MUSICA




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Anche Fossati si dimette "È il mio ultimo disco. Poi sarò molto più libero"

Ci vuole coraggio a presentare un disco annunciando che sarà l’ultimo, che quel piccolo cd sarà il sigillo di una lunga e brillante carriera. Lo fa Ivano Fossati presentando il nuovo album Decadancing, un libro autobiografico (Tutto questo futuro in uscita per Rizzoli) e la tournée che si aprirà agli Arcimboldi di Milano il 9 novembre. «Ho pensato - ha detto Fossati ieri sera in tv da Fabio Fazio e ripeterà oggi in conferenza stampa al Piccolo Teatro di Milano - non in questi giorni, ma negli ultimi due o tre anni, che dopo questo Decadancing sarebbe stato il mio ultimo disco e non ne registrerò altri e anche il mio prossimo tour sarà l’ultimo».

Una dichiarazione col botto per uno dei nostri cantautori più schivi e intimisti, quello che non ha mai accettato compromessi con l’industria e con i media. Infatti per giustificare il suo addio spiega: «Così mi sentirò più libero». L’uomo di La canzone popolare (adottata come bandiera dal Pds) di La mia banda suona il rock e di decine di brani d’autore non ha mai legato troppo con l’industria pur vendendo milioni di dischi. «Mi voglio staccare da quella che si chiama attività discografica, il mestiere, l’avere a che fare con la promozione, anche l’avere a che fare con il girare il mondo - che mi piace tanto - e il dover stare attento a vedere tutto per catturare tutto, prestando attenzione agli avvenimenti, ai colori, a tutto quello che avrebbe potuto servirmi per scrivere canzoni. Ora comincerò a viaggiare e a vedere le cose in un altro modo».

Sulla piazza dai primi anni Settanta, esploso a Sanremo nel ’72 coi Delirium (ricordate Jesahel che eseguì suonando un inedito per allora flauto) Fossati ha sempre saputo guardare lontano e oggi dice: «Ho 60 anni e un motivo più concreto per lasciare è che mi sono domandato se al prossimo album ipotetico che avrei dovuto fare, fra quattro o cinque anni, sarei stato in grado di metterci la stessa passione e avrei avuto la stessa lucidità che ho potuto garantire fino a qui. E ogni volta che mi sono fatto questa domanda mi sono risposto: “Non lo so”. Allora ho pensato che la mia vita musicale avrebbe potuto rappresentare me stesso all’infinito, fare dischi e concerti replicando se stesso».

Sarà la mossa di un puro che va sempre controcorrente o di un artista furbo che non vuole invecchiare male e mette le mani avanti? Conoscendo Fossati si può puntare sulla prima ipotesi. Lui è sempre stato un precursore e non le ha mai mandate a dire. Fu tra i primi ad annunciare la morte del rock, paragonando il suo cadavere a quello del Cid Campeador legato al suo cavallo e mandato in battaglia. Ha sempre volato alto sopra gli steccati stilistici scrutando nel tempo, nei sentimenti, nei ricordi; insomma nella vita. È quindi normale che si senta appagato, o timoroso di non essere più all’altezza dopo tante perle che spaziano da Mio fratello che guardi il mondo a Chi guarda Genova a La pianta del tè fino alle fusioni tra rock e world music di Macramè. «Potrei scrivere qualche altra bella canzone in futuro - aggiunge ancora, dato che ha scritto per Mina, Patty Pravo, Loredana Bertè, Fiorella Mannoia e molte altre star - e non so se sarei in grado di metterci tutta questa passione o di aggiungere qualcos’altro, nel bene e nel male, a quello che ho fatto in questo disco e in tutti quelli precedenti». Insomma una nuova sfida, un atto di coraggio in tempi in cui le ex boy band come i Duran Duran tornano per mettere insieme il pranzo con la cena e risorgono ovunque gruppi di ultrasessantenni che ormai hanno più rughe che autentica passione per il rock.

Fossati - a differenza di Vasco Rossi e per motivi diametralmente opposti - lascia in un momento di gloria come ammette lui stesso. «È anche un buon momento per smettere, mi piace che sia ora e non tra cinque anni. Mi stacco da quella che si chiama attività discografica. Nulla mi può allontanare dall’amore per la musica, e nessun artista che fa il mio mestiere potrebbe farlo. Continuerò a studiare, a suonare e ad ascoltare la musica degli altri, in quello sono monomaniaco».



Antonio Lodetti

www.ilgiornale.it