerriero senza patria e senza spada
con un piede nel passato
e lo sguardo dritto e aperto nel futuro.
Ho speso quattro secoli di vita
e ho fatto mille viaggi nei deserti
perchè volevo dire ciò che penso
volevo andare avanti ad occhi aperti
adesso dovrei fare le canzoni
con i dosaggi esatti degli esperti
magari poi vestirmi come un fesso
per fare il deficiente nei concerti.
Canterò le mie canzoni per la strada
ed affronterò la vita a muso duro
un guerriero senza patria e senza spada
con un piede nel passato
e lo sguardo dritto e aperto nel futuro.



Marinella Venegoni

www.lastampa.it

Italia loves Emilia - A muso duro

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