Ermal Meta: «Presto avremo con noi le nostre altre due figlie. Finora sono state in un orfanotrofio in Albania. Quando le abbiamo conosciute non potevamo adottarle»
Il 25 aprile e l’antifascismo. Il Concerto del primo maggio e la musica come strumento di cambiamento. Gli uomini che diventano mostri. E l’emozione di poter raccontare solo a noi la prima volta che è diventato papà. No, non quando è nata Fortuna un anno fa: prima, quando nella sua sua vita sono entrare due ragazze speciali
di Silvia Bombino
L’anno scorso aveva salvato il concertone del 1° Maggio. Sotto una pioggia battente e davanti a uno stuolo di ombrelli, Ermal Meta aveva imbracciato la chitarra acustica e suonato Halleluja. Qualcuno lassù deve averlo ascoltato, perché la pioggia, in effetti, è cessata. «Quest’anno torniamo in Piazza del Popolo e quindi speriamo ci sia anche meno vento: al Circo Massimo, lungo e stretto, l’effetto Venturi era assicurato…».
Un cantautore con nozioni di fisica è una rarità, e Meta è decisamente un’eccezione. Mentre gira l’Italia con un tour molto intimo nei teatri, tra canzoni e confessioni personali, riflessioni, aneddoti e battute, in un momento storico di incertezza e confusione lancia Ferma gli orologi, «una canzone leggera, una farfalla controvento», un brano d’amore spensierato, e si prepara a risalire sul palco del concertone «con l’emozione raddoppiata».
C’è qualche errore che non rifarà?
«Lasciarmi distrarre. Quando sei lì accadono tante cose, anche molto velocemente, e, per come sono fatto io, ascolto, cerco di capire se c’è un problema, tendo a farmene carico… Invece ti devi concentrare sul tuo, devi fare il tuo».
Il tema di quest’anno è «Il futuro suona oggi», ossia la musica come strumento di cambiamento e trasformazione sociale. La musica cambia le cose?
«Da sola non può cambiare la società, ovviamente. Però è uno strumento che ha dentro di sé un grande potere: scende in profondità, racconta la nostra società e apre a riflessioni su come la nostra sta cambiando oppure su come vogliamo che cambi».
L’anno scorso, presentando il concertone, ha detto: «L’Italia è una stato antifascista, il concertone non è da meno. Non capisco come si debba spiegare ai giovani il concetto di antifascismo». Lo pensa ancora?
«Certo».
L’antifascismo è un valore né di destra né di sinistra. Anche lei si è definito né di destra né di sinistra.
«Se vogliamo fare un passo indietro, io ho vissuto in un Paese comunista, l’Albania, che si poteva definire di sinistra, e non è andata molto bene. Perché naturalmente era una forma estremista e gli estremismi tendono sempre a generare mostri, a creare poi grandi difficoltà per le persone. Non mi sento neanche di destra, ma oggi mi sembra di percepire che c’è sempre di più una polarizzazione fra la destra e la sinistra, in parte perché il modello occidentale è un po’ fallito».
La spaventa il populismo che rappresentano Trump e Musk?
«Certo, e mi fa impressione perché si parla di America, un Paese che si è sempre dichiarato terra dei diritti di tutti. Ha fallito il comunismo nell’Est, e ha fallito anche il capitalismo a Ovest, c’è una grande paura, c’è una grande confusione sociale, sempre meno ricchi da una parte e sempre più poveri dall’altra. I social hanno una parte di responsabilità, perché c’è una grande diffusione di fake news, e si perdono le coordinate…».
È preoccupato per il futuro?
«Abbastanza».
Parlando invece del passato: lei è arrivata a Bari, dall’Albania, quando aveva 13 anni, in fuga da un padre violento.
«Avrei voluto non averlo, ma ce l’avevo. Per fortuna a Bari ho avuto altre figure maschili positive di riferimento».
Pensa che il modello maschile italiano negli ultimi 30 anni sia cambiato?
«C’è una maggiore sensibilità, anche se si potrebbe fare di più, per esempio come l’uomo si pone nei confronti della donna, ma lo vediamo anche nelle cose piccole. Faccio parte dell’associazione Una, nessuna e centomila e di recente in un laboratorio qualcuno ha detto: “Quando sono diventato padre non ho pensato che sarebbe dovuto essere un mio compito quello di occuparmi di mio figlio, davo per scontato che se ne sarebbe occupata la madre e io avrei dovuto solo andare a lavorare”. Queste considerazioni sono il retaggio di secoli, con gli uomini che hanno sempre prevaricato le donne. E ci sono ancora. Si potrebbe fare molto di più».
