MUSICA




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Perché lo scioglimento dei R.E.M. ci dice qualcosa di interessante sul presente dell'informazione

La band di Athens ha annunciato l'addio. E a ricevere e diffondere la notizia, per primi, sono stati gli utenti dei social network.


Ieri sera, poco prima delle 20, tanto per cambiare ero su Facebook. Stavo cercando di capire il funzionamento della nuova interfaccia, con tutte quelle notizie e aggiornamenti che scorrevano impetuosi in alto a destra sullo schermo. Ed è proprio lì, un flash improvviso, che è apparsa la scritta: “R.E.M. Call It Quits”. I R.E.M. si sciolgono. La frase rimandava a un sito americano. Era stata pubblicata da pochi secondi. E, per qualche ragione sepolta negli algoritmi del social network, scorreva già sul mio schermo.

Cosa è successo in quel momento? Tre cose, in rapida successione. A: Ho cercato conferma della notizia, trovandola sul sito della band americana. B: Ho pensato, e perdonate il francesismo, “ca zzo, si sono sciolti i R.E.M.”. C: Ho sentito un bisogno impellente, una necessità quasi esistenziale: “devo scrivere qualcosa su Facebook, qualsiasi cosa, subito”. E così, in meno di un minuto, ho recuperato dalla mia intasata memoria musicale la mia canzone preferita della band (Find the River), ho cercato il relativo video su YouTube, ho copiato l’indirizzo, sono tornato su Facebook, l’ho incollato nella finestrella dello status, ho scritto il primo banale commento che mi è venuto in mente (essenzialmente: “Grazie”) e ho premuto invio.

Quindi sono tornato a respirare. E mi sono reso conto che in quello stesso istante decine dei miei amici, centinaia di italiani, migliaia di persone in tutto il mondo, stavano facendo esattamente (forse, spero per loro, un po' meno ansiosamente) lo stesso. Provando le stesse emozioni, setacciando lo stesso YouTube, premendo lo stesso bottone sul loro profilo Facebook. Il network si è immediatamente colorato di R.E.M.: esclamazioni di stupore, imprecazioni, ringraziamenti, ricordi, pensieri, parole, tante canzoni, tutte pubblicate in formato video, perché – almeno fino a oggi, sono annunciate novità – su Facebook si usa così.

Stamattina ho fatto una piccola ricerca e sulle bacheche dei miei amici ho contato almeno ottantotto link. Con una bella varietà. Ognuno è andato a ripescare la chicca della sua memoria: alla mia Find the River si sono affiancate Cuyahoga, All the Way To Reno, Talk About the Passion, Leave e – un po’ più gettonate – hit come Losing My Religion, Man on the Moon, The One I Love, It’s the End of the World As We Know It, Nightswimming (la più linkata tra i miei amici, forse anche per la sua componente malinconica, molto adatta a commentare un addio: nessuno ha pubblicato invece Shiny Happy People...). Tutto molto naturale, tutto molto bello, tutto molto sincero e impulsivo.



Tutto molto interessante. Perché il modo in cui è circolata la notizia dello scioglimento dei R.E.M., soprattutto l’esplosione della notizia (tra le 20 e le 20.15) ci mostra un’ulteriore evoluzione nel sistema dell’informazione e del nostro rapporto con le news. Per una quindicina d’anni circa, si è discusso molto – tra addetti ai lavori e non – sulla dialettica tra vecchi e nuovi media, con particolare riferimento al rapporto tra giornali e Internet.

Si è litigato, i toni sono spesso saliti fino a rimbombare come una guerra, ma alla fine si è arrivati a una conclusione abbastanza condivisa: l’impossibilità della carta stampata a contrastare il Web nei tempi di diffusione delle notizie. Per ragioni tecniche evidenti, i siti arrivano prima dei giornali. A loro, quasi sempre, spetta il compito primario di “dare la notizia”, mentre il giornale rimane il terreno perfetto per l’approfondimento, l’analisi, la contestualizzazione, l’interpretazione, il commento ragionato. Le stesse modalità e gli stessi tempi di lettura concessi dall’utente medio a un sito e a un quotidiano sono molto differenti. E' vero, ci sono ancora molti lettori che si informano esclusivamente sul giornale. Ma ne esistono sempre di più che utilizzano regolarmente Internet, come strumento d'informazione.

