La tv italiana è come la scuola dell’obbligo, coi primi caldi abbassa quasi tutte le serrande – anche perché d’estate la platea cala e la routine familiare cambia. È dunque tempo di pagelle per l’ennesima stagione televisiva segnata più dagli scambi di star tra le reti, che dall’innovazione di format e linguaggi. Per restare ai due colpi grossi del tele-mercato 2024, certamente può brindare Stefano De Martino, il cui innesto su Rai1 ha funzionato oltre le più rosee aspettative, mentre un verdetto impietoso si abbatte sul passaggio di Amadeus al Nove, che dopo una serie di incassi Auditel deludenti, questa settimana ha lanciato l’ennesimo tentativo di ribaltare il risultato.
Già, perché siamo al quinto programma di Amedeo Sebastiani in nove mesi sul canale generalista del colosso Warner Bros Discovery – nella speranza, finora vana, di ripagare i milioni spesi per strapparlo alla Rai. In chiave di rilancio a poco è valso anche l’inserimento nella giuria di Amici. Ma riassumendo e semplificando le sue imprese sul Nove: benino la serata-concerto Suzuky Music Party, bene l’evergreen La Corrida, invece flop fragorosi per il game Chissà chi è e per il talent Like a Star. Risultati così impietosi, anche rispetto alla fattura dei programmi e alla performance del conduttore, da far pensare a un più generale rifiuto dell’operazione Amadeus-sul-Nove, quasi un rigetto del “trapianto di volto”. Ma ci arriviamo.
Intanto analizziamo quello che suona come l’appello finale della sua avventura con la multinazionale americana, a dispetto del contratto quadriennale: il nuovo game show The Cage, format israeliano di una dozzina di anni fa (adattato in una ventina di Paesi e in verità già chiuso quasi ovunque), che lo vede affiancato dalla reality star Giulia Salemi. Un’oretta scarsa alle 20:40, fascia regina del palinsesto – quella in cui i pacchi di De Martino hanno brillato e spesso più che doppiato la concorrenza di Striscia la notizia (il cui futuro traballa per la prima volta in trentasette anni).
Il sottotitolo di questo The Cage è "Prendi e scappa": due coppie si sfidano a turno, con un compagno di squadra che risponde a domande elementari, così da guadagnare secondi utili affinché l’altro agguanti più oggetti possibili nell’arena sottostante. Si riesce a giocare da casa, come a L’eredità o La ruota della fortuna, e come impone il quiz contemporaneo? Mica tanto: i quesiti sono troppo semplici e i partecipanti rispondono quasi sempre correttamente; tutto sommato è più coinvolgente la fase dell'accaparramento, col concorrente che deve scegliere che merci afferrare e come trascinarle fuori in tempo (basta infilare almeno una mano o un piede prima che la porta si chiuda).
Perlomeno ci si affeziona ai protagonisti, come in Affari tuoi? Nemmeno: dopo quasi un'ora non sappiamo praticamente nulla in più delle due coppie, di volta in volta migliori amiche, zio e nipote, marito e moglie...
Insomma un format esile, ma in fondo non più debole di tanti altri. Un po’ sagra paesana e un po’ Giochi senza frontiere, un po’ Telematch di Enzo Tortora (anche lì a un certo punto uno faceva la mente e l’altro il braccio) e un po’ OK il prezzo è giusto, con la sua idolatria della merce. Ché volendo, per i feticisti dei “miti d’oggi”, sarebbe anche un buon termometro dei consumi 2025: il drone con fotocamera, il massaggiatore per occhi (con Salemi che commenta "e chi non lo vuole?!"), la citycar elettrica, la maschera viso a led... Ecco il nuovo paniere Istat, o Temu, ecco il demenziale carrello delle nostre brame online.
Poi però c’è la Cassazione degli ascolti. E dire che stavolta il Nove aveva fatto le cose in grande (dopo aver immolato l’esordio di Like a Star contro la finale di Coppa Italia), piazzando il nuovo game di Amadeus domenica subito dopo l’epica finale Sinner-Alcaraz – roba da 27,4% di share con 3,6 milioni di spettatori. Voilà per The Cage un buon 5,7% con un milione di individui… ma svanito l’effetto Sinner, il risveglio è stato amaro: in settimana, senza traini particolari, The Cage è piombato intorno al 2,5% con scarso mezzo milione di teste (venerdì crollate ulteriormente a poco più di trecentomila, per un magro 2% di share).
