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Il cantante indiano che su Spotify batte Beyoncé e Billie Eilish

Il cantante indiano che su Spotify batte Beyoncé e Billie Eilish
La storia, tutta da scoprire, di Arijit Singh, la più grande popstar che l’India abbia mai avuto.


Di Mattia Marzi

Nell’ultima settimana è stato il quattordicesimo artista più ascoltato a livello mondiale su Spotify, superando - tra gli altri - Kendrick Lamar, Lana Del Rey, la star portoricana Rauw Alejandro, Rihanna, Billie Eilish, Beyoncé, Olivia Rodrigo, Eminem, Dua Lipa e pure i Coldplay. Nel corso dell’ultimo mese sono stati 38 milioni gli utenti che hanno ascoltato compulsivamente e costantemente le sue hit sulla popolare piattafoirma di streaming. Lui è Arijit Singh ed è forse la più grande popstar che la musica indiana abbia mai conosciuto. Sicuramente la più grande dell’era dello streaming. Nessuno come lui, tra i connazionali. Ammontano a 107,5 milioni i follower che lo seguono su Spotify: è il


terzo artista per numero di fan sulla piattaforma a livello globale, dietro a due superstar del pop occidentale come Ed Sheeran (113,6 milioni di followers) e Taylor Swift (108,2 milioni di followers) e davanti ad Ariana Grande (96 milioni di fan), Billie Eilish (93,6 milioni di fan), Drake (87 milioni di follower) e Eminem (83 milioni di seguaci). Cifre alle quali bisogna aggiungere quelle del canaleYouTube ufficiale, che conta oltre 4 milioni di iscritti e 2,5 miliardi di visualizzazioni complessive. “Mi sono avvicinato alla musica perché la amavo, non perché volevo essere famoso. La mia carriera di cantante è esplosa per caso”, dice lui, che in diciotto anni di carriera ha inciso la bellezza di 655 canzoni (praticamente una media di 36 canzoni all’anno), tutte interpretate in lingua hindi e in lingua bengali (le più parlate in india) e quasi tutte destinate alle colonne sonore di film e serie tv indiane, a Forbes India.

Classe 1987, Arijit Singh è nato a Jianganj, nel Murshidabad, nel Bengala occidentale, da padre di religione sikh punjabi (sono aderenti al sikhismo che si identificano etnicamente, linguisticamente, culturalmente e genealogicamente come punjabi - sono il secondo gruppo religioso più grande dei Punjabi, dopo i musulmani punjabi) e da madre di religione hindu. È cresciuto in una famiglia di musicisti - la nonna materna cantava, suo zio materno era un suonatore di tabla e così anche sua madre - ascoltando tanto Mozart e Beethoven quanto popstar indiane come Kishore Kumar, una sorta di Domenico Modugno indiano. Nel 2005 si presentò ai provini del talent show indiano “Fame gurukul”, dedicato alle promesse della musica classica indiana.


Fu il suo insegnante di musica, Rajendra Prasad Hazari, a insistere affinché si iscrivesse alle selezioni, perché “la musica classica era una tradizione in via di estinzione”, che andava preservata e tramandata alle nuove generazioni. Non fu un successo: .venne eliminato prima della finale. Ma Singh non si buttò via. L’anno seguente decise di partecipare a un altro talent show, “10 ke 10 - Le Gaye dil”. Andò decisamente meglio: vinse il premio in denaro di un milione di rupie indiane, l’equivalente di 11 mila euro. Una somma che Arijit decise di investire non in acquisti inutili, ma nella costruzione di uno studio di registrazione tutto suo a Mumbai, dove cominciò a comporre jingle per pubblicità, sigle tv e canzoni per il cinema, facendosi largo a Bollywood come doppiatore di film.


Fu Pritam Chakraborty, star del cinema indiano, tra i compositori più premiati di Bollywood, a intuire le sue potenzialità, incitando Arijit a non limitarsi a doppiare gli attori, ma a cantare anche le canzoni che componeva. La svolta arrivò nel 2013 con “Tum hi ho”, contenuta nella colonna sonora del film “Aashiqui 2”, musical drama diretto da Mohit Suri, sequel del classico del cinema indiano degli Anni ’90 “Aashiqui”, che era a sua volta un adattamento bollywoodiano di “A star is born”, storia di una star della musica che perde tutto a causa della dipendenza dall’alcol ma ritrova l’entusiasmo grazie all’amore per la giovane Aarohi, promettente cantante che prende sotto la sua ala protettiva.


Del film - che venne realizzato con un budget pari a 2,3 milioni di dollari e ne incassò 14, quasi sette volte la cifra investita - “Tum hi ho” era praticamente il corrispettivo di quella “Shallow” che Lady Gaga e Bradley Cooper avrebbero inciso per il remake occidentale di “A star is Born”: .a distanza di dieci anni dall’uscita il brano conta su Spotify 240 milioni di streams e il video 400 milioni di visualizzazioni su YouTube. La canzone vinse tutto ciò che avrebbe potuto vincere quanto a riconoscimento del cinema indiano. Niente sarebbe stato più lo stesso nella vita di Arijit Singh, l’ex ragazzo di provincia diventato il cantante più richiesto da produttori, registi, attori.


Cresciuto in provincia, lontano dai grandi centri, dopo il grande successo Arijit Singh ha fondato una ong chiamata “Let There Be Light”, attraverso la quale aiuta i meno fortunati attraverso la distribiuzione di cibo, medicinali, vestiti e libri. Nella sua musica, però, non c’è alcuna forma di impegno: le sue canzoni, diventate un must nelle colonne sonore dei film romantici e musicali di Bollywood, da “Channa mereya” (194 milioni di streams su Spotify) a “Ae Dil Hai Mushkil” (189 milioni di streams), parlano tutte d’amore.


Da quattro anni è l’artista indiano più ascoltato su Spotify (le città in cui conta il maggio numero di ascoltatori sono Delhi, Mumbai, Pune, Bengaluru e Hyderabad). Lo scorso 27 aprile circa 20 mila spettatori hanno riempito la Coca-Cola Arena di Dubai, negli Emirati Arabi Uniti, per il suo show. Tra i sogni nel cassetto c’è un duetto con i Coldplay: nel 2017 Chris Martin cantò sul palco del Global Citizen Festival in India la sua “Channa mereya”. Ad agosto sarà in concerto nel Regno Unito per tre date, una a Manchester (l’11 agosto), una a Birmingham (16 agosto) e una alla O2 Arena di Londra (17 agosto). Chissà che in una di queste occasioni Martin non gli faccia una sorpresa.