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Avincola: “Il pop italiano è piatto: servirebbe uno come Carella”

Avincola: “Il pop italiano è piatto: servirebbe uno come Carella”
L'intervista al cantautore romano, che sta omaggiando il compianto artista di "Barbara" in tour.


Di Mattia Marzi
“Non so per quale motivo, ma ho sempre subito il fascino degli outsider, degli artisti rimasti nell’ombra. Carella è uno di questi. Un genio che però non ha avuto il giusto riconoscimento”, dice Simona Avincola, per gli amici semplicemente Avincola, cantautore romano classe 1987 che negli anni si è ritagliato un posto tutto suo tra i protagonisti della nuova scuola capitolina. E così dopo aver omaggiato nel 2013 Stefano Rosso, artista di culto della scena cantautorale romana, scomparso nel 2008, con il docu-film “L’ultimo romano”, ora Avincola omaggia Enzo Carella. Lo fa con un tour, intitolato semplicemente “Avincola canta Carella”, nel quale il cantautore visto in gara tra i giovani al Festival di Sanremo nel 2021 con la sua “Goal!” reinterpreta sui palchi dei club i brani del repertorio del compianto artista di “Barbara” (dopo il debutto dell’1 marzo all’Asino che Vola di Roma, il tour farà tappa il 10 aprile allo Spazio Webo di Pesaro, l’11 aprile all’Apollo di Milano e il 12 aprile al Cap10100 di Torino).

Perché Carella?
“Perché se lo merita. Certe sue canzoni sembrano arrivare non da ieri, ma da domani. Sono convinto che l’ultimo disco che ha inciso, ‘Ahoh Ye Nànà’, è una sorta di messaggio in una bottiglia che arriverà alle generazioni future e che sarà in qualche modo riscoperto. È sempre stato uno avanti, troppo avanti, sin da quando nel 1977 debuttò con ‘Vocazione’. In ‘Sfinge’, nel 1981, anticipò quelle che sarebbero state le tendenze degli Anni ’80. E probabilmente anticipò anche Lucio Battisti”.


Addirittura?
“Credo di sì. Cominciò ad inserire elementi di funk nei suoi dischi prima di lui. ‘Barbara e altri Carella’ uscì nel 1979, un anno prima di ‘Una giornata uggiosa’”.

Il trait d’union tra i due fu Pasquale Panella, che per te ha scritto il testo di “Barrì”, contenuta nel tuo ultimo album omonimo. Cosa ti ha raccontato di Carella?
“Che Enzo amava alla follia il suo album ‘Se non cantassi sarei nessuno: l’Odissea di Panella e Carella’, che aveva composto insieme a lui nel 1995. Alcuni suoi vinili sono difficili da reperire, ristampe a parte. Fortuna che qualche santo ha caricato le registrazioni su YouTube. Carella ha avuto un repertorio incredibile, per certi versi futurista. Il concerto-tributo è una sorta di antologia: facciamo brani tratti da ogni disco, a partire da ‘Malamore’. Ho avuto la fortuna di conoscere anche la famiglia di Enzo. Merito di Maccio Capatonda, che anni fa lo cercò per avere una sua canzone in un film. Gli rispose il nipote: ‘Zio sta poco bene’, gli disse. Se ne andò poco dopo”.



La famiglia ti ha per caso detto se ci sono inediti?
“Qualcosa c’è, sì. Del resto era stato lo stesso Carella a raccontare su Facebook di aver ritrovato dei vecchi provini inediti”.

Ti piacerebbe inciderli?
“Sarebbe una responsabilità enorme”.


Il tuo amico Morgan si è autocandidato come direttore artistico di Sanremo. Potresti presentargli una di quelle canzoni.
“Per me sarebbe bello tornare al Festival in generale. Farlo con un pezzo di Carella sarebbe meraviglioso: un regalo ai carelliani. Quantomeno, tra gli autori delle canzoni ci sarebbe un nome diverso, visto che ultimamente girano sempre gli stessi”.

Carella è pop?
“Secondo me sì. Può essere affascinante sotto tanti punti di vista. Oggi un personaggio come lui sarebbe una hit. E nella musica pop italiana di oggi, così piatta a livello di testi, un Carella servirebbe: darebbe al pubblico qualcosa in grado di destabilizzarlo”.