MUSICA




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Sembra un originale, invece è una traduzione! Ecco degli esempi

Sembra un originale, invece è una traduzione! Ecco degli esempi
In molti si sono cimentati con i riadattamenti in italiano, a volte sorprendenti, di brani esteri.

Di Luca Trambusti

Per definizione la cover è l’esecuzione di un brano altrui fatta da un altro musicista (o band) secondo i propri criteri stilistici e artistici. Per definire esattamente una cover occorre che sia rispettata la parte musicale e testuale del brano originale.


Esiste poi un’ulteriore categoria: quella che investe la modifica linguistica, in pratica la traduzione. Si tratta di brani che rispettano la parte musicale e melodica, ma vengono cantati in una differente lingua rispetto a quella in cui il brano è stato scritto, nuove liriche che possono essere la traduzione o un riadattamento di quanto composto dall’autore originario.

Da notare che la legislazione italiana prevede che per registrare una versione discografica con il nuovo testo e depositarlo in SIAE occorre avere, tramite gli editori, l’autorizzazione dell’autore originale del brano. In caso diverso possono insorgere problemi legali. A quel punto il “traduttore/adattatore” viene inserito nei credits del brano e riceve una piccola quota di diritti solo per le vendite nel mercato italiano. Differente è la questione live, dove un brano può essere cantato con un testo differente, anche in un’altra lingua riconoscendo però sul borderò il solo autore originario, senza nessun compenso per l’esecutore, che tanto meno diventa autore.

Questa pratica della traduzione è stata prassi comune negli anni ’60 e primi ’70 nel nostro paese. Il fenomeno del beat ha vissuto molto su questo ed ha prodotto numerose versioni tradotte di brani internazionali sia di successo che sconosciuti al grande pubblico.


Negli anni successivi questa pratica è andata scemando ma alcuni eclatanti episodi non sono mancati e in molte occasioni in pochi sanno che si tratta di brani di artisti internazionali, tratti in “inganno” da un testo in italiano.

Vediamone qualcuno.

Iniziamo da Fabrizio De Andrè. A lui possiamo attribuire almeno quattro di queste tipologie di esecuzioni. La Prima in ordine cronologico è “Il Gorilla”, traduzione (fatta nel 1968 e contenuta nell’album “Volume III”) di “Le Gorille” pubblicata nel 1952 scritta dal cantautore francese George Brassens, canzone che in Francia fu per lungo tempo censurata.

Sempre il cantautore ligure si è cimentato nella traduzione di “Suzanne”, scritta nel 1967 dal collega canadese Leonard Cohen, tratta da una sua poesia e contenuta nel disco d’esordio “The songs of Leonard Cohen”. De Andrè la tradusse nel 1972 conservandone il titolo originale ed includendola in un 45 giri il cui lato B era la traduzione di un’altra canzone di Cohen, “Joan of Arc” diventata “Giovanna D’Arco”. Entrambi i brani finirono nell’album “Canzoni” del 1974. Sempre in quell’album troviamo un’altra traduzione, firmata questa volta da Francesco De Gregori, si tratta di “Via Della Povertà” (della durata di oltre 9 minuti) ovvero ”Desolation Row” dall’album del 1965 “Highway 61 Revisited” di Bob Dylan. Infine altra traduzione tra i successi di De Andrè, questa volta in complicità con Massimo Bubola, è quella di “Romance in Durango” ancora di Bob Dylan che diventa “Durango” che ritroviamo nell’album “Rimini” del 1978.

Restiamo negli anni ’70 esattamente al 1979. Tra giugno e luglio di quell’anno un trio di cantautori fece una grande rivoluzione nel mondo live riportando al pubblico, dopo un periodo molto difficile, i concerti nei grandi spazi, facendosi aprire addirittura le porte di alcuni stadi d’Italia. I tre erano Lucio Dalla, Ron e Francesco De Gregori. Il tour in questione si chiamava “Banana Republic” e prendeva il nome dal brano inedito usato per “lanciare” il tour. Il brano in questione era però una traduzione della canzone “Banana Republics”, scritta e incisa nel 1976 da Steve Goodman (con i suoi musicisti Steve Burgh chitarrista per il testo e dal fiatista Jim Rotherme) e portata poi al successo da Jimmy Buffett l’anno successivo con la sua versione più pop. La traduzione in italiano fu effettuata da Francesco De Gregori.

Nel 2015 Francesco De Gregori incise un disco, dichiarando apertamente che si trattava di traduzioni, con canzoni di Bob Dylan dal titolo “De Gregori canta Bob Dylan - Amore e furto”.

