MUSICA




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Questi 10 album italiani compiono 50 anni nel 2024

Questi 10 album italiani compiono 50 anni nel 2024
Dalle "Invenzioni" di Zero alle hit di Raffaella Carrà: cosa succedeva nel pop italiano nel '74.

Questi 10 album italiani compiono 50 anni nel 2024

Di Mattia Marzi

Sono considerati dieci dischi seminali, per i rispettivi generi: il pop, il rock, il cantautorato. Uscivano tutti nel 1974: un’annata a quanto pare straordinaria, per la musica italiana. I dieci album che trovate qui sotto, nel 2024 compiranno tutti cinquant’anni tondi tondi: si va dalle “Invenzioni” zerofolli di Renato Zero all’”Anima latina” di Lucio Battisti, dalle “Canzoni” sugli ultimi di Fabrizio De André a quelle su “I buoni e i cattivi” di Edoardo Bennato, passando per le provocazioni di una debuttante Loredana Berté e del suo “Streaking” e quelle di una già matura Patty Pravo e del suo “Mai una signora”.


Claudio Baglioni - “E tu…”:

Ad appena due anni dalla consacrazione con “Questo piccolo grande amore”, il cantautore romano torna con un nuovo album, il quinto della sua carriera. Ma “E tu…” segna una sorta di spartiacque rispetto a quello che Baglioni aveva proposto fino ad allora, almeno musicalmente parlando: l’album fu arrangiato dal grande Vangelis Papathanassiou, in arte semplicemente Vangelis, ex tastierista degli Aphrodite’s Child, futuro Premio Oscar come compositore di colonne sonore (avrebbe vinto l’ambita statuetta nel 1982 per “Momenti di gloria”). Il musicista greco non si limitò ad arrangiare i brani, ma suonò anche la maggior parte degli strumenti: dai sintetizzatori all’organo Hammond, dal clavinet al pianoforte. L’album vendette 1,4 milioni di copie, trascinato soprattutto dall’omonimo singolo (che vinse il Festivalbar del 1974).

Lucio Battisti - “Anima latina”:

La voce trattata come uno strumento al pari degli altri, mixata a volume molto basso oppure coperta da effetti sonori, le canzoni che non seguono strutture classiche ma logiche tutte loro (la prima, “Abbracciala abbracciali abbracciati”, si spinge fino a 7 minuti di durata, come “Anonimo” e pure “Macchina del tempo”), i testi di Mogol che sono tra i più criptici ed enigmatici mai firmati dall’autore milanese: “Anima lattina” è “La fabbrica di plastica” ante-litteram di Lucio Battisti, che nell’album considerato tra i più affascinanti della sua discografia canta - e suona - la sua ribellione alla musica leggera.


Edoardo Bennato - “I buoni e i cattivi”:

Neanche il tempo di farsi conoscere da critica e pubblico - l’anno precedente aveva spedito nei negozi il suo album di debutto “Non farti cadere le braccia” - che Edoardo Bennato punta già a consacrarsi come uno dei cantautori più brillanti della sua generazione, con queste undici canzoni che compongono una sorta di concept sulla difficoltà di capire che cosa sia veramente il bene e che cosa sia il male e sulla necessità di dividere artificiosamente il mondo tra buoni e cattivi.

Loredana Berté - “Streaking”:

Il 1974 è anche l’anno in cui comincia a splendere una stella destinata ad essere tra le più ardenti del pop-rock italiano: quella di Loredana Berté. L’esordio con “Streaking” è all’insegna dello scandalo (il titolo indica la pratica esibizionista di irrompere completamente nudi nell’ambito di manifestazioni con grande presenza di pubblico). Il disco è un concept sulla sessualità vissuta in maniera libera e talvolta provocatoria (basti ascoltare pezzi come “Parlate di moralità” e “Volevi un amore grande”). L’ellepì fu censurato dalla Rai, non solo per le tematiche provocatorie affrontate nei testi (quello de “Il tuo palcoscenico” contiene addirittura la parola “*****”), ma anche per le fotografie della Berté nuda all’interno della copertina apribile.


