Mina, 50 anni di "Un anno d'amore"
La storia di una canzone indimenticabile
Di Federico Pistone
UN ANNO D’AMORE
Parole di Mogol e Alberto Testa, musica di Nino Ferrer
Prima di incidere "La pelle nera" (1967), "Il re d’Inghilterra" (1968), "Donna Rosa" (1969) e "Agata" (1969), il genovese Agostino Arturo Maria Ferrari, adottato dalla Francia col nome d’arte Nino Ferrer, cerca fortuna nel jazz suonando il contrabbasso nella band parigina The Dixie Cats. Voce black graffiata e profonda ipersensibilità – finirà depresso e suicida a 64 anni nel 1998 – il diciottenne Ferrer resta segnato da una delusione d’amore che solo dieci anni dopo, nel 1963, riuscirà a elaborare, almeno parzialmente, componendo e interpretando la disperata "C’est irréparable", delegata anche a Dalida, un’altra artista dall’esistenza sofferta e tragica.
Je sais que c’est fini,
Je sais, mais je t’en prie
Écoute-moi quand même, écoute-moi car je t’aime
Depuis qu’on s’est quittés
Je suis seul, étonné
Mes jours sont tellement lents et vides et obsédants
Je suis seul, la nuit vient et je me souviens
D’un an d’amour, les matins indolents
Les soirs de pluie, les vacances et le vent
Et ton corps blond de soleil et de sable
Un an d’amour c’est irréparable
Un an d’amour c’est irréparable
So che è finita, lo so, ma per favore
Ascoltami comunque, ascoltami perché ti amo
Da quando ci siamo lasciati sono solo, disorientato
Le mie giornate sono così lente e vuote e inquietanti
Sono solo, la notte arriva e mi torna in mente
Un anno d’amore, le mattine pigre
Le serate di pioggia, le vacanze e il vento
E il tuo corpo biondo di sole e di sabbia
Un anno d’amore è irreparabile
Un anno d’amore è irreparabile
Trascrivere la desolazione in un’altra lingua, per un’altra voce e un’altra sensibilità, femminile per di più, diventa una sfida improba che solo Mina può affrontare e vincere, costruendo un brano, "Un anno d’amore", addirittura più affranto dell’originale, al punto che nel 1991 il regista Pedro Almodóvar utilizza la sua versione italiana per il film "Tacchi a spillo". Merito anche della traduzione approntata da Alberto Testa, che firma le parole con Mogol e che racconta la genesi.
"Un’amica mi aveva confessato di voler chiudere una storia perché lui era impegnato e non le dava speranza di dedicarsi solo a lei. Proprio in quei giorni mi venne affidata una bellissima canzone di Nino Ferrer. Me la cantavo e ricantavo tentando di immaginare cosa avrei potuto inventarmi al posto del titolo francese 'C’est irreparable', che tradotto in italiano non ci sarebbe stato metricamente e comunque – a mio avviso – sarebbe “suonato male”. Non so perché, mi è venuta in mente la storia delle mia amica e del suo “anno d’amore”. La canzone era destinata a Mina e perciò sapevo di poter scrivere qualunque cosa: Mina fa diventare tutto credibile. Così ho affidato a lei una risposta che la mia amica non avrebbe mai avuto il coraggio di dare a se stessa. Il testo è sbocciato in un momento (cosa che non mi succede quasi mai)".
Si può finire qui? Ma tu davvero puoi
Buttare via così un anno d’amore?
Se adesso te ne vai da domani saprai
Un giorno com’è lungo e vuoto senza me
E di notte, e di notte per non sentirti solo
Ricorderai i tuoi giorni felici
Ricorderai tutti quanti i miei baci
E capirai in un solo momento
Cosa vuol dire un anno d’amore
Cosa vuol dire un anno d’amore
La canzone, uscita per la prima volta a 45 giri nel novembre 1964, con "E se domani" sul lato B, viene ristampata a 45 giri nell'aprile del 1965 con sul lato B "Era vivere". E diventa una delle più ascoltate e vendute nella storia della musica leggera italiana, conquistando il disco d’oro (quando ci voleva un milione di copie vendute per ottenerlo) e il podio nella hit parade per dodici settimane consecutive.
Mina la esporta con successo anche in Spagna ("Un año de amor"), in Turchia ("Dön bana"), perfino nell’amato Giappone ("Wakare") e la propone a Studio Uno nella seconda puntata del 20 febbraio 1965 con il bis all’ottava del 3 aprile. Il fascino di questo delicatissimo brano contagia una torma di artisti italiani e internazionali che lo rifanno senza mai darne un senso nuovo – perfino il prodigioso Al Bano sembra faticare, forse solo Orietta Berti merita il plauso per la sua elegante interpretazione – facendo rimpiangere più che mai la traccia originale.
Estratto da "Mina – Le canzoni, la leggenda" di Federico Pistone, Arcana edizioni.