Tra candele da seduta spiritica e pedali, l’ex Pink Floyd presenta l'inquietante “Luck and strange”.
Morte e miracoli: viaggio dentro il nuovo album di David Gilmour
Di Mattia Marzi
Ad un certo punto ha rispolverato pure una chitarra del 1933, tra i pezzi pregiati della sua sterminata collezione: “È una delle primissime chitarre elettriche della storia. Fu costruita da Mr. Rickenbacker nel 1933. Il pick-up è incredibilmente potente. Me l’ha regalata mia moglie Polly: non so come le sia venuta in mente l’idea”, sorride David Gilmour, mostrando la Rickenbacker Frying Pan. L’ex Pink Floyd la suona su “The piper’s call” e su “Dark and velvet nights”, due degli undici brani contenuti nell’attesissimo “Luck and strange”, il suo nuovo album di inediti. Il disco arriverà nei negozi il 6 settembre prossimo - lo si può già preordinare sul sito di Sony Music - e subito dopo il 78enne musicista britannico lo farà ascoltare per la prima volta dal vivo a Roma, in occasione dei sei show annunciati al Circo Massimo, quelli in programma il 27, 28, 29 settembre e l’1, 2 e 3 ottobre. L’album è il primo di David Gilmour in nove anni, tanti quanti ne sono passati dall’uscita di “Rattle that lock”. E si preannuncia anche come uno dei più ispirati. Tra candele e pedali sparsi ovunque, in una serie di video pubblicati su YouTube per stemperare l’attesa dei fan l’autore di alcuni dei più iconici riff di chitarra dei Pink Floyd - a partire da quello di “Wish you were here” - accompagna gli appassionati in un viaggio spirituale dentro il suo nuovo disco. “È molto difficile descrivere esattamente come vengono fuori le parti di chitarra, perché mi saltano addosso e chiedono di essere ascoltate. Non riesco proprio a spiegarlo, ma è molto divertente quando avviene nel modo giusto. Invece è irritante quando una parte non funziona: passano le settimane e tu sei lì a cercare qualcosa, ma non riesci a trovarlo”, racconta.
“Luck and strange” è stato registrato in cinque mesi tra Brighton e Londra. Gilmour l’ha prodotto insieme a Charlie Andrew, 44enne produttore britannico noto ai più per il suo lavoro con la band indie Alt-J: “Abbiamo invitato Charlie a casa, è venuto per ascoltare alcune demo e ha detto: ‘Perché deve esserci sempre un assolo di chitarra? Ma le canzoni finiscono tutte con la dissolvenza? Non possono semplicemente finire?’. Ha una meravigliosa mancanza di conoscenza e di rispetto per il mio passato. È molto diretto e per niente intimorito. Per me era l’ideale: non voglio collaboratori accondiscendenti”.
La maggior parte dei testi dell’album sono stati composti da .Polly Samson, moglie di Gilmour. Samson spiega che il disco “è scritto dal punto di vista dell’essere più vecchio: la mortalità è la costante”. “Abbiamo trascorso molto tempo durante e dopo il lockdown parlando e pensando a questo genere di cose”, aggiunge il musicista. Quello della signora Gilmour non è l’unico contributo “di famiglia” contenuto in “Luck and strange”. La figlia ventiduenne Romany Gilmour canta, suona l’arpa e appare come voce solista in “Between two points”, rifacimento di un brano dei Montgolfier Brothers. L’altro figlio, Gabriel, 27 anni, canta nei cori.
Le chitarre impiegate da Gilmour negli undici brani dell’album sono tutte di vecchia generazione, “perché quelle nuove non riescono a darti le stesse cose”. Tra le altre, ha suonato anche una Gretsch nera “di metà Anni ’70”: “Ha un suono particolare, molto hi-fi”. È quella che suonò nel gennaio del 2007 nella jam session nel fienile di casa insieme a Richard Wright, storico tastierista dei Pink Floyd.
Quell’incontro avvenne due anni dopo la reunion della band in occasione dell’evento benefico Live 8 e un anno prima della scomparsa di Wright. Uno dei brani nati da quella session è rimasto nel cassetto per diciassette anni: è quello che ora dà il titolo all’album, che è a tutti gli effetti .un “duetto” virtuale con Wright. “Non ho mai suonato con nessuno come lui: tutti i più grandi momenti dei Pink Floyd sono quelli in cui lui è a pieno regime”, disse Gilmour all’indomani della scomparsa dell’amico. “The piper’s call”, il primo singolo estratto da “Luck and strange”, parla invece di un patto faustiano, una disputa tra l’ego di un musicista di successo, la fama che lo ingrassa e le droghe che ne soffocano l’insicurezza: chissà che Gilmour non avesse in mente il diamante grezzo Syd Barrett, quando lo scrisse.
Al disco hanno contribuito musicisti come Guy Pratt e Tom Herbert (al basso), Adam Betts, Steve Gadd e Steve DiStanislao (alla batteria), Rob Gentry e Roger Eno (alle tastiere), mentre Will Gardner ha curato gli arrangiamenti degli archi e dei cori. Non tutti, però, lo seguiranno in tour. Sul palco dell’arena da 15 mila posti che sarà allestita al Circo Massimo per i sei show in programma tra fine settembre e inizio ottobre - 90 mila i biglietti venduti: le date sono tutte sold out - dei musicisti delle session di “Luck and strange” ci saranno solo Pratt e Betts, ai quali Gilmour ha affiancato musicisti come il chitarrista Ben Worsley, i tastieristi Greg Phillinganes e Rob Gentry e ai cori Louise Marshall e le Webb Sisters.
Musicisti quasi tutti giovanissimi: “.Ho cambiato la band per vari motivi, uno dei quali è che stava diventando tutto troppo meccanico e alcuni sarebbero stati meglio in una tribute band dei Pink Floyd”. A proposito della scaletta degli show: Gilmour si è detto “riluttante a fare i pezzi Anni ’70 dei Pink Floyd”. Salvo poi condividere qualche giorno fa un video sui social in cui prova “Wish you were here” (1975) insieme a Worsley: “Ci sarà almeno un pezzo dagli Anni ’60. In passato abbiamo fatto ‘Astronomy domine’: mette la gente dell’umore giusto. E poi le canzoni da ‘A Momentary Lapse of Reason’ e ‘The Division Bell’. Per me ‘High Hopes’ vale quanto qualunque cosa abbiamo fatto”.