Loro sono i 10 migliori artisti che non sono mai andati a Sanremo
Da De André a De Gregori, fino a Sfera Ebbasta e Calcutta. Ecco i grandissimi cantanti italiani che hanno sempre detto "no" all'Ariston.
Di Patrizio Ruviglioni
Fateci caso: al Festival di Sanremo ci sono stati, davvero, tutti. O quasi. Del resto 75 edizioni sono un’enormità, abbastanza da coprire varie epoche della musica italiana. E poi l’Ariston è un richiamo a cui è difficile dire di no, vuoi per fare il grande salto verso il pubblico generalista – anche qui, dipende dai periodi – o vuoi per rilanciarsi, sopravvivere, entrare nel giro “giusto” com’è oggi. Mina e Battisti, che pure non era un tipo facile? Ci sono stati. I rapper? Specie quelli dell’ultima generazione, da Ghali a Geolier e Lazza, ci sono stati. La scena indipendente? Da Lo Stato Sociale agli Afterhours, ai Subsonica e ai Bluvertigo di Morgan, be’, c’è stata. Ci sono stati perfino sabotatori come Vasco Rossi, Elio e le Storie Tese, Rino Gaetano, Lucio Dalla. Seppur in veste più defilata, addirittura Franco Battiato.
Ma c’è comunque chi, durante la sua carriera, ha fatto la storia senza passare da lì, dicendo no agli inviti e mantenendo una posizione ostile nei confronti della manifestazione. Vediamo chi.
I migliori artisti che non sono mai stati a Sanremo
Fabrizio De André
Non si poteva non partire dal padre della nostra canzone d’autore, un personaggio tutt’altro che piano o “regolare” che, tra le sue tante spigolature, è sempre stato critico nei confronti della musica di consumo, di cui in Sanremo e nei suoi meccanismi ha sempre intravisto uno dei simboli. Va detto anche che, come altri suoi coetanei, De André ha vissuto il trauma generazionale del suicidio di Luigi Tenco durante la gara, a cui dedicò peraltro il brano Preghiera in gennaio (1967).
In un’intervista a Enzo Biagi disse: “Se fosse solo un fatto di corde vocali, la si potrebbe ancora considerare una competizione quasi sportiva, perché le corde vocali sono pur sempre dei muscoli. Nel mio caso dovrei andare ad esprimere i miei sentimenti o la tecnica con i quali io riesco ad esprimerli, e credo che questo non possa essere argomento di competizione”.
Discorso simile per il Principe, che sempre a Tenco ha dedicato Festival (1976), canzone che ne ricorda il suicidio e l’ondata di ipocrisia che ne aveva accompagnato la notizia. “Non ho fatto in tempo a conoscere Luigi”, disse in un’intervista, “ma sono sicuro che saremmo diventati amici”. L’aveva colpito, aggiunse, il fatto che si fosse ucciso “in protesta” contro il meccanismo del Festival stesso. Da lì, ha maturato l’idea che l’Ariston rappresenti un’idea di musica – bassa, commerciale, da spettacolo – che non fa per lui, tenendo fede fino a oggi a quest’ideale: De Gregori non è mai andato neanche come ospite, solo una volta, nel 1980, come autore per Gianni Morandi.
Ebbene, neanche uno dei rapper italiani più influenti di sempre, che ha fatto da apripista al genere per il grande pubblico nel 2006 (uno spiraglio da cui poi passeranno, tra gli altri, Marracash e i Club Dogo), è mai andato all’Ariston. Anzi, già nel 2007, con Andiamo a Sanremo, immaginava una sua partecipazione grottesca, facendo nomi e cognomi e demolendo lo star system di allora. Un estratto di questa affilata satira di costume: “Ma sei scemo? Reppi da quindici anni e adesso vai a Sanremo? E come se Anna Falchi, dopo che fa il calendario, si sposa con un cesso solo perché è un miliardario”. Fabri Fibra in purezza.
Questa è, come si dice, una storia di rivincita. Nel 2000, ai tempi dei Lùnapop, Cremonini fu scartato dalla categoria Nuove Proposte con Mary seduta in pub, che sarebbe poi finita nel suo primo album solista, Bagus (2002). 50 special nel frattempo era in vetta alle classifiche e lui non prese granché bene l'esclusione. Solo di recente ha ammorbidito i giudizi, dicendo che a lui in quella circostanza “andò bene, perché ero immaturo”, ma di non sapere comunque “se quella fu la scelta giusta per il Festival”. Fatto sta che nel 2022 è rientrato dalla porta principale: quella dell’ospite d’onore, con un set di venti minuti tra i più memorabili della storia recente del programma.
Se Sanremo, spesso, è palco di compromessi, Gianna Nannini non ne ha avuto bisogno: unica rocker donna in Italia già dagli anni settanta, da quando sulla copertina di America metteva un vibratore in mano alla Statua della Libertà, si è fatta strada da sola, in tutta Europa, senza bisogno di un pubblico da scandalizzare come quello dell’Ariston – era già troppo avanti per tutti. Da Un’estate italiana (1990) il suo stile si è ammorbidito, ciò non toglie che prestarsi a Sanremo non le è mai interessato neanche qui, né tornato utile. Aliena.
Lo scorso dicembre, al momento dell’annuncio dei concorrenti, aveva fatto scalpore un post di Sfera Ebbasta in cui se la rideva, dicendo di essere stato escluso anche stavolta. Spoiler: il re della trap italiana scherzava, in realtà non si è mai candidato e non intende farlo. Di fronte a tanti compagni di viaggio che, ecco, l’hanno fatto, è un modo per dire che lui no, non ne ha mica bisogno.
Cambiando genere, uno dei pochissimi del pop di oggi a potersi permettere di ignorare Sanremo è Calcutta. Adesso perfino i bookmaker hanno smesso di metterlo nella lista dei papabili: avranno visto le sue (poche) comparsate in tv, tutte così surreali e fuori dagli schemi, realizzando che la sua forza è proprio quella di essere un’alternativa (una delle pochissime, oggi) al programma.
A questo punto l’avrete capito: i motivi principali per cui un artista non va a Sanremo è perché si sente, appunto, un artista, e quindi non gradisce il cucuzzaro che c’è intorno (che c’entra tanto con la tv, ma poco con la musica) e cosa rappresenta. Nel caso di Pino Daniele – uno dei talenti più luminosi della musica italiana in assoluto – è stata la competizione a fargli storcere il naso: “Amo i festival, sono le gare che non mi piacciono. Non fosse stata una gara…”. Peccato che lo sia.
Il rapper che più di tutti ha “nobilitato” il genere venendo paragonato a un cantautore, dandogli un taglio social e prendendosi, tra gli altri, una Targa Tenco, non è mai andato a Sanremo. E probabilmente mai ci andrà. Anzi, il suo ultimo album si apre con una dichiarazione d’intenti, Power slap, che da titolo è una sberla verso i colleghi che decidono di prestarsi alla gara: “Ti ricordo, bimbo, chi saresti con 'sta sberla: senza Sanremo, senza l'estivo, senza Petrella”.
Quante volte avete sentito dire che se il gran cantautore tal dei tali fosse andato a Sanremo di sicuro sarebbe arrivato ultimo? Non è retorica, perché a rilanciare questa sensazione – oltre a De André, che parlava di “ugole” – è stato lo stesso Guccini, storicamente diffidente dal Festival. “Le mie canzoni non si prestano”, disse negli anni ottanta, quando il meglio della musica italiana era fuori di lì. Di recente, pare che una sua incursione come autore, con un brano sui migranti, sia stata esclusa. Della serie: non è cambiato niente.