MUSICA




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Il mito del Pibe oltre ogni gaffe - di Mina - La Stampa 7.02.10

Il mito del Pibe oltre ogni gaffe - di Mina - La Stampa 7.02.10


Tanto non ce la fanno. La memoria, la mia e non solo, è più robusta e neppure questa ulteriore «sventatezza» mi farà sbiadire la riconoscenza che si sta trasformando in tenerezza per il suo colossale talento. Ci risiamo col Pibe. Questa volta una gaffe. Un po’ di sbagli nei nomi di convocati inconvocabili per un’amichevole della Nazionale argentina.

Maradona, Ct della Selección de fútbol, deve correggere la lista per ben due volte. Segue l’immancabile risposta di ironia pesante, saputellismo e spocchia degli «addetti ai lavori» che, come cecchini instancabili o acide maestrine dalla penna rossa, si affannano nel tentativo di demolizione del mito. Le solite storie di banali invidie si riaffacciano nel contorno della storia di un uomo tanto criticabile quanto speciale, tanto maledetto quanto vitale, tanto sbagliato quanto paradisiaco.

A me, il suo nome suscita flash di immagini e parole che assomigliano alla poesia povera del ‘900. Lo strabilio come riscatto, il sogno come unico seghetto per le sbarre di separazione con la libertà. E tornano alla mente il campetto di Villa Fiorito, lui piccolo e magro che fa rimbalzare un pallone troppo grosso, il sorrisetto puro, come solo i bambini sanno fare, per il vaticinio di gloria: «Ho due sogni: il primo è di giocare nella Coppa del Mondo e il secondo è di vincerla».

Poi gli succede, e mi ricordo quasi tutto, il miracolo di una carriera sportiva il cui unico difetto è quello di essere stata consumata in uno sport di squadra. Il carro del vincitore è affollatissimo e, dopo un po’, non regge e si sfascia, frantumando la statua dell’idolo che a questo punto sembra meritare di essere calpestato in una furia iconoclasta che ha pochi paragoni nella storia del calcio. Ogni tanto fa capolino qualche memoria sincera e devota.

Maradona riesce a cullarsi nei ricordi, è capace di rimpianti, alterna immodestia a contrizione. Non si possono fraintendere le sue ammissioni di errori e neppure il rispetto per la magia del dono in suo possesso e per la serietà del calcio «… la palla non si sporcherà mai», dice e credo che abbia ragione. Gli sembra di non rinascere mai abbastanza perché l’esagerazione lo affascina e lo accompagna, così originale da obbligare i cecchini a una instancabile attenzione. Forza Diego, ti auguro e mi auguro una finale mondiale Italia-Argentina.

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