L’astensione al 70% nei referendum dell’8-9 giugno 2025
L’astensione al 70% nei referendum dell’8-9 giugno 2025 su cittadinanza e lavoro nasce da sfiducia politica, con elettori disinteressati a quesiti percepiti come lontani da salari e inflazione. La campagna di CGIL, M5S e PD è stata debole, con messaggi confusi e quesiti tecnici poco chiari. Le divisioni tra M5S, deciso sui “5 SÌ”, e PD, tiepido e spaccato, hanno disorientato il centrosinistra. Il governo Meloni ha spinto per l’astensione, promuovendo stabilità e scoraggiando il voto. La data estiva e la concorrenza con le amministrative hanno ulteriormente ridotto l’affluenza. Schlein esce molto indebolita: la sua strategia incerta e le critiche interne al PD per il fallimento della “spallata” a Meloni mettono a rischio la sua leadership. Conte perde terreno, ma meno: il M5S ha mobilitato la sua base, ma il quorum mancato limita il suo slancio, pur conservando appeal al Sud. Landini subisce un colpo pesante, con la CGIL incapace di coinvolgere i lavoratori, danneggiando la sua autorevolezza. Meloni si rafforza, con il centrodestra (27,3% nei sondaggi) che capitalizza sulla frammentazione avversaria. Salvini e Tajani guadagnano indirettamente, mentre Verdi e Sinistra Italiana restano irrilevanti. Il flop referendario sancisce la crisi dell’opposizione, con Schlein, Conte e Landini penalizzati da disunione e scarsa connessione con l’elettorato.