Certo, si potrebbe obiettare che questi due ultimi progetti del Sebastiani sono arrivati a stagione troppo inoltrata, col pubblico già calante e distratto; che su cinque puntate di The Cage i concorrenti hanno vinto solo una volta, mentre nelle altre quattro sono usciti a mani vuote (un po’ frustrante per farci appassionare a un nuovo gioco, no?); che insuccesso chiama insuccesso e quando c’è odore di scon***** diventi un appestato... ma l’impressione è che sarebbero ennesimi alibi. Come quando mesi fa, dopo le prime batoste per Chissà chi è, Amadeus si appellava alla poca confidenza del pubblico generalista col canale e faceva tutorial da stringere il cuore, per aiutare "le signore e i signori" a trovare il tasto 9 sul telecomando. E allora Fazio? E allora Crozza? Ma anche Conticini con le aste antiquarie di Cash or Trash e gli agenti immobiliari di Casa a prima vista (che su un altro canale del gruppo, stavolta al lontanissimo tasto 31, fanno quasi il doppio dei game show di Amadeus)?
Il fatto è che Crozza e Fazio sono marchi unici nel palinsesto, indossano programmi che si sono cuciti su misura, riconoscibilissimi e infatti ricercati dal pubblico quale che sia la vetrina che li espone (entrambi hanno cambiato spesso canale e collocazione senza particolari contraccolpi). Ma anche gli antiquari e gli immobiliaristi sono a modo loro proposte “premium”, intercettano gusti e tendenze contemporanee che sui vecchi canali non trovano spazio. Nulla di simile si può dire della televisione di Amadeus, che ha sempre fatto della normalità, del garbo e dell’assenza di protagonismo la sua cifra: la tv è piena di primedonne che personalizzano, talvolta fino a stravolgere, qualsiasi programma tocchino, ma lui no, è uno di quelli al servizio del format, in scena è più presentatore che conduttore. Anche a Sanremo. E allora perché l’abitudinario cliente italico dovrebbe mollare la trattoria familiare sotto casa e fare chilometri per trovarne un’altra praticamente identica? I chilometri, al massimo, li fa una tantum per quel ristorante stellato che offre piatti unici, o per quel nuovo asiatico che può farlo sentire per un attimo a Tokyo, o almeno a Milano.
Forse la hybris di Amadeus e della dirigenza WB Discovery sta tutta lì, nell’aver scambiato un buon cuoco della tradizione per un masterchef contemporaneo. Fuor di metafora, hanno preso un solido professionista della tv generalista per uno showman originale e irripetibile.
In questo ultimo round fa effetto vederlo quasi scavalcato dalla valletta, pardòn co-conduttrice Giulia Salemi (abbastanza spigliata ma troppo ammiccante, entusiasmo e sorrisi un po' forzati): appare in scena prima di lui, spiega il meccanismo di gioco, presenta le coppie, è continuamente inquadrata… a fine puntata si ha l’impressione che abbia parlato più di Amadeus (cui hanno anche provato a svecchiare il look, camicia casual aperta su t-shirt). Un contrappasso impietoso, per chi nella conferenza stampa di presentazione veniva introdotto come "Mister 40%" e il suo profilo campeggiava nel logo di Chissà chi è.
Per Warner Bros Discovery, il segno di un passo falso: i tempi della spallata alle corazzate generaliste non sono ancora maturi. E i modi, evidentemente, non sono questi. Per il nostro uomo, un verdetto napoleonico: "due volte sull'altare, due volte nella polvere" (guarda caso la prima caduta fu dopo un altro temerario cambio di casacca, nel passaggio a Mediaset vent’anni fa). Non c’è che da augurargli una sana pausa di riflessione, e che sia quanto meno l’Elba e non Sant’Elena.