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Walter Chiari avrebbe 100 anni, talento e sregolatezza

Walter Chiari avrebbe 100 anni, talento e sregolatezza
Mattatore in tv, comprimario al cinema, tra scandali e successo


di Giorgio Gosetti



In occasione del centenario dalla nascita la cultura italiana si ricorda, dopo un lungo e ingiusto oblio, di Walter Michele Armando Annichiarico in arte Walter Chiari.

Veronese di nascita (8 marzo 1924), pugliese di origini, (il padre Carmelo era brigadiere di pubblica sicurezza e veniva da Grottaglie), milanese d'adozione, senza radici con la sua natura artistica cosmopolita, Walter Chiari rimane unico e indefinibile nel suo percorso d'attore. Ha fatto 112 film, ma il cinema italiano non lo ha mai veramente adottato nonostante l'esordio già nel 1946 ("Vanità" di Giorgio Pastina), la chiamata di Luchino Visconti ("Bellissima", 1951) il successo personale con Blasetti ("Io, io, io e... gli altri", 1966). In teatro è stato mattatore della commedia musicale e del teatro di rivista (incredibili i suoi successi tra "Buonanotte Bettina", "Il gufo e la gattina", "Un mandarino per Teo" a cavallo tra gli anni '50 e '60), ma anche carismatico attore di prosa (da "La strana coppia" con Renato Rascel nel 1966 a "Finale di partita" da Beckett vent'anni dopo).

Deve il suo successo soprattutto alla tv di cui divenne protagonista fisso fin dal 1958 quando apparve insieme a Carlo Campanini con il suo cavallo di battaglia, "Il Sarchiapone" che ogni volta riproponeva con aggiunte, modifiche, invenzioni in un flusso continuo di improvvisazione. Da allora e per oltre 10 anni fu un geniale mattatore e sperimentatore tra "Studio Uno" con Antonello Falqui regista, "Canzonissima" con Mina e Paolo Panelli, fino a "Speciale per voi". Proprio in quello studio, nel 1970, fu raggiunto dalla polizia con l'accusa di detenzione e spaccio di droga, rimanendo poi in carcere per 98 giorni finché venne assolto dall'accusa di spaccio ed ebbe la condanna con la condizionale per uso di stupefacenti. Anni dopo ammise senza nascondersi di aver fatto uso di cocaina, raccontando che fin dal primo dopoguerra ne circolava molta in teatro ("i ballerini che dovevano reggere Wanda Osiris si aiutavano così tutte le sere"), ma che mai e poi mai ne era stato dipendente o spacciatore. Per dieci anni la Rai gli chiuse tutte le porte, mentre l'opinione pubblica sembrava non perdonargli una vita fuori dalle regole, mentre il cinema e le nascenti emittenti private non gli offrirono l'opportunità di tornare a cavalcare il successo di un tempo. Quando le cose sembrarono tornare a girare per il verso giusto, nel 1985, ancora una volta un pentito - lo stesso che accusava Enzo Tortora - lo rimandò davanti ai giudici accusandolo nuovamente di commerciare cocaina. Assolto già in istruttoria, Walter Chiari uscì comunque distrutto da quella vicenda e da allora cominciò un declino concluso, la notte dal 19 dicembre 1991, da un infarto. Venne ritrovato senza vita il mattino dopo nel suo residence milanese.


Per capire che cosa facesse di Walter Chiari un interprete unico e irripetibile sulla scena italiana bisogna frugare nella sua controversa e complessa storia di formazione. Studente ribelle a Milano dove la famiglia si era trasferita quando il piccolo Walter aveva nove anni, lasciò presto gli studi dividendosi tra mille lavori (magazziniere, elettrotecnico, impiegato di banca, cronista, caricaturista) e una promettente carriera sportiva: era un buon pugile leggero, ma fu costretto a lasciare dopo il titolo di campione lombardo dei Pesi Piuma nel 1939, tennista, nuotatore, perfino campione di bocce. Ripresi gli studi, prese il diploma al liceo scientifico, ma fu costretto dalla guerra ad abbandonare l'università nel 1943. Proprio quel drammatico momento della storia italiana segnò i suoi anni successivi: si arruolò nella X Mas della Repubblica Sociale, fu chiamato dall'esercito tedesco finendo in Normandia e poi catturato dagli alleati che lo condussero a un campo di prigionia vicino a Scandicci. Con il 1946 tornò un uomo libero e tornò al teatro, facendosi immediatamente notare da una regina della rivista come Marisa Maresca che lo volle nel cast di "Se ti bacia Lola". Si trasferì a Roma imboccando definitivamente la carriera dell'attor comico di rivista. Grazie a un talento naturale, ad un'affabulazione da grande improvvisatore, a una perfetta capacità di imitare i più diversi dialetti, costruì rapidamente una maschera originale, poi sfruttata al meglio in tv. Era insomma un istrione fuori tempo, capace di superare ogni limite (i suoi per primo), affamato di consenso e amore.

Appariva in scena sempre con l'aria smarrita dello studente impacciato, per poi provocare risate e affetto senza misura. Nella tv degli anni '60 generò un autentico cataclisma grazie alla sua capacità di essere internazionale e locale insieme, con un'arte della sperimentazione che ben si addiceva a quella fase innovativa della giovane televisione di stato; al cinema fu meno fortunato perché quasi sempre fu relegato a ruoli di comprimario, quasi che i suoi registi (spesso anche di grande caratura come Monicelli, Damiani, Steno, Risi, Scola, perfino Orson Welles) non credessero in lui come protagonista. Di lui, alla fine, più che il talento si celebrano gli amori (tantissimi per lo scapolo più invidiato d'Italia da Elsa Martinelli a Ava Gardner fino al tempestoso matrimonio con Alida Chelli e all'ultima compagna Patrizia Caselli), gli eccessi, la simpatia contagiosa. Milano gli ha dedicato un parco, il figlio Simone lo ha raccontato in un bel libro che ne ripercorre vita e carriera, lui stesso si è rappresentato nello zibaldone televisivo "Storia di un altro italiano" con Tatti Sanguineti; adesso i canali tematici Rai ripropongono alcune delle sue più riuscite improvvisazioni. È stato un eroe popolare, semplice e profondo, bugiardo e dissipatore, svagato e irregolare. Comunque sempre unico e la sua eredità trova fedeli epigoni (Teo Teocoli in primis), ma nessun vero successore.