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Bob Dylan, 14 minuti di "Tempest" in un album sfolgorante di idee




Dieci brani, uscita prevista l'11 settembre - "Roll on John", dedicata al compagno di bisbocce Lennon


Cinquant’anni dopo il primo lavoro, Bob Dylan ancora una volta ci lascia stupefatti per la vivacità dell’ispirazione. Già gli ultimi album usciti dal giro del Millennio resteranno fra i must della sua immane discografia; si arriva a 35 titoli da studio con questo «Tempest», in uscita nel fatidico 11 settembre, che si rivela imperdibile almeno per gli accoliti.
Intanto c’è una qualità imaginifica e mai così dark dei testi delle dieci canzoni, che seguono nella musica l’impronta maestra tradizionale di blues, rock, country, folk; ma poi «Tempest» è stato imprevedibilmente preceduto da alcune rivelazioni personali (a «Rolling Stone» nei giorni scorsi) del riservatissimo personaggio, che allontanano il sospetto subito creato dal titolo. «La Tempesta» fu l’ultima opera di Shakespeare, sarà «Tempest» l’ultimo lavoro del settantunenne Vate di Duluth? Si sa, in questo mondo i simbolismi sono interpretati al limite della nevrosi, e tutti ci stanno attenti. Bob ha ribattuto con una precisazione rassicurante: «No, i titoli sono diversi. Quello di Shakespeare era "The Tempest", il mio è "Tempest", senza l’articolo. Sono due cose differenti».

E pare comunque impossibile che un bardo di questa taglia, perennemente sulle strade della musica, dia un taglio netto ad una vita da felice trituraconcerti. Sembra anzi più determinato del solito, nei brani. La pronuncia non smangiucchiata, un velo di humour, uno spirito carico che esce dalla voce e asseconda le mille tinte di sentimenti mai così copiosi, come se avesse aperto un baule magicamente polveroso dal quale attingere inesausta energia: e parliamo soprattutto della title-track. «Tempest» è 14 minuti epici di narrazione pura sulla tragedia del Titanic, 45 versi su una musica che ha confessato ispirata da «The Titanic» della Carter Family incisa nei ‘50.
Puro folk d’epoca che asseconda un racconto su più piani, non trascurando il versante hollywoodiano con una citazione di Di Caprio ma concentrandosi poi soprattutto sulle dinamiche nella tragedia, fra quelli che pensavano per sé e i gesti di eroismo di altri: una gigantesca metafora dell’umanità, fino al «titanico affondamento». Un altro brano di cui si parlerà a lungo è «Roll On John», ballad carica di pathos che ritorna sul giorno dell’assassinio di John Lennon e al suo ultimo respiro. Dei due si conosceva l’amicizia, c’è un filmato famoso di una gita in Limo visibilmente rallegrata da qualche sostanza: «You burned so bright/Roll on John».

Anche l’ascolto degli altri brani offre momenti piacevolissimi. A partire dal singolo «Duquesne Whistle», sferragliante brano al fischio di un treno old time, per proseguire con «Soon After Midnight» con inquiete relazioni femminili che si confondono per incontrare morti tremende; alla protagonista del country-blues «Narrow Way» promette: «Prenderò la mia testa/ e la seppellirò fra i tuoi seni». «Early Roman Kings» è un bluesone che canta le stravaganze inquietanti degli antichi romani. Significativamente, Dylan ha permesso fosse usato come colonna sonora di un trailer di HBO TV per una serie sul terrorismo contemporaneo. Si respira grande comunità d’intenti con la band da studio: la stessa che lo accompagna in tour negli ultimi anni.



Marinella Venegoni



www.lastampa.it