MUSICA




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​​​​​​​Parliamo dei nostri gusti musicali
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Peter Van Wood - Via Montenapoleone

Peter Van Wood - Via Montenapoleone


Addio a Peter Van Wood, olandese che faceva parlare la chitarra

Addio a Peter Van Wood, olandese che faceva parlare la chitarra


Profumo di anni Cinquanta sorridenti, quelli con gli occhi al futuro e alla modernità, porta il ricordo di Peter Van Wood, grande chitarrista e acuto astrologo per sfizio, che se n'è andato ieri mattina a 83 anni, a Roma dov'era ricoverato per una malattia della quale soffriva da tempo. Straordinario personaggio, Van Wood. Troppo cosmopolita per poter rimanere olandese, troppo italiano per non essere considerato di fatto tale, malgrado l'accento fosse sempre rimasto incerto come nei giorni del suo arrivo fra noi. Peter è stato dei nostri fin da quei primi Cinquanta che al suo arrivo rischiarò, sottraendoli all'insopportabile retorica conformista del tempo, con una miriade di esperienze e guizzi e invenzioni che consentirono pure al nostro Paese di mettere anzitempo il naso fuori da una finestra che faticava tanto ad aprirsi.
Era arrivato non solo forte degli studi del Regio Conservatorio della sua Aia, ma già onusto di esperienze nei grandi music hall d'Europa, d'Inghilterra, d'America. Si fermò in Italia, e si stabilì a Napoli perché trascinato dentro la musica di Renato Carosone, con il quale condivideva esperienze ritmiche e passioni americane; nacque, con loro due e con il batterista Gegé Di Giacomo, un Trio scoppiettando di invenzioni e swing, che ebbe un successo fulmineo e purtroppo breve: due galli nel pollaio mal convivono.

Ma il divertimento, e l'ironia, lo portarono a diventare performer e autore in proprio: in un'epoca nella quale la chitarra elettrica suonava ancora come uno strumento esotico e dall'incerto utilizzo, Van Wood già ne faceva di tutti i colori. Usava effetti speciali, eco, reverberi. Scriveva canzoni che poi movimentava e faceva vivere usando il suo strumento: celeberrima «Butta la chiave», con l'invocazione di lui che era rimasto di sotto probabilmente un po' ciucco, e invocava Carolina che invece, da sopra, non voleva buttare la chiave del porton; e faceva parlare Carolina con le velocissime corde della chitarra. Brani sorridenti, venati di umorismo. Cartoline svagate come «Via Montenapoleone» o la surreale «Tre numeri al lotto». «25-60-38: li ho giocati convinto perché/usciranno tutti e tre».

Come per tutti, anche alla sua porta bussò Bob Dylan. Erano i Sessanta. Peter si ritirò a Milano, aprì un locale chiamato Amsterdam 19 in ricordo delle origini, dove si esibì spesso; ma cominciò pure a dedicarsi allo studio dell'astrologia, nella quale divenne presto un professionista assai consultato dall'ambiente musicale. Tra l'altro, prima di andarsene aveva qualche mese fa previsto un 2010 di disastri naturali (purtroppo ci ha beccato) con l'arrivo di un periodo per l'Italia, sotto certi punti di vista, sensazionale (e chissà se si tratta delle sensazioni di questi giorni preelettorali).

La musica rimaneva comunque un amore non negoziabile. Da uomo colto, simpatico, si trasformò spesso, in tempi televisivi, un perfetto showman. Nel 1982 aveva inciso la sigla della «Domenica Sportiva», nel 1993 partecipò a «Quelli che il calcio» versione Fabio Fazio: il quale per lui inventò la squadra calcistica Atletico Van Goof. Per il resto, continuò a rimanere con le antenne molto ben sintonizzate sulle musiche del mondo, tanto che appena nel 2007 aveva fatto causa al gruppo inglese dei Coldplay accusandoli di aver plagiato, in «Clocks», la sua «Caviar and Champagne».

Marinella Venegoni

www.lastampa.it

Van Wood Quartet - Butta La Chiave

Van Wood Quartet - Butta La Chiave



Van Wood Quartet - Ci ciu ci (cantava un usignol)

Van Wood Quartet - Ci ciu ci (cantava un usignol)






Quando baciavo te bambina mia
quanta felicità e poesia.
Ci ciu ci, un usignol cantava allor
ci ciu ci la sua canzon al nostro amor


Ed or che son lontano a far fortuna,
sospiro quando in ciel appar la luna.
Ci ciu ci un usignol mi sento in cuor
ci ciu ci la sua canzon cantar ancor


E va, e va,
ci ciu ci il mio pensier lontano va
Perché, perché,
ci ciu ci con l'illusion ritornerei




Mi palpitava il cuor varcando il mare,
partivo e già sognavo di tornare.
Ci ciu ci un usignol cantava allor
ci ciu ci sembrava dir con te verrò


E quando più m'assal la nostalgia
della tua bocca e della terra mia,
ci ciu ci un usignol torna a cantar
ci ciu ci le pene mie per consolar

E va,
e va,
ci ciu ci il canto suo lontano va.
Perché, perché,
ci ciu ci ti posso dir che penso a te.
ci ciu ci io penso sempre a te
ci ciu ci io penso sempre a te