Lei sul palco del suo ultimo concerto romano, nell’ambito del suo tour nei teatri, ha detto al pubblico: «Sono spaventato dal mostro che dorme dentro di me, il più delle volte è un lupo. So che c’è, così come lo sente dentro di sé ogni uomo. Cerchiamo di tenerlo a bada, ma c'è». Che reazioni ha raccolto?
«Avevo appena finito di suonare Ironica, che è una canzone che ho scritto per mia figlia Fortuna e che si conclude con le parole “Non avere paura, non avere paura, non avere paura”. Quindi mi sono chiesto come si fa, alla luce di un femminicidio ogni tre giorni, a non avere paura. Il video è andato sui social e le reazioni sono state terribili. Possiamo dire che ci sono stati tre tipi di commenti: quelli che mi hanno scritto “se hai un problema, fatti curare”, e altri vari insulti. Quelli, più dialettici, che comunque prendevano le distanze: “Non tutti gli uomini sono così, io non sono così”. E infine quelli che hanno cercato di difendermi dicendo: “Ma lui non parlava solo degli uomini, parla di tutti, anche le donne possono avere un mostro dentro”».
Anche Pierfrancesco Favino in un’intervista a Vanity Fair aveva dichiarato che aveva dei dubbi: «Mi sono domandato se dietro a un gesto che io penso di protezione o di attenzione si possa nascondere disistima», aveva detto, sostenendo che anche «gli uomini perbene» devono domandarsi se sono sessisti.
«Guardi, io ne ho viste tante quando vivevo in Albania. Era una società estremamente patriarcale, adesso è cambiata, ma allora non me ne accorgevo. Ne ho viste tante di donne protette. Dalla famiglia, dai padri, dal marito e dal compagno. Ma in realtà dov’è che finisce la protezione e inizia lo schiacciamento? Sa perché ho scritto Piccola anima ?».
Dica.
«Anni fa stavo tornando a casa a piedi dallo studio, era circa mezzanotte, camminavo da solo, a Milano, in una via alberata vicino a piazzale Loreto. A un certo punto vedo una figura femminile, una ragazza, una signora, non ho avuto modo di capirlo, venirmi incontro. Lei ha visto una figura maschile e si è talmente spaventata che ha attraversato la strada. Perché era tardi, non c’era nessuno, e io ero un uomo. Ho pensato: le è venuta l’anima piccola, che è un’espressione albanese che si dice se qualcuno si spaventa. Ecco questo è il privilegio. Io sono un uomo, posso camminare alle 2 di notte da solo per strada, e se qualcuno mi dice di dargli il portafoglio, glielo do e ciao, è finita lì. Non rischio come una donna».
Adesso anche Vinicio Marchioni, l’attore, ha citato lei, dicendo che i maschi dovrebbero iniziare a interrogarsi.
«Ho visto, e lo ringrazio. Con Una, Nessuna e Centomila stiamo capendo come iniziare questo discorso tra uomini. Ed è bene parlarsi, iniziare un dibattito: io capisco che le persone coraggiose si offendono se dici loro che hanno un animale dentro, però è un dialogo che va iniziato, va normalizzato».
Lei quando ha iniziato a guardarsi dentro, quando ha interrogato i suoi dubbi?
«Il dubbio c’è stato da sempre, perché non volevo diventare papà. Per anni ho pensato di non volere figli, perché temevo di essere come mio padre. Non volevo replicare quel modello, cioè lui non era un buzzurro in termini canonici, era un musicista, una persona laureata, insegnava Storia, suonava in un’orchestra. Poi cresci, capisci tante cose, le cose cambiano».
Poi l’anno scorso è nata Fortuna.
«E l’ho vista così piccola, così indifesa… Anche se in realtà i dubbi più forti mi sono venuti prima, quando sono diventato papà, tre anni fa».
Scusi?
«La mia compagna Chiara ed io a breve avremo con noi le nostre altre due figlie, che finora sono state in un orfanotrofio in Albania. Le abbiamo conosciute che avevano 15 anni, ma, non essendo sposati, non potevamo adottarle. A giugno compiranno 18 anni e potranno venire a vivere con noi. Ma, le dico, sono già le nostre figlie da tre anni. Non ne ho mai parlato…».
Come le ha incontrate, può raccontarlo?
«Lavorando con questa casa famiglia che ospita bambine e ragazze spesso con storie terribili alle spalle. Ci vediamo sempre, da allora, o noi andiamo a trovarle o loro vengono qua, sono anni che siamo coinvolti in questa cosa».
Quando ha capito che era diventato il loro padre?
