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Finché ci sarà Kylie, per Dua Lipa & Co. il trono resterà lontano

Finché ci sarà Kylie, per Dua Lipa & Co. il trono resterà lontano
A 56 anni l'araba fenice del pop ieri sera ha acceso lo Sziget, cantando per 60 mila: la recensione.

Di Mattia Marzi
“Baby, there ain’t nothin’ better and I could do this forever with you”, canta Kylie Minogue sui tastieroni di “Tension”, presentandosi davanti alla folla di 60 mila persone del main stage dello Sziget Festival di Budapest. I versi della canzone che ha dato il titolo al suo ultimo album, uscito lo scorso anno a trentacinque anni dall’esordio del 1988 con l’eponimo “Kylie”, sembrano essere il manifesto della rinascita artistica e personale della 56enne regina australiana della dance Anni 90 L’ennesima, dopo il folgorante esordio alla fine degli Anni ’80 con hit come “I should be so luck” e “Got to be certain” (che la resero subito una principessa delle piste da ballo di mezzo mondo: all’epoca aveva 19 anni), la lotta contro il tumore al seno che nel 2005 la costrinse a ritirarsi per un anno dalle scene per curarsi, il ritorno in grande stile del 2007 con “2 hearts” e la lunga crisi degli Anni Duemiladieci.


.Kylie ha atteso con fiducia che la ruota tornasse a girare. No, non quella panoramica, alta 65 metri, costruita al centro dell’isola danubiana che ospita il festival. Ma quella della sua carriera. E alla fine le sue rivincite se le è prese tutte, una per una. Arrivando pure ad essere celebrata, ieri sera, dal festival ungherese, diventato negli anni uno degli appuntamenti estivi europei più attesi, seguiti e commentati.

Kylie, che si presenta sul palco sfoggiando un paio di calze a rete, stivali di pelle e uno spolverino nero brillantinato (ma ad un certo punto cambierà outfit, optando per un abito rosso con nastrini stile cowgirl del futuro), si è presa lo status di headliner dello Sziget dopo essersi riposizionata negli ultimi mesi con il singolo “Padam padam”, conquistando grazie a TikTok anche i ragazzi della Generazione Z, che non erano neppure nati quando nel 2001 con “Can’t get you out of my head” - spoiler: alla fine dello show manda in estasi la colorata e folcloristica folla radunata sotto il main stage - vendette oltre 5 milioni di copie in tutto il mondo.


Grazie al singolo, che .su Spotify ha superato i 150 milioni di streams a livello mondiale, la cantante australiana è ricomparsa nella top ten britannica dopo un decennio (agguantando pure il primo posto), ha vinto un Grammy all’ultima edizione dei premi come “Best Pop Dance Recording” (non ne vinceva uno da vent’anni) ed è tornata ad esibirsi davanti a folle da stadi, come quella dello scorso mese a Hyde Park a Londra o quella di ieri sull’isola danubiana che ospita lo Sziget. Si potrebbe confondere questi risultati come riconoscimenti alla carriera. Niente di più sbagliato: semmai, sono premi alla capacità di questa maestra del pop di reinventarsi continuamente e di rinascere dalle proprie ceneri, come un’araba fenice.

