MUSICA




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​​​​​​​Parliamo dei nostri gusti musicali
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Chi sono le icone gay?

Cos’è quel quid, quel fluido magico, che scorre nelle vene di alcune celebrity, soprattutto cantanti e attrici, che le qualifica come icone gay? L’annosa questione, dibattuta per decenni da antropologi, sociologi e storici del costume, annega nell’ineffabile. Eppur qualche tratto ricorrente tra le varie “divine” che si sono succedute nei decenni è possibile scorgerlo. Il primo che balza agli occhi è la forza: molte di loro, Madonna, Lady Gaga, Naomi Campbell ne sono un esempio, si presentano come donne indipendenti ed emancipate, simboli viventi di ribellione a quel sistema patriarcale che, storicamente, opprime in simil misura donne e uomini non eterosessuali. Jack Guinness, autore di The ***** bible (Harpercollins publisher), spiega la cosa scomodando il subconscio. «Spesso vittima in gioventù di bullismo e discriminazione per il proprio lato femminile, l’uomo gay, in una sorta di transfert psicologico, deputa a queste donne vigorose e corazzate, che brandiscono la loro femminilità come un’arma, il proprio riscatto».

«La ricorrenza dell’attributo della forza tra le icone gay non deve tuttavia indurre a credere che tutte siano figure vincenti. Al contrario, molte di loro, si pensi a Lady D, Maria Callas e Liza Minnelli, presentano, nella loro biografia, pagine di grande sofferenza», osserva Paolo Armelli, autore de L’arte di essere Raffaella Carrà (Blackie Edizioni). «Punite per essersi ribellate al sistema, alcune di queste figure femminili ne escono schiacciate, se non addirittura – è il caso di Giovanna d’Arco, anch’essa indiscussa icona gay – **** vive. Gli uomini gay, riconoscendosi in quel dolore, non esitano a includerle nel loro pantheon». L’icona gay, osserva inoltre lo scrittore, è poi tradizionalmente una figura glamorous, camaleontica, trasformista: attraverso gli abiti, più o meno pacchiani, incarna la possibilità di trasformarsi in qualcosa di diverso e meraviglioso dove non c’è spazio per imbarazzo e vergogna. Outfit audaci, con tutte le gradazioni dal fabulous all’ improbabile, che paiono gridare al mondo: Sono così, prendere o lasciare. Un messaggio confortante per chiunque, prima del coming out, viva nell’angustia dell’armadio: ogni bocciolo, anche il più insignificante e grinzoso, può trasformarsi un giorno nel fiore più bello del giardino. (Una caratteristica, quella dell’uso dell’abito a fini trasformativi e come espressione di auto-accettazione, portata all’estremo dalle drag queen, molte delle quali non a caso, si pensi alla musa di John Waters Divine, “la drag queen del secolo”, sono state in passato insignite dalla comunità lgbtq+ del divino titolo).