"Una notte a New York" è uno di quei film pretenziosi che vogliono mostrarti che possono insegnarti una o due cose sul cinema e sulla vita. Mi ha insegnato principalmente come impegnarmi molto per restare sveglio durante un film che dovrebbe suscitare in me qualsiasi altra risposta che non sia la noia totale.
Due attori nello stesso taxi e la loro interazione per tutta la durata del film. La conversazione è piuttosto stancante e sembra persino troppo didattica. Per un tassista, almeno.
Parla della paura di essere sostituiti dalle macchine e di come il denaro e le relazioni personali dirette saranno presto qualcosa che appartiene al passato.
È come seguire un corso di anteprima di psicologia, che si basa sull'intelligenza di strada e sull'esperienza. Il risultato di questa sensazione crea scarsa credibilità nel contenuto della sceneggiatura e ti porta in un viaggio distante da loro, invece di fare un salto di connessione con i personaggi principali, l'intenzione iniziale del regista.

Entrambi gli attori hanno una buona alchimia. È, ovviamente, un film sui problemi del padre ed entrambi i personaggi eccellono nel dimostrare la necessità l'uno dell'altro. Molto probabilmente avrebbe annoiato anche a teatro.