Gli organizzatori dello Sziget l'hanno onorata invitandola come un'artista di punta del cartellone, ma le hanno anche affidato il compito di inaugurare, in veste di madrina d’eccezione, l’edizione numero trenta del festival ungherese, che andrà avanti fino al 12 agosto, al termine di una giornata all'insegna di esibizioni acclamatissime come quella dell'eroina statunitense dell'indie rock Blondshell, di Tom Odell e della rivelazione dell'ultimo Eurovision Joost Klein (che ha fatto scatenare la folla del Revolut Stage con il tormentone "Europapa"). “Come into my world”, “Vieni nel mio mondo”, canta Kylie sulle note della hit del 2002, davanti a un mare di top con pailettes, brillantini, rappelli da cowboy e t-shirt che omaggiano le varie ere della sua carriera A pensarci bene, quello di Kylie sembra corrispondere proprio al mondo dello Sziget, nato come un raduno rock per i giovani dopo la caduta del regime comunista e la proclamazione della Repubblica d’Ungheria, quando i fondatori si resero conto dell’esigenza di dare ai ragazzi ungheresi la possibilità di aggregarsi attraverso la musica (nel 1994 sul palco c’erano Jethro Tull, Eric Burdon, The Birds, i Grandmothers of Invention, i Jefferson Starship), salvo poi aprirsi a tutti i generi, a partire dal pop.


.Facendo dell’inclusività e del rispetto delle diversità, in tutti i sensi, la sua missione: “The island of freedom”, “L’isola della libertà”, è oggi lo slogan del festival.

La scaletta va da “In your eyes” e “Get outta my way”, da “Confide in me” a “On a night like this”, da "Red blooded woman" e "Slow" a brani di "Tension" come "Hold on to now" e "Things we do for love", con quel retropop che ha confermato una volta per tutte che nella storia della musica pop degli ultimi trent’anni Kylie Minogue ha rappresentato un anello di congiuzione tra l’irriducibile regina Madonna e le stelline di nuova generazione, da Dua Lipa a Sabrina Carpenter. Sexy, carismatica e raggiante, in un’ora e mezza di show Kylie Minogue


attraversa passato, presente (in scaletta, oltre a “Padam padam” e “Tension” c’è anche un altro brano dell’ultimo album, “Hold on to now”) e futuro, rivisitando la stessa “Come into my word” in chiave quasi trance e “Slow” in una versione acid rave à la Chemical Brothers. Non prova timore a rispolverare brani un po' imbarazzanti degli esordi come quella rilettura in chiave dance-pop del 1986 del classico r&b degli Anni '60 "The Loco-Motion": "Ora vi riporto indietro negli Anni '80: qualcuno li rivivrà, altri li vivranno per la prima volta dopo aver sognato a lungo di poter tornare indietro nel tempo", dice lei, diventando una macchina del tempo vivente. Ad un certo punto fa salire una giovane fan sul palco: "Quand'è stata la prima volta che hai ascoltato una mia canzone?", le domanda. E lei, incredula accanto all'icona: "Ero adolescente e il pezzo era 'Dancing'". Finiscono per cantarla insieme, tra le risate generali.

Quando all’inizio dei bis parte il riff di synth di “Padam padam”, l’area davanti al main stage dello Sziget diventa una bolgia: si scatenano tutti, abbandonando ogni freno inibitorio, strusciando i corpi seminudi unti dal sudore. Si scatena anche lei, sul palco, arrampicandosi sui corpi dei ballerini come una che sa il fatto suo (nel corpo di ballo c'è anche un po' di Italia, con Giuseppe Giofrè, lanciato da "Amici" nel 2012 prima di fare carriera negli Usa e lavorare al fianco di popstar come Ariana Grande, Pink, Dua Lipa, Jennifer Lopez e pure Taylor Swift): “I know you wanna take me home and take off all my clothes”, “So che vuoi portarmi a casa e togliermi tutti i vestiti”, canta, mostrando idealmente un dito medio a chi l’aveva considerata bollita, prima di sferrare il colpo di grazia con “Can’t get you out of my head”, diventata ormai una hit di culto (quello che arriva dopo, da "Where the wild roses grow" a "Love at first sight", nella parte dei bis, è appendice).


.La cosa bella è che non risulta patetica: anche grazie alla complicità del pubblico, che la venera come un’icona (lo è), Kylie emana un fascino e una presenza scenica che tante delle colleghe alle quali ha spianato la strada sognano di avere. È una sopravvissuta che sul palco dello Sziget si riprende finalmente quello che le appartiene.