"Le fate ignoranti" di Ferzan Özpetek (2001) è un film che intreccia emozioni profonde, dinamiche relazionali complesse e un’atmosfera quasi magica, come suggerito dal titolo. Il titolo del film, come confermato dal regista stesso, trae ispirazione da un dipinto del pittore surrealista René Magritte intitolato "La fata ignorante" (1956), scoperto da Özpetek in un libro d’arte regalatogli dall’attrice Serra Yilmaz.
Stefano Accorsi nel ruolo di Michele offre un’interpretazione intensa e sfaccettata. Michele è un uomo che vive il suo amore per Massimo con passione e libertà, ma anche con il dolore della perdita. La sua performance è vibrante, soprattutto nelle scene di confronto con Antonia, dove emerge la sua vulnerabilità e la forza della comunità che ha costruito. Accorsi bilancia carisma e fragilità, rendendo Michele un personaggio magnetico ma profondamente umano. La sua capacità di trasmettere il senso di appartenenza alla “famiglia scelta” del terrazzo è uno dei punti di forza del film.
Margherita Buy, che interpreta il personaggio di Antonia, eccelle nelle sfumature: i suoi silenzi, gli sguardi e i momenti di rottura emotiva (come quando scopre la vita parallela del marito) sono potenti. La sua interpretazione cattura il percorso di trasformazione di Antonia, da una figura inizialmente rigida e ferita a una donna che si apre all’empatia e alla comprensione.
Un quadro astratto che Michele aveva dipinto per Massimo è caratterizzato da colori vivaci e forme fluide. Riflette l'emotività e la creatività di Michele. Non viene descritto in dettaglio, ma è un elemento simbolico della loro relazione intima e del mondo nascosto di Massimo.
Antonia, la moglie di Massimo, scopre il quadro dopo la morte del marito, quando si reca nell'appartamento di Michele, seguendo gli indizi lasciati da Massimo. Il quadro è appeso in casa di Michele, e Antonia lo nota mentre esplora questo ambiente sconosciuto. Sul retro del dipinto trova la dedica scritta da Michele, "La tua fata ignorante", che la colpisce profondamente, rivelandole l'esistenza di una relazione segreta tra Massimo e Michele. Questo momento è cruciale, poiché segna l'inizio del percorso di Antonia verso la comprensione della doppia vita del marito e della comunità di amici che lo circondava.
Michele non ha mai effettivamente dato il quadro a Massimo. Nel film, il quadro con la dedica "La tua fata ignorante" è un simbolo del loro amore, ma potrebbe essere rimasto sempre nell'appartamento di Michele, dove i due si incontravano. Michele potrebbe averlo "dedicato" a Massimo senza mai spostarlo fisicamente e la presenza del quadro da Michele è coerente con il fatto che era il loro spazio.
C'è un riferimento specifico al libro di poesie di Nazim Hikmet "L'opera completa" che Michele (Stefano Accorsi) aveva cercato girando cinque librerie per trovarlo. Massimo, il marito defunto di Antonia, aveva desiderato ardentemente quel libro, che Michele (Stefano Accorsi) aveva faticosamente cercato. Michele, fotocopiato il libro per tenerne una copia per sé, alla fine decide di regalarlo a Massimo, un gesto che sottolinea la generosità e l’intensità del loro rapporto. Antonia (Margherita Buy) ricorda il dettaglio della copertina rossa del libro, e questo oggetto diventa un simbolo tangibile del legame tra Massimo, Michele e lei stessa, culminando nella recitazione della poesia "In questa notte d’autunno" verso la fine del film.
La recitazione della poesia rappresenta un punto di svolta emotivo per il suo personaggio, un momento di connessione profonda con i sentimenti che la legano al marito e al nuovo mondo che ha scoperto.
Dalla tua testa, dalla tua carne
dal tuo cuore
mi sono giunte le tue parole
le tue parole cariche di te
le tue parole, madre
le tue parole, amore
le tue parole, amica.
Erano tristi, amare
erano allegre, piene di speranza
erano coraggiose, eroiche
le tue parole
erano uomini.
La chiusura, “le tue parole erano uomini”, è particolarmente potente: le parole non sono astratte, ma incarnano l’umanità stessa, con tutte le sue virtù, fragilità e lotte.
La canzone dei titoli di coda: "Due destini" dei Tiromancino è un elemento perfettamente in sintonia con il cuore emotivo del film e sigilla questa narrazione con una nota di universalità, rendendo il film un’opera senza tempo. L’atmosfera incantata si ritrova non solo nei personaggi, ma anche nella regia di Özpetek, che trasforma il terrazzo romano in un luogo di magia e accettazione.Il testo, malinconico ma speranzoso, parla di due vite intrecciate che affrontano il destino insieme, rispecchiando la relazione tra Antonia e Michele, ma anche l’idea più ampia di connessioni umane che trascendono le differenze. La melodia con il suo tono intimo e avvolgente lascia lo spettatore immerso in una riflessione sull’amore e sulla perdita. La scelta di questa canzone è stata fondamentale per cementare il film nella memoria collettiva, diventando un simbolo della poetica di Özpetek.