Cesare Cremonini racconta come scrisse “50 Special” dei Lunapop
Cesare Cremonini racconta come scrisse “50 Special” dei Lunapop
Tutto “merito” di una chitarra sfasciata dalla mamma…
Nelle settimane precedenti avevo passato intere giornate a strimpellare un giro di chitarra che mi piaceva un sacco. Era molto semplice, e sembrava non stancarmi mai.
Sol, Do, Mi minore, Re, Do, Sol, Re. Quattro accordi che si intrecciavano e inseguivano a vicenda come in un mantra dalle chiare influenze beat.
Sarei andato avanti ancora per chissà quanto tempo a suonare e risuonare quel giro alla chitarra senza trovarne il senso, se mia madre non me l’avesse distrutta qualche giorno prima sulla schiena.
Così, in un normalissimo pomeriggio di fine aprile, mentre il sole fuori dalla finestra mostrava a tutti di cosa era capace quando si impegnava, mi sedetti al pianoforte cercando una strada alternativa a quella che mi aveva tenuto fermo per tanto tempo su quegli accordi.
Fu proprio la necessità di trasporre dalla chitarra al piano il motivo che mi girava in testa a segnare la svolta. Anche in questo caso, come per “Vorrei”, un incidente, un imprevisto che mi aveva messo in difficoltà fu la chiave per aprire la porta dietro cui mi aspettava una canzone. Per “Vorrei” era stata una cassetta dei Queen rovinata, per “50 Special” fu la chitarra devastata dall’ira funesta di mia madre.
Scrissi su un foglio le prime parole che mi vennero in mente: mi ricordai di alcuni brani di “Jack Frusciante”, il libro di Enrico Brizzi, e dell’idea che mi era venuta, leggendolo, di scrivere una canzone dedicata al mio amore per le Vespe.
Cercai di tirarmi su di morale pensando a quando finalmente la scuola sarebbe finita e sarei potuto uscire di casa.
Vespe truccate anni ‘60
Girano in centro sfiorando i novanta
Rosse di fuoco, comincia la danza
Di frecce con dietro attaccata una targa
Ovviamente le Vespe di cui parlavo erano le nostre, quelle con cui io e Gabriele ci sfidavamo in continuazione per le vie del centro, fin da quando avevamo quindici anni. La mia era tutta rossa, e per questo mi venne in mente il fuoco. La prima immagine che visualizzai per descrivere le nostre scorribande stradali fu quella di una danza tribale di frecce colorate, in giro per le vie del centro. Cominciai a canticchiare quei primi versi mentre battevo i tasti del pianoforte cercando di imitare il suono ritmato della chitarra che non avevo più. Nel frattempo le parole continuavano a uscire liberamente.
Dammi una Vespa, l’estate che avanza
Dammi una Special e ti porto in vacanza
Il resto della canzone era già lì da qualche parte, nascosto da chissà quanto tempo fra i miei pensieri, o nell’aria di quella primavera che preannunciava un’estate bollente.
Bastava dare un’occhiata al cielo azzurro che brillava oltre il vetro della finestra alle mie spalle per finire il pezzo.
Quale simbolo migliore dei colli della mia città per descrivere la voglia di fuggire lontano, il bisogno di lanciarmi a rotta di collo giù per discese immerse nel verde? Il ritornello di “50 Special” sbucò fuori quasi dal nulla, sospinto da una lucida, inequivocabile e sincera convinzione: quel giorno mi sarebbe bastato salire sulla mia Vespa per gettarmi alle spalle ogni problema!
Ma quanto è bello andare in giro con le ali sotto ai piedi
Se hai una Vespa Special che ti toglie i problemi
Ma quanto è bello andare in giro per i colli bolognesi
Se hai una Vespa Special che ti toglie i problemi
Poi il bridge, che riassumeva la mia condizione, in poche lapidarie parole.
La scuola non va, e ho una Vespa
Una donna non ho, è la mia Vespa!
Domenica è già, e una Special
Mi porterà-à-à dove mi va (fuori città)
In un attimo, e senza troppi sforzi, la canzone fu pronta.
Diciotto anni per trovarla e cinque minuti per scriverla!