"Bella ciao", origini e versioni di una canzone "resistente"
"Bella ciao", origini e versioni di una canzone "resistente"
25 aprile, storia partigiana e polemiche: breve storia di un classico
Di Giampiero Di Carlo / Gianni Sibilla
L’ultimo, grande caso che riguarda ‘Bella ciao’ risale a poco meno di un decennio fa, in una delle serie TV di maggior successo degli ultimi anni, ‘La casa di carta’ di Netflix. Il personaggio centrale è il Professore, che comanda la banda incaricata di svaligiare la banca centrale spagnola: ricorda di avere imparato "Bella ciao" dal nonno, un partigiano che aveva combattuto contro i fascisti in Italia. La canzone viene raccontata come il simbolo della resistenza, sia quella partigiana, sia quella della banda che ruba ai ricchi, al centro della storia. Nella serie tornerà in diverse versioni e più volte, tra cui nella scena in cui il bunker viene svaligiato: grazie al successo della serie ha acquisito una nuova risonanza internazionale. "Bella ciao" è, di fatto, una delle canzoni italiane più conosciute all’estero, ma anche una delle più fraintese. È la canzone del 25 aprile, la festa della Resistenza? È una canzone politica?
Bella Ciao e la resistenza
Ad un certo punto fu addirittura il grande Giorgio Bocca, formidabile giornalista ed ex partigiano, ad intervenire nel dibattito su ‘Bella ciao’, su cui da molto tempo si incrociavano due controversie. Quella su cui parlò Bocca riguardava la veridicità dell’essenza del brano come canto partigiano: «Nei venti mesi della guerra partigiana non ho mai sentito cantare ‘Bella ciao’, è stata un’invenzione del Festival di Spoleto». In un recente documentario, una partigiana piemontese invece ricorda di averla sentita cantare ad Alba, ma di certo senza avere mai avuto la percezione che fosse una canzone simbolica, come lo era invece "Fischia il vento’".
La canzone-simbolo della Liberazione e della Resistenza, colonna sonora della Festa del 25 aprile, sarebbe dunque sì un canto popolare e di lotta ma, stando non solo a Bocca ma alla vasta letteratura sul tema, appare più verosimile che si sia cominciato a cantarla dopo la Seconda Guerra Mondiale, sempre in ambienti partigiani.
Il riferimento di Bocca è infatti allo spettacolo messo in scena per la prima volta nel 1964 al Festival dei Due Mondi di Spoleto, nonché all’album pubblicato dal Nuovo Canzoniere Italiano per I Dischi del Sole, che trasformò la canzone in un simbolo della memoria partigiana e della lotta antifascista, associandola quindi a quanto avvenuto un ventennio prima, come racconta dettagliatamente il recente libro di Jacopo Tomatis.
Le origini della canzone
L’altra controversia riguarda la presunta origine di ‘Bella ciao’, ricostruita sia da Tomatis sia dallo storico Cesare Bermani, che ne smentì le origini come canto delle mondine, attribuite a Vasco Scansani, mentre la ‘Bella ciao’ partigiana era altra cosa ed aveva altra origine. Anche Tomatis sottolinea che non ci sono prove di collegamenti tra la ‘Bella ciao delle mondine’, che tratta della dura vita nelle risaie e della lotta contro lo sfruttamento, e la versione partigiana.
L’altra origine della canzone potrebbe derivare da brani popolari legati alla tradizione klezmer e a musiche popolari yiddish dell’Europa orientale. Nel disco che documenta lo spettacolo portato in scena al Festival di Spoleto del 1964 dal Nuovo Canzoniere Italiano si possono ascoltare le due versioni di ‘Bella ciao’: quella ‘delle mondine’ e quella ‘partigiana’.
Le polemiche
La canzone è periodicamente al centro di polemiche, la più recente è quella del 2022, con Laura Pausini che si rifiutò di cantarla definendola "politica": la canzone infatti è diventata un simbolo da combattere per la destra e una sorta di inno per la sinistra - in entrambi i casi spogliata e rivestita con un significato diverso. A leggere il testo non c'è nulla che rimandi a qualcosa di politico. Ciò nonostante anche in quell'occasione si accese un furioso dibattito, con la cantante attaccata da Pierpaolo Capovilla e difesa da Simone Cristicchi. Più recentemente, a Sanremo nel 2024, si provo a far cadere in un tranello Amadeus e Marco Mengoni: un inviato de Le Iene chiese di intornarla, il cantante stette al gioco evitando la dimensione politica.
Le diverse versioni
Nel ricordarne alcune tra le versioni più celebri, partiamo da quella di Milva, che ne incise nel 1965 due versioni (‘partigiana’ e ‘mondina’) e che si ritrovò nuovamente famosa per una delle sue interpretazioni quando lo scorso anno la sua versione fu inserita nel film iraniano “There is no evil”, vincitore dell’Orso d’Oro al Festival del Cinema di Berlino (anche in Iran il brano è da anni un inno di protesta).
La notorietà internazionale del brano si fa però risalire a Ivo Livi, meglio noto come Yves Montand, attore francese di fatto ma toscano di nascita, che l'avrebbe eseguita in pubblico per la prima volta fuori dall’Italia nel 1964. Nel 2012, un suo illustre concittadino – Francois Hollande – ne usò un adattamento durante la sua campagna presidenziale e, sempre per restare in territorio politico, vi si ricorse anche in Turchia nel 2013 nelle manifestazioni di piazza contro il governo Erdogan.
Chi ne fa un punto fermo nei suoi concerti è il bosniaco Goran Bregovic
Un altro suo regolare esecutore è anche Manu Chao:
Ma, se la versione che non ti saresti aspettato di ascoltare potrebbe essere quella di Tom Waits e Marc Ribot, che ha inserito “Bella Ciao” in “Songs of resistance 1942-2018”, album del chitarrista
la popolarità internazionale della canzone deve molto a Netflix, per la sua versione di Manu Pilas ne “La casa di carta”
Tra le versioni più recenti, quella di Francesco Guccini.