Raffaella Carrà - “Felicità tà tà”:

Nel 1974 una 31enne Raffaella Carrà torna a condurre di uno dei programmi più seguiti della tv, “Canzonissima”, dopo aver affiancato tra il 1970 e il 1972 il grande Corrado. Parallelamente alla nuova esperienza in tv, la showgirl pubblica il suo sesto album, “Felicità tà tà”, intitolato come la sigla iniziale del programma. Ma se l’ellepì arrivò a vendere oltre 12 milioni di copie, non fu solamente per il motivetto composto da Gianni Boncompagni insieme a Dino Verde e Paolo Ormi: nel disco c’era anche quella “Rumore” - già proposta in una delle puntate di “Canzonissima” - destinata a diventare una delle hit più iconiche della mitica Raffaella.

Fabrizio De André - “Canzoni”:

Il settimo lavoro del grande cantautore genovese è considerato dalla critica un album di transizione: chiude l’era dei concept album e segna l’inizio della collaborazione con Francesco De Gregori - co-firma il testo di “Via della povertà”, adattamento in italiano di “Desolation row” di Bob Dylan - e dunque un’apertura alle sonorità e alle suggestioni del folk/rock di matrice anglosassone, che De André esplorerà nei successivi dischi composti insieme a Massimo Bubola.

Quello di “Desolation row” di Dylan non è l’unico adattamento in italiano di una canzone originariamente scritta e interpretata da un artista straniero: “Le passanti” sono quelle cantate da Georges Brassens nella sua “Les passantes” e dal repertorio del cantautore francese arriva anche l’altro inedito, “Morire per delle idee” (“Mourir pour des idées”).

Mia Martini - “È proprio come vivere”:

Dopo il trionfo dell’anno precedente di “Minuetto”, con la quale aveva vinto il Festivalbar e conquistato la vetta della hit parade, Mia Martini canta la sua maturità con canzoni come “Inno”, “E stelle stan piovendo”, “Un’età”, “Luna bianca” e “Ritratti della mia incoscienza”, firmate da autori come Maurizio Vandelli degli Equipe 84, Maurizio Piccoli e Alberto Salerno. Continuando a costruire il mito dell’interprete leggendaria che conquisterà tutti con “Gli uomini non cambiano”, “E non finisce mica il cielo” e “Almeno tu nell’universo”.

Mina - “Mina”:

La Tigre di Cremona continua a giocare in un campionato tutto suo. Arrivata al venticinquesimo album in appena quattordici anni di attività discografica (insieme a questo “Mina” nel 1974 arriva pure “Baby Gate”), con pezzi come “Due o forse tre”, “Tutto passerà vedrai”, “L’amore è un’altra cosa”, “Penombra” e “Mai prima”, firmate da penne come quelle di Andrea Lo Vecchio (nello stesso anno firma “Rumore”), Giorgio Calabrese e Franca Evangelisti, la cantante si conferma come una delle voci più preziose del pop italiano.

Patty Pravo - “Mai una signora”:

Il nono album della cantante veneziana arriva sull’onda del successo dell’anno precedente di “Pazza idea”: in “Mai una signora” Nicoletta Strambelli, che ha ormai chiuso definitivamente in sof***** i panni della ragazza ribelle dei tempi delle esibizioni al Piper di Roma, in piena beat-mania, continua a mischiare in brani come “Quale signora”, “La valigia blu” e “Come un Pierrot” sensualità e classe, affascinando.

Renato Zero - “Invenzioni”:

“Qualcuno mi renda l’anima”, “113”, “Inventi”, “Il tuo safari”, “Metrò”, “Depresso”: il personaggio di Zero continua a rendere Renato Fiacchini un oggetto non identificato per il pop-rock italiano, a un anno dall’esordio con “No! Mamma, no!”. Ci vorrà ancora qualche anno prima che il fenomeno Renato Zero conquisti tutti, con hit come “Mi vendo” e “Triangolo”: ma la zerofollia comincia a costruirsi, tassello dopo tassello.

