Paola Turci: "Io nasco interprete, amo essere interprete"
Paola Turci: "Io nasco interprete, amo essere interprete"
La musicista romana compie oggi 60 anni
Di Redazione
Paola Turci compie oggi 60 anni e da ormai cinque anni non pubblica un nuovo album. L'ultimo disco della musicista romana, "Viva da morire", risale al 2019. Un lavoro, quello, più da interprete che da autrice, infatti solo due delle dieci canzoni presenti portano la sua firma. Ma, come da lei dichiarato a quel tempo: "Io nasco interprete, amo essere interprete, poi può capitare che io diventi autrice o co-autrice, perché mi piace molto collaborare." Quella che segue è la nostra recensione di "Viva da morire".
"Il secondo cuore", l'album del 2017, ha rappresentato per Paola Turci un nuovo inizio, rompendo un silenzio discografico lungo cinque anni e restituendo alla cantautrice un ruolo importante nel pop-rock italiano. Ora, a distanza di due anni, la Turci torna con "Viva da morire", che rappresenta la naturale prosecuzione del disco del 2017.
Le dieci canzoni contenute nel nuovo album sono in parte figlie dell'umore del disco precedente: Paola Turci continua qui a raccontare la sua rinascita, personale e artistica. La donna di oggi incontra la ragazzina che sulle scale della casa al mare provava a imparare a suonare la chitarra strimpellando i primi accordi e con l'adolescente incazzata con il mondo intero che girava sul motorino per le strade di Roma ascoltando Patti Smith nelle cuffie.
C'è qualcosa di nuovo nella voce e nello sguardo di Paola Turci.
Sulla copertina del disco sorride. Libera dal bisogno di barricarsi dietro le solite protezioni, la cantautrice ha iniziato ad aprirsi agli altri e questo atteggiamento l'ha portata a collaborare con una manciata di nuovi autori, realizzando di fatto un album più da interprete che da cantautrice: ci sono, tra gli altri, Giulia Ananìa (già al suo fianco per buona parte dei pezzi di "Il secondo cuore", inclusa la sanremese "Fatti bella per te"), Davide Simonetta, Andrea Bonomo, Fabio Ilacqua, Federica Abbate (che insieme a Nek e a Luca Chiaravalli ha composto la musica di "Non ho mai") e Shade (che duetta con la cantautrice in "Le olimpiadi tutti i giorni", forse l'unico episodio minore del disco - se non altro perché l'unione tra la voce della cantautrice e quella del rapper non convince del tutto).
La produzione, come per l'album del 2017, è stata curata da Luca Chiaravalli, ormai specializzato nel rilancio di artisti che erano finiti per un motivo o nell'altro nell'ombra (Stadio, Nek, Loredana Berté) e i suoni sono ancora più energici e grintosi rispetto a quelli di "Il secondo cuore", rispecchiando così efficacemente l'umore delle nuove canzoni. "È una rivoluzione naturale, l’arte di ricominciare", canta Paola Turci in "L'arte di ricominciare", uno slogan che sa bene riassumere lo spirito di questo disco, forse pure più del titolo della canzone che dà il titolo all'album. E se ricominciare è un'arte, allora Paola Turci è un'artista vera.