Riccardo Cocciante: "Cantare è spogliarsi, quella è l'anima"
All'Arena di Verona il 29 settembre il concerto per celebrare i 50 anni dell'album "Anima"
Di Paolo Panzeri
Riccardo Cocciante nella giornata di ieri ha incontrato la stampa in un ristorante milanese per presentare il concerto che terrà il prossimo 29 settembre all’Arena di Verona per celebrare il 50esimo anniversario del suo terzo album “Anima”, quello che gli regalò il primo successo e che include i due classici “Bella senz’anima” e “Quando finisce un amore”.
Davanti ai giornalisti il 78enne musicista nato a Saigon, in Vietnam, ha raccontato pescando dal fondo dei suoi ricordi di come l'album “Anima”, pubblicato nel maggio del 1974, fosse un disco molto importante, cruciale per la sua carriera, poiché era stato preceduto da “Mu” (1972) e “Poesia” (1973) (una curiosità, la canzone “Poesia” è l'unica che Riccardo Cocciante ha composto alla chitarra e non al pianoforte) che non avevano ottenuto grandi riscontri. “Quelli erano tempi in cui le etichette discografiche, al contrario di quanto accade al giorno d'oggi, permettavano a un artista di crescere mettendosi alla prova con più canzoni, una sola canzone non racconta nulla di un artista”.
Cocciante continua così il suo racconto: “Registrai “Anima” e l'album venne bocciato. Ero davvero disperato, pieno di dubbi, mi venne in aiuto l'invito a suonare insieme ad Antonello Venditti e Francesco De Gregori, che erano già noti, al Teatro dei Satiri, un luogo da sole 400 persone. Poteva essere un rischio, le mie canzoni non parlavano di sociale e politica. Erano gli anni Settanta, era un'epoca di cambiamento e il pubblico comprese che, a modo mio, anch'io ero in rivolta, anch'io ero parte di quel cambiamento”.
La risposta del pubblico all'esibizione di Riccardo Cocciante fece considerare a Ennio Melis, gran capo della RCA, di reincidere l'album “Anima” e di farlo in grande, tanto che vennero chiamati ad arrangiare i brani Ennio Morricone e Franco Pisano. “Bella senz'anima” era stata scelta come singolo, ma la radio non la trasmetteva (le radio cosiddette libere dovevano ancora invadere l'etere con le loro nuove proposte, ndr). “Ero un atipico”, spiega Cocciante. “Avevo una maniera di esprimermi piuttosto particolare. Melis si inventò uno stratagemma per fare ascoltare le canzoni RCA ai disc jockey dell'epoca. Del tutto inaspettatamente con “Bella senz'anima” raggiungo la prima posizione della classifica. Venivo chiamato a cantare in televisione e non sapevano come trattarmi. Era inusuale che un cantante si esibisse in uno studio televisivo al pianoforte, per di più con gli occhi chiusi.”
“Devo il mio successo principalmente al pubblico. Il pubblico ha fiuto, comprese per primo che quello era un disco di rottura. Anche “Margherita” (pubblicata nel 1976, ndr) che uscì in un momento molto politico venne immediatamente compresa. “Bella senz'anima” superò sorprendentemente la censura in Spagna e Cile.” racconta ancora uno stupefatto Cocciante. “Dove c'erano le dittature di Franco e Pinochet. La gente la accolse come una canzone di libertà.”
Parlando dei concerti il 'papà' di Notre Dame de Paris spiega che è dal vivo, sul palco, davanti al pubblico, che le canzoni diventano dei successi. “Quando finisce un amore” lo è diventato a forza di concerti. “Il concerto è un racconto, sei un uomo, esisti. Non sei vinile oppure televisione. Per il concerto di Verona ho scelto di non basarmi sull'orchestra, di fare le canzoni come si facevano una volta. Anche e soprattutto con le imperfezioni e le essenzialità degli strumenti, con un coro. Il concerto parla al pubblico: io sono qui per voi, voi siete qui per me.”
Ogni epoca ha le proprie regole, i propri usi e i propri costumi.
Il musicista franco-italiano con molta educazione, senza trascendere con le parole, riflette su quanto accade nella discografia oggigiorno, molto diversa da quella in cui è cresciuto, “C'è troppa attenzione all'immagine. Quando si sale sul palco lo si fa certo per fare spettacolo, ma anche e soprattutto per proporre la propria anima e il proprio pensiero. Spesso in molti nuovi brani l'arrangiamento viene utilizzato come uno scudo perchè la canzone non ha molto valore. Una volta si cercava di fare un artista e una canzone, oggi si cerca di fare un prodotto, non un artista. Per definizione il prodotto deve essere uniforme, un artista invece è un diverso e deve potersi esprimere con la propria diversità.”.
Cocciante si dispiace che in Italia non esista un riconoscimento che valorizzi tutta la filiera dei lavoratori del comparto musicale, un po' come può accadere con i Grammy Awards negli Stati Uniti, oppure con i nostri David di Donatello per il cinema. A suo parere renderebbe giustizia a tutto ciò che sta al di sotto del cantante e che non viene riconosciuto per i propri meriti. Cita qualche esempio: gli autori, i fonici, chi realizza le copertine e tutti gli altri che lavorano affinché tutto possa funzionare al meglio. In questo modo si regalerebbe maggiore dignità a tutto il grande lavoro di una industria che troppo spesso viene vista come produttrice di canzonette. Un termine che a Cocciante fa male, non piace, un termine che ritiene poco rispettoso e svilente.
Una delle parole che ha più utilizzato Riccardo Cocciante nel corso dell'incontro con la stampa è stata anima, non a caso titolo di quell'album che cinquanta anni fa gli regalò il primo successo. Ma, infine, cos'è l'anima? “E' ciò che c'è ma non si vede. Cantare è spogliarsi, quella è l'anima”, dice.
All'Arena di Verona il direttore musicale del concerto è Marco Vito. La band è composta da Alfredo Golino (batteria), Ruggero Brunetti (chitarre), Alessandro Biasi (chitarre), Roberto Gallinelli (basso), Luciano Zanoni (tastiere/piano), Lorenzo Nanni (tastiere/programmatore), Marc Chantereau (percussioni). Le voci a supporto saranno quelle di Marco Vito, Roberto Tiranti, Moris Pradella, Gian Marco Schiaretti, Claudia D’Ulisse e Alexa Pillepich. Gli archi saranno a cura di Davide Agamennone (violino I), Andrea Ricciardi (violino II), Giulia Sandoli (viola) e Ilaria Calabrò (violoncello).