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CLAUDIO BAGLIONI

FABRIZIO DE ANDRÉ

LOREDANA BERTÉ

MINA

RENATO ZERO
Dalle "Invenzioni" di Zero alle hit di Raffaella Carrà: cosa succedeva nel pop italiano nel '74.

Questi 10 album italiani compiono 50 anni nel 2024

Di Mattia Marzi
Sono considerati dieci dischi seminali, per i rispettivi generi: il pop, il rock, il cantautorato. Uscivano tutti nel 1974: un’annata a quanto pare straordinaria, per la musica italiana. I dieci album che trovate qui sotto, nel 2024 compiranno tutti cinquant’anni tondi tondi: si va dalle “Invenzioni” zerofolli di Renato Zero all’”Anima latina” di Lucio Battisti, dalle “Canzoni” sugli ultimi di Fabrizio De André a quelle su “I buoni e i cattivi” di Edoardo Bennato, passando per le provocazioni di una debuttante Loredana Berté e del suo “Streaking” e quelle di una già matura Patty Pravo e del suo “Mai una signora”.


Claudio Baglioni - “E tu…”:

Ad appena due anni dalla consacrazione con “Questo piccolo grande amore”, il cantautore romano torna con un nuovo album, il quinto della sua carriera. Ma “E tu…” segna una sorta di spartiacque rispetto a quello che Baglioni aveva proposto fino ad allora, almeno musicalmente parlando: l’album fu arrangiato dal grande Vangelis Papathanassiou, in arte semplicemente Vangelis, ex tastierista degli Aphrodite’s Child, futuro Premio Oscar come compositore di colonne sonore (avrebbe vinto l’ambita statuetta nel 1982 per “Momenti di gloria”). Il musicista greco non si limitò ad arrangiare i brani, ma suonò anche la maggior parte degli strumenti: dai sintetizzatori all’organo Hammond, dal clavinet al pianoforte. L’album vendette 1,4 milioni di copie, trascinato soprattutto dall’omonimo singolo (che vinse il Festivalbar del 1974).

Lucio Battisti - “Anima latina”:

La voce trattata come uno strumento al pari degli altri, mixata a volume molto basso oppure coperta da effetti sonori, le canzoni che non seguono strutture classiche ma logiche tutte loro (la prima, “Abbracciala abbracciali abbracciati”, si spinge fino a 7 minuti di durata, come “Anonimo” e pure “Macchina del tempo”), i testi di Mogol che sono tra i più criptici ed enigmatici mai firmati dall’autore milanese: “Anima lattina” è “La fabbrica di plastica” ante-litteram di Lucio Battisti, che nell’album considerato tra i più affascinanti della sua discografia canta - e suona - la sua ribellione alla musica leggera.


Edoardo Bennato - “I buoni e i cattivi”:

Neanche il tempo di farsi conoscere da critica e pubblico - l’anno precedente aveva spedito nei negozi il suo album di debutto “Non farti cadere le braccia” - che Edoardo Bennato punta già a consacrarsi come uno dei cantautori più brillanti della sua generazione, con queste undici canzoni che compongono una sorta di concept sulla difficoltà di capire che cosa sia veramente il bene e che cosa sia il male e sulla necessità di dividere artificiosamente il mondo tra buoni e cattivi.

Loredana Berté - “Streaking”:

Il 1974 è anche l’anno in cui comincia a splendere una stella destinata ad essere tra le più ardenti del pop-rock italiano: quella di Loredana Berté. L’esordio con “Streaking” è all’insegna dello scandalo (il titolo indica la pratica esibizionista di irrompere completamente nudi nell’ambito di manifestazioni con grande presenza di pubblico). Il disco è un concept sulla sessualità vissuta in maniera libera e talvolta provocatoria (basti ascoltare pezzi come “Parlate di moralità” e “Volevi un amore grande”). L’ellepì fu censurato dalla Rai, non solo per le tematiche provocatorie affrontate nei testi (quello de “Il tuo palcoscenico” contiene addirittura la parola “*****”), ma anche per le fotografie della Berté nuda all’interno della copertina apribile.


