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Michael Stipe a Milano: "Amo musica e arte allo stesso modo"

Michael Stipe a Milano: "Amo musica e arte allo stesso modo"
L'esibizione personale, all'ICA: "I have lost and I have been lost but for now I’m flying high"

Di Gianni Sibilla

Giacca a vento gialla, occhialoni, sciarpa al collo: Michael Stipe, oggi, è l’antitesi della rockstar - ruolo che pure ha interpretato in maniera unica tra gli anni ’90 e Zero. L’ex-cantante dei R.E.M. si presenta così al museo del ‘900 a Milano per raccontare alla stampa “I have lost and I have been lost but for now I’m flying high”, la sua prima personale da artista visivo e scultore - in svolgimento all’ICA di Milano da domani martedì 12 dicembre 2023 a sabato 16 marzo 2024, curata da Alberto Salvadori, direttore dell’istituto.
Eppure, racconta, l’adrenalina che l’accompagnato nelle ultime fasi dell’allestimento non è dissimile da quella che provava quando doveva salire sul palco per un concerto: “La sensazione è molto simile”, spiega.


Abbiamo terminato di lavorare a questa esibizione negli ultimi giorni. E circa a metà settimana, mi sono reso conto che la mia adrenalina che ricordavo dai giorni in tournée era tornata al livello di quella che provavo per una performance”.

La mostra
Oggi, però, non si parla di musica, ma solo di arte: un percorso che Stipe porta avanti da sempre, soprattutto con la fotografia, che frequenta da ragazzino e che lo portò già negli '90 a pubblicare "Two times intro" un libro che documentava un tour con l’amica Patti Smith. L'arte ha occupato la maggior parte del suo tempo ora che i R.E.M. non sono più attivi: i questi giorni esce “Even the birds gave pause”, quarto libro per l’editore bolognese Damiani, a cui è dedicata l’ultima sala dell’esibizione: “Gli italiani, se posso dirlo, rispondono emotivamente all'arte e alla musica. E quindi per me quella con questo paese è una conversazione molto facile da avere: qui mi sento capito”, spiega.

L’esibizione è nata quattro anni fa, prendendo un caffè con Alberto Salvadori. Poi è stata rimandata per via del Covid, che pure ha profondamente influenzato i ritratti e nelle sculture: "Michael ha una grande capacità di mettere insieme le persone; quello che vediamo oggi a Milano è il risultato di questo modo di lavorare. Il tema centrale della mostra che mi ha proposto è il tema della vulnerabilità”, spiega Salvadori, che precisa che non si tratta di una retrospettiva del lavoro di Stipe, quanto di una creazione apposita e nuova.


“È un po' come entrare nel mio cervello, che non è sempre un posto bellissimo.…", gli fa eco Stipe. "Se si ha la pazienza di vedere le connessioni tra foto e sculture, raccontano una storia che si rivela da sola”.




Voce, musica, arte
Nella mostra non c’è musica, ma solo un’installazione sonora con la voce di Stipe che recita “Desiderata”, il poema di Max Ehrmann da cui deriva il titolo: "La poesia in America arrivò negli anni ’60. E poi è ritornata intorno alla fine del secolo ogni volta venendo interpretata in maniera molto diversa. Volevo portare la poesia nel 21° secolo”, spiega. “Penso che sia una vera rappresentazione dei miei sogni al di fuori della musica. Nella mia vita c'è anche la musica, ma questa è un'altra storia, per un altro giorno”, spiega

Già, le canzoni. “Scrivere le parole delle canzoni è una cosa che puoi fare ovunque, ma richiede anche un certo stato d'animo a cui, per me, è facile accedere", racconta Stipe in uno dei suoi rari accenni alla musica della conversazione con Salvadori e con Lorenzo Sassoli de Bianchi, presidente di ICA. "Quindi, a volte è molto naturale, altre volte richiede molta fatica, una fatica diversa da quella dell’allestimento per questa mostra”, spiega.
“Adoro l'arte e amo ciò che l'arte mi offre.

Amo la musica allo stesso modo. La musica e l'arte mi forniscono un percorso emotivo verso diversi modi di riconoscere il momento in cui mi trovo e in cui ci troviamo. E, si spera, di portarlo a progredire, verso cose migliori. Mi rivolgo all'arte e alla musica per le emozioni”.

Nessuna menzione, quindi, dell’ormai atteso primo album solista - nelle interviste pubblicate nei giorni scorsi (tra cui il meraviglioso ritratto pubblicato sul New York Times, frutto di due anni di conversazioni e frequentazioni con il giornalista Jon Mooallem), Stipe ha rivelato di avere concluso la scrittura di 18 canzoni - non è chiaro se comprendono anche quelle pubblicate dal 2020 ad oggi, tra cui la recente “Give me a hand” - e che l’album dovrebbe vedere finalmente la luce nel 2024. Ma finché non lo vediamo/sentiamo…