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Anna Calvi che sogna Edith Piaf - Parla troppo piano e canta snob

Da noi no, ma chissà perché in Inghilterra una volta l'anno nasce almeno un talento destinato a fare il giro del mondo. A portare però un po' di sana confusione nell'orgoglio pop della Perfida Albione, dopo Paolo Nutini è arrivata nel 2011 la ventinovenne Anna Calvi, pure lei come Nutini figlia di genitori italianissimi «che non mi hanno insegnato la loro lingua», confessa con voce esile e appena udibile: e non diresti mai sia la stessa voce duttile, scura e inquieta che ha indotto Brian Eno a definirla la nuova Patti Smith. Il primo album intitolato solo con il suo nome è uscito a metà gennaio, e alcuni boss britannici della critica (che là ancora viene letta e ascoltata) l'hanno subito bollato come uno dei migliori del 2011, malgrado l'anno fosse appena iniziato.

L'altra sera, la cantautrice è approdata allo Spaziale Festival/Emersione a Torino, ed è già al secondo giro promozionale nel nostro Paese sempre pronto ad adottare i figli di ritorno. E l'opposto di Adele, lei: tanto quella dà un senso di normalità popolare, egregiamente straziata com'è dalle vicissitudini personali trasformate in canzoni, tanto la Calvi appare invece cerebrale, astratta, fredda nell'intenzione estetica che si nutre poi di una buona conoscenza tecnica e teorica frutto di lunghi studi, e si spinge ad esplorare percorsi sonori fuori dai suoi spazi come il flamenco (cosa che ha mandato i britannici in brodo di giuggiole). Suona con intenso stile personale la chitarra, tanto che l'album si apre coraggiosamente con la strumentale «Rider to the Sea» che segna un'orgogliosa differenza rispetto al mercato corrente.

Con la crocchietta snob, labbra rosso fuoco, continua a sussurrare: «Quando ho cominciato a incidere l'album, ho pensato di voler fare l'opera meno commerciale al mondo. Avevo cantato in una band indie che si chiamava Cheap Hotel, ma non era un esperimento serio. Poi ho tenuto una serie di concertini dove mi ha ascoltata Brian Eno, che mi ha molto incoraggiata, cosa straordinaria per me vista la profondità del suo talento. Nick Cave mi ha voluta come supporter in un suo tour e nel frattempo avevo conosciuto Rob Ellis, produttore di PJ Harvey, che poi è diventato anche mio produttore. Adesso sento dire che somiglio alla Harvey ma non è vero niente: sarà il fatto che suono la chitarra ma lo stile è molto differente, penso si tratti di un giudizio pigro».

E' già proiettata in avanti: «La prossima volta che inciderò, non saranno cose che la gente si aspetta. Lavorerò per nuove esperienze. Già sto buttando giù idee: io vedo la musica, la vedo cambiare colori; ma per un nuovo album ci vuole tempo. Mi piacerà mantenere un nucleo rispetto al lavoro che ho fatto fin qui, chissà dove mi porteranno i cambiamenti, però».

Una vera artista, mica una fotocopia da talent: «Quando scrivo non m'importa di compiacere chiunque, penso solo a me. Ero consapevole, con le prime canzoni, che sarebbero potute non piacere a nessuno, ma la mia ambizione di scrivere musica che mi renda felice è stata più forte della paura». Si finisce per forza nel discorso delle grandi personalità femminili della musica popolare, stupisce che il suo sguardo si volga indietro così pesantemente, a modelli di artiste irraggiungibili: «Adoro Nina Simone, era una donna vulnerabile ma dalla sua voce non traspariva. E Edith Piaf? Il mio primo singolo è stato "Jezebel", proprio un omaggio al suo repertorio». Anche lì, nel pezzo che non manca mai ai suoi concerti, sfodera una voce che rievoca non solo il modello originale, ma anche la classica energia di Patti Smith.

E pensare che a cantare ci ha messo davvero molto, per via della timidezza. Aver suonato il violino da bambina, e poi la chitarra, non bastava a dar confidenza alla sua voce: «In segreto, sei ore al giorno, facevo esercizi di tecnica a casa dei miei. Poi la fiducia in me stessa è arrivata, poco a poco».

Ma questa vociona poi, com'è venuta fuori? «E' come quando ti succede qualcosa di molto brutto. Trattieni il fiato, e poi realizzi che ce la puoi fare, e che anzi sei forte. Sono così magra e piccola, e mi viene in mente sempre Edith Piaf, perché anche lei era così: ma in una piccola cornice ci può stare un bel quadro». Tra l'altro, in Francia ha avuto grande successo.

Marinella Venegoni

www.lastampa.it

Anna Calvi - The Devil

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