Due anni di pausa, di profondo ripensamento, forse solo una fase di crescita ma in qualche modo anche la necessità di capirsi e conoscersi meglio. Tredici Pietro, il rapper di San Lazzaro di Savena, il tredicesimo del suo collettivo nel paesino alle porte di Bologna, torna con un singolo intitolato Big Panorama che contiene una serie di riflessioni su quanto ha vissuto in questi mesi. Un testo in cui si mette a nudo e in cui, per la prima volta, nomina il padre famoso, Gianni Morandi, confessando di averne subìto l’influenza, però anche in modo pesante. Il padre ci sarà anche nel video, nel quale Pietro appare coperto di sangue come dopo un pestaggio.
Perché questa foto che annuncia il video?
“La ragione è cinematografica, ho scritto il video insieme a Enrico Rassu che è il direttore creativo di questo progetto basandomi su un’esperienza di vita reale, che è il finire al pronto soccorso ma per situazioni diverse, non per essere stato pestato. Diciamo che un fatto reale è stato portato alle estreme conseguenze per renderlo chiaro, non ero ridotto come in quell’immagine, diciamo però che ero pestato dentro”.
Big Panorama rappresenta dunque per lei un periodo travagliato.
“Esattamente, come la vita di tutti. A me piace molto il concetto di crisi che hanno i cinesi: lo vedono solo come il punto da cui si risale, è molto bello, fascinoso e interessante, molto più di come lo intendiamo noi, che tendiamo ad avere un atteggiamento più depressivo. Dal punto più basso si può soltanto uscire e risalire e Big Panorama è il ritorno dopo due anni. La copertina non sarà la foto con il sangue ma un dettaglio di oggetti di scena nel pronto soccorso, sarà un brutto panorama ma è pur sempre ciò che in quel momento ho potuto catturare”.
E’ la prima volta che in una canzone lei parla direttamente di suo padre, dice: “E sono il figlio di Gianni, non so perché ci ho sofferto”.
“Mi sembrava una divagazione necessaria. L’ho anche coinvolto nella realizzazione del video. Volevo fargli dire proprio quella frase, che fosse il demone che si autorappresentasse, quella figura paterna che tutti hanno da sconfiggere in qualche modo e hanno anche a protezione. Penso ci siano passati tutti quelli che hanno avuto la fortuna di avere un padre. Io ho sempre cercato di nascondere l’essere ‘il figlio di’, poi è venuta fuori perché fa notizia, e io non posso non espiarla”.
L’ha capito perché ci ha sofferto?
“Essere un figlio d’arte, come si dice, vale un po’ come giocare una carta: da una parte è un enorme svantaggio, dall’altra un enorme vantaggio. Io l’ho sempre presa come un enorme svantaggio. Sul perché ci abbia sofferto è una cosa che non ho ancora capito, ci devo arrivare, se no l’avrei detto. Il prossimo pezzo forse ve lo saprò dire. Sicuramente a 26 anni è un percorso naturale di accettazione. Rimarrà per sempre una piccola croce, anche se forse croce è una parola esagerata, perché scatterà sempre il paragone anche se non ce ne sarebbe bisogno. Con mio padre siamo due mondi, due epoche e due stili diversi, al massimo possiamo essere vasi comunicanti ma è difficile fare un paragone tra noi”.
Su questo tema si è mai confrontato con suo fratello Marco?
“Non abbastanza. Abbiamo un bellissimo rapporto ma del lavoro nella musica non abbiamo mai parlato. Però lo farò, lo prendo come un consiglio per il futuro”.
Che rapporto ha con suo padre? All’inizio della sua carriera lei appariva con lui sui suoi social.
“Mio padre posta quotidianamente, quindi inevitabilmente ogni tanto apparivo. Avessi voluto entrare attraverso quel canale ce ne sarebbero stati mille modi ma mi sono sempre defilato, cercando di fare da solo, e credo che la gente se ne sia accorta. Vivo per conto mio da 4 anni e sono del tutto autonomo, però questa nuova canzone affronta in parte anche questo tema quindi ecco il perché c’è quella frase che tocca tangenzialmente anche il rapporto con mio padre”.
Nel testo lei parla sinceramente della “droga che ti illude, il fumo, le turbe, le bestie nella testa, il rapporto che si inceppa, la camera che si infesta”: quanto c’è di autobiografico?
“Nella mia vita ho avuto a che fare con tante persone e tante sostanze diverse, e con tante persone che ne abusano, e anch’io ho avuto i miei incontri. Non necessariamente io qui parlo di ciò che so e ciò che riconosco. Rischi di perdere tante persone e che sprechino la loro vita. In questo caso è più uno specchio e non vuole parlare solo di me, ma anche di ciò che ho visto”.
Molti giovani artisti con un percorso simile al suo in questo periodo non hanno retto la pressione e hanno deciso di prendersi una pausa, da cosa dipende?
“Io penso che siamo tutti lì, allo stesso punto, soprattutto quelli della mia generazione, anche se non credo che ci sia qualcuno esentato. Noi ventenni, ma anche noi tutti abitanti di questo mondo, siamo la prima generazione che si confronta con questo nuovo tipo di comunicazione globale, che ci obbliga a riformularci, e intanto però ne subiamo le conseguenze. Ne sono un esempio le belle vite che ci vengono messe davanti, tutti desiderosi di qualcosa che nemmeno chi lo ha se lo sta davvero godendo, e nel frattempo tutti apatici nei confronti delle sofferenze nel mondo, perché muoiono 30 mila civili ma fino a 10 giorni prima c’era la guerra in Ucraina e ora sembra non esserci più. Sangiovanni ha fatto bene a fermarsi se non sentiva in questo momento il bisogno di esprimersi. Io sento il bisogno di parlare ancora più chiaro, ed essere ancora più sincero”.
Per dire cosa?
“Per rivolgermi a chi fa un tipo di musica che punta a ostentare, che descrive solo il lato materiale: è un limite che possiamo superare. La trap descrive la superficie, ora è il tempo di scavare, la strada l’hanno indicata dischi come Persona di Marracash”.
Nel testo parla di guru e fattucchiere online, a chi si riferisce?
“I guru sono i nuovi profeti, i venditori di sogni, quelli che ti mostrano la loro vita di successo offrendone solo la parte migliore. Fuffa. Le fattucchiere sono le ragazze che vendono la loro immagine, il loro corpo, dieci secondi che vorrebbero dire una vita e invece ne sono solo una minima parte, e poi ’sti rapper orologiai con il macchinone: perché non raccontare anche il resto, il picco minimo, il naturale down che, a quanto pare, non esiste e invece a me come a tanti ha messo in difficoltà? E’ questo il lato che manca al social, sarebbe rassicurante sapere che esiste un ciclo, una sinusoide, nelle vite di tutti”.