Chiudiamo il “capitolo” Bob Dylan ricordando che anche Bobby Solo si è cimentato con una traduzione del Premio Nobel. "Farewell, Angelina", un outtake di “Bringing It All Back Home” di Bob Dylan - portata poi al successo da Joan Baez nel 1965, diventa “Addio Angelina” un singolo del 1970 del cantante romano con il testo tradotto da Michele Murino.


Nel 1980 Rosalino Cellammare pubblicò il primo album a nome Ron dal titolo “Una città per cantare”, la cui tittle track che lo apriva era una cover del brano “On The Road”, firmato dal cantautore statunitense Danny O' Keefe che nel 1972 la incluse nel suo album omonimo. La versione più famosa fu però quella di Jackson Brown del 1977 contenuta nel disco “Running On Empty”. La traduzione cantata da Ron fu curata da Lucio Dalla, il quale “ammorbidì” la sua traduzione laddove l’originale faceva riferimento all’uso di droghe nella vita on the road del musicista raccontata nella canzone.

In tempi più recenti anche i campioni del rock nazionale, Vasco Rossi e Luciano Ligabue, si sono cimentati in traduzioni di brani inglesi. Il “rocker di Zocca” ha due episodi all’attivo: “Gli spari sopra”, grande successo del 1993 arriva dall’originale (meno famosa) “Celebrate” che gli An Emotional Fish, band alternative rock irlandese nata nel 1988, pubblicarono nel 1990.

Nel 2009 sempre Vasco Rossi, si fece carico di tradurre in italiano “Creep” successo del 1992 degli americani Radiohead. In italiano il Kommandante la propose con il titolo “Ad ogni costo”, facendola diventare il singolo promozionale per il Tour Europe indoor. Il brano restò in vetta alle classifiche nazionali per due settimane.


Famosa anche la trascrizione in italiano fatta da Luciano Ligabue che ha trasformato il testo di “It's the End of the World as We Know It (And I Feel Fine)” dei R.E.M. del 1987 in “A che ora è la fine del mondo?” contenuta nell’album dallo stesso titolo pubblicato nel 1994. Pochi anni dopo, nel 1997, un Ligabue all’apice del successo inserisce nel suo primo album dal vivo “Su e giù da un palco” una versione in studio di “Ultimo tango a Memphis”, adattamento in italiano di “Suspicious Minds” di Elvis Presley, scritto per il King nel 1968 da Mark James. Fu l’ultimo numero uno in classifica negli Stati Uniti di Presley.

Restando sempre nel mondo dei grandi cantautori anche Antonello Venditti si è cimentato in un’operazione di traduzione. La sua scelta è caduta su “Don't Dream It's Over” un singolo dei neo zelandesi Crowded House (firmato dal loro leader Neil Finn) pubblicato nel 1986 che nella versione del musicista romano diventa “Alta Marea” e finisce nel disco “Benvenuti in paradiso” del 1991, brano divenuto, a differenza dell’originale, un successo.

Zucchero è uno dei più apprezzati musicisti italiani all’estero, spesso collabora e si confronta con illustri “colleghi” di oltre confine. Da questo scambio è nata “Indaco dagli occhi del cielo” estratta dall'album “Zu & Co.” del 2004 dove era eseguita in duetto con Vanessa Carlton. Il brano originale è “Everybody's Got to Learn Sometime” degli inglesi Korgis del 1980.


Da segnalare ancora che “Questione di sguardi” cantata da Paola Turci nel 2000 è la versione in italiano di “This kiss” di Faith Hill del 1998. Sempre per la cantautrice romana “Sai che è un attimo” del 1997 è la trasposizione in italiano di “Time for letting go” di Jude Cole del 1990, mentre “I should have know better” di Jim Diamond del 1984 la Turci la traduce nel 1997 in “È solo per te” nell'album "Oltre le nuvole".

Alcune curiosità.

C’è un impensabile legame tra Marco Masini e i Metallica. L’azzeramento dei sei gradi di separazione tra i due avviene con “E chi se ne frega” del sempre sobrio cantautore fiorentino che altro non è che la traduzione di “Nothing Else Matter”, successo planetario dei Metallica. Sorprendente è invece scoprire che esiste un legame tra i Green Day e Mino Reitano. Il cantante calabrese, non senza ironia, ha tradotto “Basket case” della band americana, che nelle sue mani è diventata “Mino dove vai”



Infine tre segnalazioni: “Le ali della mente” di Mia Martini altro non è che la versione in italiano di “Little Wing” di Jimi Hendrix e la poco nota “Dove sei” dei Kaigo (1999) è quella di “Lovely day” di Bill Withers del 1977, mentre “Ciao american dream” è la versione di Mario Venuti di "Ashes of American Flag" dei Wilco.

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