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Film inglese sui negozi di dischi: 'La morte del vinile fu voluta dalle major'


La tesi avanzata in "Last shop standing", un film documentario inglese di 50 minuti dedicato "all'ascesa, al crollo e alla rinascita dei negozi di dischi indipendenti" che sarà proiettato in cinematografi, negozi e gallerie d'arte e messo in vendita in forma di dvd a partire da lunedì 10 settembre, è suggestiva: negli anni '80 le case discografiche avrebbero volontariamente abbassato la qualità dei dischi in vinile per favorire e accelerare la crescita del nuovo formato digitale, il cd.

Il primo a sostenerlo, scrive il settimanale inglese Music Week, è l' autore dell'omonimo libro Graham Jones, che per il docufilm ha intervistato anche artisti come Paul Weller, Billy Bragg, Johnny Marr, Norman Cook (alias Fatboy Slim) e Richard Hawley : "Negli anni '80", ricorda Jones, "il vinile era tutto riciclato, e dunque la qualità delle registrazioni aveva cominciato a diminuire. I dischi erano più sottili e più fragili. Tutto era stato ideato per convincerci a convertire la nostra collezione di musica su cd". Dello stesso parere il gestore di Truck Store, Gary Smith: "Quando ho cominciato, negli anni '80, c'era gente che veniva in negozio a restituire cinque o sei copie dello stesso album perché difettose. I vinili dei '70 sembravano buoni, e certamente lo erano quelli dei '60. Quelli degli '80 erano sottilissimi e non di buona qualità". "I cd", aggiunge, "vanno benissimo per la maneggevolezza e tutto il resto, ma tutta quella pubblicità che poneva l'accento sulla superiore qualità del suono non diceva la verità".

L'ex negoziante di dischi e attuale presidente dell'Entertainment Retailers Association (ERA) Paul Quirk ricorda che "ci sono voluti un po' di anni, ma poi il vinile scomparì e nessuno ne voleva più parlare. Avevamo il negozio pieno di dischi e quel che ci spaventava era chi, come Woolworth's, invitava la gente a portare il vinile in negozio e a gettarlo nel cestino della spazzatura. Lo svalutavano completamente, facendosi guidare dalle case discografiche". Tesi rigettata dal presidente della British Phonographic Industry (BPI) ed ex boss EMI Tony Wadsworth, che ha assistito a un'anteprima della pellicola: "Uno dei temi toccati dal film è che siano state le etichette discografiche a mettere fuori mercato il vinile. Francamente, è un'assurdità", ha dichiarato a Music Week. "In tutte le case discografiche per cui ho lavorato, ogni volta che per un prodotto nasceva una domanda si trattava di soddisfarlo: non si smette di produrre una cosa per cui c'è ancora richiesta. La verità è che il cd era un formato molto popolare e che il vinile non aveva più un mercato di massa. Esiste tuttavia tuttora una appassionata nicchia di mercato che deve essere soddisfatta".
Per questo motivo Wadsworth vede comunque di buon occhio un film come "Last shop standing", che registra la rinascita di un settore che dagli anni 80 ad oggi, nel Regno Unito, ha visto ridursi i negozi specializzati da più di 2.200 ad appena 269. "E' vero, oggi esiste un'opportunità per chi commercia in dischi", sostiene il presidente della BPI. "I negozi che con vario grado di abilità sono riusciti a restare sul mercato si trovano ora nella posizione ideale per goderne i frutti, e sembrano esserci molte idee creative in giro su come fare a restare nel business".

www.rockol.it


"Last shop standing" – Trailer


"Last shop standing" – Trailer