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Marcella Bella: “Ora canto l’house. E vorrei un pezzo di Mahmood”

Marcella Bella: “Ora canto l’house. E vorrei un pezzo di Mahmood”
L’intervista alla voce di “Montagne verdi”, che torna con il nuovo album “Etnea” e spiazza.


Credits: Paolo De Francesco

Di Mattia Marzi
“A modo mio sono un’icona”, sorride Marcella Bella. Se lo dice da sola, sì, e va bene così: “Forse avrei potuto avere di più, dal successo. Ci sono stati anni in cui mi sono sentita amata, come quando arrivai terza a Sanremo con ‘Senza un briciolo di testa’, nel 1986, un pezzo importante scritto da mio fratello Gianni e dal grande Mogol, ma anche momenti in cui mi sono sentita meno coccolata. Pazienza, i bilanci non mi piacciono. Ogni volta che faccio un nuovo disco, è come se ricominciassi daccapo”, dice la voce di “Montagne verdi” e “Nell’aria”, 71 anni compiuti lo scorso giugno ma ancora energia e grinta da vendere. In “Etnea” Marcella - che dal 18 gennaio sarà nel cast della serie Prime Video “No Activity - Niente da segnalare”: “Nell’aria” è nella colonna sonora della commedia - ricomincia daccapo per la ventiseiesima volta: nel suo primo album di inediti in sei anni la cantante omaggia le sue radici ma allo stesso tempo esce fuori dalla comfort zone, giocando con sonorità elettroniche. Come nel singolo “Tacchi a spillo”, diventato subito oggetto di parodie sui social, tra chi ha montato clip di “Girl gone wild” di Madonna sostituendo nel video il brano della Regina del Pop con la canzone di Marcella e chi l’ha candidata ironicamente all’Eurovision. “Bisogna saper guardare avanti e non indietro. Quando vado in tv e mi chiedono di cantare ‘Montagne verdi’ e gli altri successi sbuffo: ‘Guardate che ho fatto anche altri dischi, eh’”, racconta.

Che fa, rinnega la sua più grande hit?
“Assolutamente no. Sono grata e riconoscente a questa canzone. Ma non amo crogiolarmi nel passato e cantare sempre le stesse cose. Mi piace vivere nell’attualità. Ho la fortuna di avere una voce fresca e non datata. ‘Tacchi a spillo’ è un pezzo quasi house. Volevo fare qualcosa di nuovo, di stimolante. Ritrovare quell’entusiasmo che avevo perso”.

Perché l’aveva perso?
“Per la malattia di mio fratello Gianni, che dal 2010 non ha potuto scrivere canzoni per me come faceva prima, a causa dell’ictus che l’ha colpito. Non riuscivo più ad avere pezzi all’altezza della mia storia. A sbloccarmi mi ha aiutato l’altro fratello, Rosario. E per la prima volta in ‘Etnea’ vesto anche i panni di cantautrice”.




Oggi come sta Gianni?
“Suona solo con una mano, l’altra non la muove bene. Canticchia, ogni tanto. Ci dà delle idee sempre preziose”.

Ci sono due canzoni co-firmate da lui nel disco. Una di queste è “Un amore speciale”: è quella che aveva fatto ascoltare a Claudio Baglioni per Sanremo, nel 2019?
“Sì. È una canzone ‘di famiglia’, scritta da tutti i fratelli. Non poteva mancare in questo disco, in cui omaggio le mie radici”.



L’anno prossimo Gianni festeggerà i 50 anni di carriera. Si augura che Amadeus gli consegni un premio alla carriera, durante il Festival?
“Non mi auguro più niente, in realtà. Ho imparato a non avere aspettative. Io so quello che vale mio fratello, cosa ha dato alla musica italiana. Il pubblico lo ama. È quello che conta. Un premio in più o in meno, non ci cambia nulla”.

È vero che con Loredana Bertè avevate pensato di candidarvi insieme quest’anno con “Mi rubi l’anima”?
“Forse la casa discografica un tentativo lo ha fatto: io ormai mi sono completamente disinteressata a certi meccanismi. È un pezzo importante, che parla di donne e di femminicidio, che potevo cantare solo con Loredana”.

Nel disco ha coinvolto autori di nuova generazione come Giovanni Caccamo e Lorenzo Vizzini, già al fianco di Emma, Pinguini Tattici Nucleari, Marco Mengoni. Di chi avrebbe voluto incidere una canzone?


“Diodato. Ma anche Mahmood: mi divertirebbe”.

E Colapesce e Dimartino, suoi conterranei?
“No, non mi piace il genere che fanno. È musica leggera, come dicono loro”.

Si è riscoperta impegnata, Marcella?
“A me piace cantare, non canticchiare. E comunque c’è dell’impegno anche in ‘Tacchi a spillo’, se si ascolta bene la canzone. Uno pensa ai tacchi e immagina che sia un testo leggero. Ma non c’è niente di frivolo. I tacchi sono una metafora della vita: canto di come sia difficile stare in equilibrio”.



L’anno scorso due dj, Giulio Pecorella e David Nerattini, hanno pubblicato un Mixtape, “Musica bella”, contenente alcuni remix di alcuni suoi successi. L’ha per caso ascoltato?

“No, onestamente. Ma ora andrò a cercarlo su YouTube: sono curiosa di sentire cosa si sono inventati”.

C’è anche “Montagne verdi”, naturalmente, mixata com “Drum rock” degli Upsetters. Sa che la sua hit è diventata anche un coro da stadio?
“Certo. Anche da questo capisci quanto sia entrata nell’immaginario collettivo. A volte mi è capitato anche di sentire ‘Lasagne verdi’”.

La rappresenta ancora, a distanza di oltre cinquant’anni?
“Sì, perché è la mia storia. Racconta di quando presi il treno per Milano e della malinconia che provavo, lontana dalla mia terra: ‘Quante volte ho cercato il sole / quante volte ho mangiato sale’. Parlavo della nebbia e delle lacrime”.



Non ha mai pensato di chiedere a qualche regista di girare un film sulla sua vita?
“No. Però magari a breve comincio a scrivere un libro, per raccontarla in prima persona”.

“Montagne verdi”, “Io domani”, “Nessuno mai”, “Nell’aria”, “Senza un briciolo di testa”: ma c’è una canzone che avrebbe voluto incidere lei per prima?
“‘Non si può morire dentro’. E poi ‘L’emozione non ha voce’. Quando l’ho sentita per la prima volta ho detto a Gianni: ‘Ma cavolo, perché l’hai data a Celentano e non a me?’”.