Eppure quella distinzione oggi forse non basta più. Forse bisogna aggiungerne un’altra, tutta interna al sistema digitale. Perché le avanguardie di Facebook (che ormai non sono più nemmeno così avanguardie), ieri sera la notizia dello scioglimento dei R.E.M. non l’hanno avuta né dai giornali né dai siti e nemmeno dalla tv: a dargliela è stata quell’entità enigmatica, indefinita, mutante che sono “gli amici” sui social network. I siti d’informazione sono arrivati dopo. Non molto: dieci, quindici, venti minuti. Ma dopo. E non è che abbiano detto chissà cosa: anche loro, almeno nella prima pubblicazione, si sono limitati a dare la notizia, “i R.E.M. si sono sciolti”. Esattamente ciò che era già al centro di pianti, ricordi, link e discussioni per migliaia di persone sui social network. I migliori articoli giornalistici, gli approfondimenti, sono stati pubblicati solo alcune ore dopo.



Ecco la novità, dettata dai vorticosi ritmi digitali e dalla globale e sociale passione/ossessione per Facebook, Twitter, Google+. I siti Web d’informazione (blog compresi) hanno sì partita facile con i giornali, arrivano tranquillamente prima della carta, ma non sono più in grado di tenere il passo dei social network: per quanto siano rapidi gli occhi dei redattori sugli schermi e abili le loro mani sulle tastiere, non possono contrastare l’immensa forza di decine di milioni di persone che digitano in tempo reale. Non possono essere in ogni luogo, in ogni lista, in ogni tempo.

E’ un sistema complesso, è vero. Molto spesso ciò che gli utenti diffondono su Facebook o Twitter non è altro che il rimbalzo di qualcosa che era già stato pubblicato, in buona parte proprio articoli di giornali. Ma non è sempre così. Ieri sera, per esempio, la fonte della notizia più citata sui social network è stata il messaggio d’addio pubblicato dai R.E.M. sul loro sito ufficiale. E anche quando l’origine è un media tradizionale straniero (vedi il mio caso: la scritta “R.E.M. Call It Quits” apparsa sullo schermo rimandava a Spin), per i giornali italiani poco conta. Complici i social network, il pubblico apprende comunque la notizia da un’altra fonte.

E’ questo il punto: il grado zero dell’informazione (comunicare le notizie) sta lentamente passando – seppure in modo complesso e articolato – ai social network. In certi casi, sotto forma di complicità: gli utenti diffondono i tuoi articoli. In altri, di concorrenza. E al sito Web spesso non rimane che accontentarsi di arrivare "secondo" e di concentrarsi su quel ruolo che fino a ieri si attribuiva ai quotidiani di carta: l’approfondimento. Proprio quello che invece sembra non interessare affatto a Facebook e affini, che ormai vivono - con tutti noi loro abitanti - in una dimensione strettamente ancorata al tempo reale. Sono il tempio dove si celebra e consuma e commenta l’istante. Come prova il fatto che stamattina, mentre sui giornali di carta, sui blog e sui siti d’informazione iniziavano a uscire ottimi articoli sulla storia dei R.E.M., nelle bacheche dei miei amici (e nella mia) non c'era già quasi più spazio per la band americana. Mentre scrivo, tutte le attenzioni sono rivolte - in tempo reale - a Milanese. Ed è proprio su Facebook che ho letto il risultato del voto alla Camera.

Luca Castelli

www.lastampa.it

R.E.M. – Nightswimming

R.E.M. – Nightswimming