La cover di "La mia storia tra le dita" è un classico che continua a evolversi, e confrontare le versioni di Gianluca Grignani (l'originale del 1994, cruda e graffiante con quella chitarra acustica in levare che ti entra sottopelle, un lamento maschile da cantautore rock-malinconico che ha venduto milioni e accumulato mezzo miliardo di stream solo in spagnolo), Viola Valentino (una reinterpretazione intima e sussurrata con un velo di nostalgia anni '80, testo fedele ma voce eterea che la rende più un ricordo svanente che un'esplosione emotiva, perfetta per chi cerca tenerezza anziché rabbia), Ornella Vanoni (nel disco Più di te del 2009, prodotta da Celso Valli con un arrangiamento jazzato e maturo che vira verso il lounge, mantenendo il testo intatto ma infondendogli una sofisticatezza vissuta, come se fosse un confessionale da diva anziché un urlo giovanile (e c'è pure una live al Blue Note che la eleva a standard eterno) e Laura Pausini (uscita il 12 settembre 2025 come singolo per Io canto 2, in quattro lingue: italiano con testo adattato al femminile per un punto di vista accusatorio e empowering – tipo "che hai sbagliato" invece di "che ho sbagliato", più un finale "Ok te ne vai" che chiude il cerchio – arrangiamento pop levigato da Paolo Carta con voci potenti e drammatiche che la rendono un inno da stadio, mentre le versioni spagnola Mi historia entre tus dedos, portoghese Quem de nós dois e francese Mon histoire entre les doigts amplificano il respiro internazionale, già esplose con 300k+ stream su Spotify in una settimana) è affascinante perché rivela come un brano nato da un amore spezzato a 16 anni diventi specchio di epoche e generi diversi. Grignani resta il cuore grezzo, passionale e "sporco" che ti spacca il petto con la sua vulnerabilità rock (pensa a quel ritornello che urla perdono senza filtri), Valentino lo ammorbidisce in un sussurro che privilegia l'eleganza emotiva su misura per la sua timbrica velata, Vanoni lo nobilita con un tocco cabaret-jazz che lo fa invecchiare come un buon vino, aggiungendo strati di ironia amara e classe senza snaturarlo, mentre Pausini lo ribalta in un empowering anthem da arena globale, più pulito e viscerale vocalmente ma contestato proprio per quelle modifiche che – secondo Grignani e il suo avvocato – ne capovolgono il senso da supplica maschile a rimprovero femminile, scatenando polemiche infinite (lui l'ha diffidata per "stravolgimento", lei ribatte con "autorizzazioni ok, portiamo positività"). I fan si dividono: c'è chi difende Grignani come "anima maledetta" e bolla Pausini come "appiattitrice di emozioni", chi esalta la sua versione come "più bella e moderna" (specie in portoghese, che sta battendo l'italiana su YouTube), e chi vede in Vanoni la cover più "adulta" o in Valentino quella più discreta; alla fine, vince il caos creativo.