MUSICA




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Raffaella Carrà si definiva «icona gay suo malgrado»

«Raffaella Carrà», prosegue Armelli, «riuniva nella stessa persona tutte queste caratteristiche. Si definiva tuttavia «icona gay suo malgrado», nel senso che non fece nulla di espressamente gay-friendly per ricevere un simile onore (e onere). Le persone ****** però, la riconobbero subito e ne furono folgorati. Come quando si distingue tra la folla un volto familiare», scrive lo scrittore nel libro. «Raffaella raccontava: Ho cominciato a capire il mondo gay dalla prima “Canzonissima”, quando iniziai a ricevere lettere di ragazzi disperati per le incomprensioni con la famiglia, pronti a uccidersi. Per un’artista come lei, circondata da ballerini, coreografi, truccatori e tanti altri artisti molti dei quali gay, la mancata accettazione, dolorosissima, da parte dei genitori di questi ragazzi era qualcosa di incomprensibile. Allora Raffaella rispondeva, scriveva ai fan che non c’era nulla di sbagliato in loro, che dovevano «accettarsi»: una Gay helpline ante litteram”.


A suggellare il legame tra un’icona gay e la propria fanbase, vi è spesso proprio questo ruolo di madre adottiva e affettuosa portavoce delle istanze e della sofferenza della comunità lgbtq+. «Durante i primi anni dell’epidemia di HIV, fino al 1987, il governo americano omise criminosamente non solo di affrontare, ma addirittura di menzionare il problema HIV, derubricandolo come problema di serie B, con le tragiche conseguenze che tutti conosciamo», ricorda Walt Odets, autore di Out of the Shadows, The psychology of gay men’s lives. «In quegli stessi anni, Liz Taylor si spese personalmente per colmare quella lacuna comunicativa, soprattutto quando il suo grande amico Rock Hudson scoprì di essere anche lui contagiato. Contribuendo come pochi altri a combattere lo stigma, si fece molto più che portavoce dei gay: si presentò come loro amica».


«Il legame tra un fan gay e la sua gay icon, a pensarci bene, altro non è che una forma di amicizia, seppur vissuta a distanza, simile a quelle che gli uomini gay solitamente costruiscono, nella loro vita quotidiana, con certe donne emancipate, forti e indipendenti nella loro famiglia o nella loro cerchia di amicizie», prosegue lo psicologo. «A legarli è un legame solido, speciale, che scaturisce dall’incontro di due sensibilità – quella gay e quella femminile – altamente compatibili, capaci di interagire in maniera proficua e profonda, grazie anche ad una comune inclinazione a vivere vite interiori complesse, statisticamente più rara tra gli uomini eterosessuali».