«Nel momento in cui sono andate via, un’estate, e mi sono reso conto che non avrei potuto più fare a meno di loro… Guardi è stato tutto casuale… Dovevo essere a Roma, poi a Milano, e invece ero a Bari a suonare. Mi chiama la suora che cresceva, e sostanzialmente ha salvato, le ragazze, che io già conoscevo essendo andato varie volte in quella casa famiglia, e mi dice che si trovano in città per fare un mercato di beneficenza. Cerco quindi di vederle, e quel giorno era il compleanno di Lume, ma non lo sapevo, lo stesso di quello di mia mamma, con cui avrei festeggiato la sera. Le vado a prendere e andiamo a pranzo fuori. Nel frattempo aspettavo una telefonata da un amico, che mi doveva dare una risposta per la vacanza che avremmo dovuto fare. Insomma, questo mi scrive e per il secondo anno anno di fila mi tira un bidone incredibile. Quindi io, che ero in macchina con loro, a un certo punto mi giro e dico: “Ragazze, ma voi che cosa dovete fare quest’estate?”. “Ah, no, niente”. “Se volete venire in vacanza con me e Chiara…”. Loro erano felicissime, la suora mi guardava perplessa, e io mi rendo conto un attimo dopo che non l’ho chiesto a Chiara. Così poi torno a casa e dico: “Amore, ti devo dire una cosa”. Le ho spiegato, ma anche lei era felicissima».
Com’è andata?
«Benissimo. Anche se mi sono reso conto che non dormivo mai, avevo sempre l’orecchio teso. Una preoccupazione totale. Poi siamo tornati a casa, e a un certo punto se ne sono andate. Io e Chiara ci siamo ritrovati in un silenzio incredibile, loro facevano un baccano della Madonna, ed era piombato un silenzio allucinante, io ho cominciato a piangere come un bambino, non riuscivo a fermarmi. Mi sono chiuso in bagno perché ero una maschera di dolore. Poi mi sono messo d’accordo con la suora che, quando sarebbero ritornati – perché erano andate da altre famiglie che le dovevano accogliere per l’estate per accordi precedenti – le avremmo tenute ancora altri 15 giorni. Abbiamo fatto una sorpresa... Poi naturalmente non è tutto rose e fiori perché loro, che sono orfane, hanno delle storie molto brutte alle spalle. Una delle due, la più difficile, era tanto refrattaria a qualsiasi tipo di contatto. Con Chiara andava meglio, con me zero, e questo già indicava chiaramente che tipo di trauma lei aveva. Quando è arrivato il momento di salutarsi, lei è uscita, poi è tornata indietro. Mi si è piazzata davanti e… Dondolava. “Hai dimenticato qualcosa?”, le ho chiesto. Lei ha detto no. “Allora perché sei è tornato indietro?”. E, in un attimo, forse voleva essere abbracciata, lei non mi ha abbracciato, però ha appoggiato la testa qua (indica il petto , e si commuove, ndr)».
Piange ancora.
«Lasciamo perdere. Ogni volta che ci penso è un taglio. È stato un contatto pazzesco, un momento incredibile, lì sono diventato suo padre. Ho cercato subito dopo di capire come potevamo fare».
Non poteva adottarla perché non eravate sposati.
«Abbiamo seguito anche i consigli della suora, loro hanno finito le scuole superiori in Albania e adesso diventano maggiorenni potranno venire a stare con noi».
Una sentenza della Corte Costituzionale ha concesso a una donna single di accedere all’adozione internazionale. Crede che l’adozione sia da riformare?
«Molte ragazze arrivano da famiglie tradizionali dove, da madri e padri, hanno subito cose indicibili. Se ci sono coppie di fatto o persone che sono single che vogliono e possono adottare ben venga, io sono assolutamente a favore. Non è lo Stato civile che ti rende un buon genitore».
Come hanno reagito le sue figlie quando avete detto loro che Chiara era incinta?
«È stato un momento incredibile. Si sono guardate… Io le ho subito rassicurate: “Non cambia niente, avrete una sorella in più”. Loro cercavano di mostrarsi felici. Ma lo capisco, perché in orfanotrofio quando vengono delle coppie, le ragazze più grandi si mettono sempre in disparte. Me lo avevano spiegato loro: le grandi non le vuole nessuno. E io avevo risposto d’istinto: “Ma vi voglio io”».
È emozionato per il loro arrivo?
«Tantissimo, non vediamo l’ora, abbiamo già sistemato le stanze. C’è tanto amore che le aspetta».
Si sente un romantico?
«Totalmente, un grande romantico. E non c’è niente di male a esserlo».