MUSICA




​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​
​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​
​​​​​​​​​​​​​​
​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​
​​​​​​​​​​​​​



​​​​​​​Parliamo dei nostri gusti musicali
​​​​​​​

​​​



MUSICA
Start a New Topic 
Author
Comment
Una cartolina dal New Jersey firmata Bruce Springsteen

Una cartolina dal New Jersey firmata Bruce Springsteen
Il 5 gennaio 1973 il Boss pubblicava il suo primo album, "Greetings from Asbury Park, N.J."

Una cartolina dal New Jersey firmata Bruce Springsteen


Di Redazione

Il 5 gennaio 1973 Bruce Springsteen pubblicava il suo primo album, "Greetings from Asbury Park, N.J.". Fu il primo capitolo della carriera di uno dei più grandi artisti espressi dalla musica moderna americana. Questa, a seguire, è la nostra recensione di quel disco.


“Madman drummers bummers and Indians in the summer with a teenage diplomat/ In the dumps with the mumps as the adolescent pumps his way into his hat”. Bastano pochi secondi, questo scioglilingua messo in apertura del disco come intro di “Blinded by the light”, per togliere il fiato all’ascoltatore.


Quando Bruce Springsteen debutta è ancora lontano dall’essere il futuro del rock ’n’ roll, con questa cartolina dal natìo New Jersey presenta il suo mondo e si presenta al mondo.


Per eccesso di entusiasmo, e per dinamiche industriali, non tutte le parole e i suoni sono già quelli giusti per farsi capire dal grande pubblico. Ma lo Springsteen che conosciamo e amiamo è in larga parte, in “Greetings From Asbury Park N.J.”: non è un caso che almeno 7 di queste 9 canzoni siano poi comparse con una certa regolarità nelle sue scalette anche in anni recenti. E che una, “Spirit in the night”, sia stata per anni il cardine della prima parte dei suoi show, il momento cui il Boss rompe il fiato e inizia la rituale benedizione al suo pubblico adorante.


Quando arriva al disco di debutto, Springsteen ha già alle spalle una gavetta di anni, prima come leader di un band liceale, poi come rocker capellone nei bar di Asbury Park, quindi come cantautore più intimista.


Una storia nota, che l'autobiografia “Born to run” e la raccolta “Chapter and verse” raccontano bene - in particolare quest’ultima, con la pubblicazione ufficiale delle prime incisioni pre-debutto. E’ nella veste di cantautore che Springsteen nel ’72 si presenta a John Hammond, grazie al lavoro del suo manager Mike Appel. Hammond lo mette sotto contratto per la CBS, inaugurando un rapporto che durerà fino ai giorni nostri e diventerà uno degli ultimi casi di artista-simbolo di una casa discografica. Ma le prime mosse sono davvero complicate e generano tensioni tra tutte le persone coinvolte: quel futuro non si vede neanche in lontananza. Hammond e Appel vorrebbero che il primo disco di Springsteen venisse registrato da solista, il futuro Boss vuole registrare con la band - ma la E Street non è ancora abitata dal nucleo di musicisti che lo accompagneranno negli anni a venire. Ai 914 Studios di New York ci sono con lui solo Clarence Clemons e Garry Tallent. Little Steven Van Zandt è accreditato solo per gli effetti su una canzone. Ci sono David Sancious alle tastiere (poi una carriera come sessionman e membro della band di Sting e Peter Gabriel) e Vini 'Mad Dog' Lopez alla batteria (oggi non suona più, fa il caddy, ogni tanto però Springsteen lo richiama sul palco come ospite).


Quando Clive Davis, il leggendario boss della CBS, sente le prime canzoni fa la classica obiezione da discografico: manca il singolo. Rispedisce Springsteen in studio, che torna con "Blinded by the Light" e "Spirit in the Night”. Il risultato è un disco che unisce le due anime, il rock arrembante (e verboso), con quella da “nuovo Dylan” di “Mary Queen of Arkansas” e “The angel”. Springsteen avrebbe scelto in maniera netta quale anima preferire: non a caso, queste ultime sono le due canzoni che Springsteen non suona più.


A partire dalla copertina, che riprende le storiche cartoline americane, “Greetings” è una galleria incredibile di personaggi e luoghi: dal Greasy Lake di “Spirit in the night”, alle persone che Springsteen ha incontrato e che vuole raccontare: Crazy Janey, Jimmy The Saint, Wild Billy, Hazy Davy, Killer Joe. Tutto il disco tradisce un’urgenza, un entusiasmo strabordante di idee, parole, scene, storie, soluzioni sonore che in giro al tempo non si vedevano. E infatti la critica, da Lester Bangs al decano Robert Christgau, lodò l’album. Anni dopo, Rolling Stone l’avrebbe inserito nella sua lista dei migliori 500 album di tutti i tempi.



Sarebbe rimasto però un segreto per pochi: il disco si sarebbe fermato alla 60° posizione in classifica. Il rock di Springsteen, ascoltato oggi con il senno di poi, ha già molto di quello che lo avrebbe fatto amare: “Growin’ up” è già una canzone perfetta, “For you” è commovente, “Lost in the flood” è epica, “Spirit in the night” trascinante. Ma è ancora tutto sotto traccia - e, al tempo, il senno di poi era poco utile.


“I stood stonelike at midnight suspended in my masquerade/I combed my hair till it was just right and commanded the night brigade”, canta Springsteen in “Growin’ up”. La brigata della notte si sarebbe formata solo con l’album successivo, “The wild the innocent & the E street shuffle”. Springsteen avrebbe avuto bisogno di crescere ancora, il successo sarebbe arrivato solo dopo molta fatica, un nuovo manager e un altro disco ancora. Ma “Greetings…” rimane ancora oggi uno straordinario ritratto dell’artista da giovane.