Raffaella Carrà - “Felicità tà tà”:

Nel 1974 una 31enne Raffaella Carrà torna a condurre di uno dei programmi più seguiti della tv, “Canzonissima”, dopo aver affiancato tra il 1970 e il 1972 il grande Corrado. Parallelamente alla nuova esperienza in tv, la showgirl pubblica il suo sesto album, “Felicità tà tà”, intitolato come la sigla iniziale del programma. Ma se l’ellepì arrivò a vendere oltre 12 milioni di copie, non fu solamente per il motivetto composto da Gianni Boncompagni insieme a Dino Verde e Paolo Ormi: nel disco c’era anche quella “Rumore” - già proposta in una delle puntate di “Canzonissima” - destinata a diventare una delle hit più iconiche della mitica Raffaella.

Fabrizio De André - “Canzoni”:

Il settimo lavoro del grande cantautore genovese è considerato dalla critica un album di transizione: chiude l’era dei concept album e segna l’inizio della collaborazione con Francesco De Gregori - co-firma il testo di “Via della povertà”, adattamento in italiano di “Desolation row” di Bob Dylan - e dunque un’apertura alle sonorità e alle suggestioni del folk/rock di matrice anglosassone, che De André esplorerà nei successivi dischi composti insieme a Massimo Bubola.

Quello di “Desolation row” di Dylan non è l’unico adattamento in italiano di una canzone originariamente scritta e interpretata da un artista straniero: “Le passanti” sono quelle cantate da Georges Brassens nella sua “Les passantes” e dal repertorio del cantautore francese arriva anche l’altro inedito, “Morire per delle idee” (“Mourir pour des idées”).

Mia Martini - “È proprio come vivere”:

Dopo il trionfo dell’anno precedente di “Minuetto”, con la quale aveva vinto il Festivalbar e conquistato la vetta della hit parade, Mia Martini canta la sua maturità con canzoni come “Inno”, “E stelle stan piovendo”, “Un’età”, “Luna bianca” e “Ritratti della mia incoscienza”, firmate da autori come Maurizio Vandelli degli Equipe 84, Maurizio Piccoli e Alberto Salerno. Continuando a costruire il mito dell’interprete leggendaria che conquisterà tutti con “Gli uomini non cambiano”, “E non finisce mica il cielo” e “Almeno tu nell’universo”.

Mina - “Mina”:

La Tigre di Cremona continua a giocare in un campionato tutto suo. Arrivata al venticinquesimo album in appena quattordici anni di attività discografica (insieme a questo “Mina” nel 1974 arriva pure “Baby Gate”), con pezzi come “Due o forse tre”, “Tutto passerà vedrai”, “L’amore è un’altra cosa”, “Penombra” e “Mai prima”, firmate da penne come quelle di Andrea Lo Vecchio (nello stesso anno firma “Rumore”), Giorgio Calabrese e Franca Evangelisti, la cantante si conferma come una delle voci più preziose del pop italiano.

Patty Pravo - “Mai una signora”:

Il nono album della cantante veneziana arriva sull’onda del successo dell’anno precedente di “Pazza idea”: in “Mai una signora” Nicoletta Strambelli, che ha ormai chiuso definitivamente in sof***** i panni della ragazza ribelle dei tempi delle esibizioni al Piper di Roma, in piena beat-mania, continua a mischiare in brani come “Quale signora”, “La valigia blu” e “Come un Pierrot” sensualità e classe, affascinando.

Renato Zero - “Invenzioni”:

“Qualcuno mi renda l’anima”, “113”, “Inventi”, “Il tuo safari”, “Metrò”, “Depresso”: il personaggio di Zero continua a rendere Renato Fiacchini un oggetto non identificato per il pop-rock italiano, a un anno dall’esordio con “No! Mamma, no!”. Ci vorrà ancora qualche anno prima che il fenomeno Renato Zero conquisti tutti, con hit come “Mi vendo” e “Triangolo”: ma la zerofollia comincia a costruirsi, tassello dopo tassello.