C'è bisogno di dischi come quello di Lucio Corsi
Idee e talento contro le operazioni muscolari del pop: la recensione di "Volevo essere un duro".
Recensione del 21 mar 2025 a cura di Mattia Marzi
Voto 8/10
La recensione
Non è un disco del 2025, “Volevo essere un duro” di Lucio Corsi. Ma è un disco di cui nel 2025 c’è dannatamente bisogno. Lo ascolti e ci ritrovi dentro tutta la fantasia, la creatività, l’originalità che caratterizzava il cantautorato italiano degli Anni ’70 e ’80, i personaggi di Ivan Graziani e quelli, più onirici, di Lucio Dalla: non è un caso che il 31enne cantautore maremmano, cresciuto a pane e Randy Newman, abbia citato i due artisti come principali fonti di ispirazione per le nove canzoni contenute nel disco, il quarto di una carriera che da queste parti seguiamo con grande interesse sin dai tempi dei primi Ep “Altalena boy” e “Vetulonia Dakar”. Era il 2015, dieci anni fa, ma l’artista che oggi vince il suo primo Disco d’oro, che spopola sulle piattaforme di streaming e che si prepara a partecipare all’Eurovision Song Contest è rimasto per intenzioni e obiettivi lo stesso di allora, che musicalmente spazia dal cantautorato classico italiano (“Tu sei il mattino”, “Sigarette”) a quello di matrice angloamericana (“Nel cuore della notte”), dal rock psichedelico degli Anni ’60 (“Volevo essere un duro”) a quello più blues (“Let There Be Rocko”, che è un pezzo «tra i Blues Brothers”, Edoardo Bennato e il Vasco di “Asilo ‘Republic’”»), passando pure per il folk (“Francis Delacroix”): «Sono andato a Sanremo facendo quello che faccio da più di dieci anni e la stessa idea di musica: niente fronzoli e zero fuochi d’artificio», dice lui.
Nell’era delle canzoni scritte a otto, dieci, dodici, quattordici, sedici mani, Lucio Corsi sforna un disco i cui tutti i brani sono stati scritti e composti a quattro mani, da lui e dal suo inseparabile braccio destro Tommaso Ottomano, dimostrando che non servono operazioni muscolari per scrivere grandi pezzi. Ammesso che ci sia del talento, oltre che grandi idee. E “Volevo essere un duro” di idee è pieno.
Ascoltare questa manciata di canzoni, suonate magnificamente da musicisti tutti legati alla scena rock e indipendente italiana (Enrico Gabrielli dei Calibro 35 si è occupato dei fiati, Fausto Cigarini degli archi, Roberto Dragonetti - per una vita nella band di Ghemon, Le Forze del Bene - suona il basso qui e là, Matteo Lorenzi la batteria in “Sigarette”, “Let There Be Rocko”, “Il re del rave” e “Situazione complicata”), è come entrare in un saloon popolato da un mare di personaggi variegat, tra il bar di Guerre Stellari e quello di una provincia maremmana che sa di Far West Eccola, l’infuluenza di Graziani e Dalla: «È un disco che parla di infanzia, di amicizia e di amore.
È un disco di ricordi veri e falsi, di personaggi del bene e del male, di località, che esse siano prati di margherite o squallide zone industriali».
Alla fine non importa sapere se il ragazzo che sia lui il ragazzo che vede «il paradiso» nel bagno delle femmine a scuola quando l’amica lo porta con sé, così come non importa sapere chi sia la Ines di “Sigarette”, la Giulia di “Situazione complicata”, la Andrea di “Nel cuore della notte” o il Francis Delacroix dell’omonima canzone, irresistibile, che «dice che a Napoli ha fumato con il Buddha nel camerino di Bob Dylan» e «fu fatto prigionero al posto di Mattia Pascal nella battaglia di El Alamein»: chiudete gli occhi e viaggiate insieme a Lucio. Ce n’è bisogno.
Tracklist
01. Tu sei il mattino (03:08)
02. Sigarette (02:59)
03. Volevo essere un duro (03:05)
04. Francis Delacroix (03:13)
05. Let There Be Rocko (02:32)
06. Il Re del rave (03:26)
07. Situazione complicata (03:25)
08. Questa vita (02:52)
09. Nel cuore della notte (06:34)