MUSICA




​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​
​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​
​​​​​​​​​​​​​​
​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​​
​​​​​​​​​​​​​



​​​​​​​Parliamo dei nostri gusti musicali
​​​​​​​

​​​



MUSICA
Start a New Topic 
Author
Comment
Roger Waters, ricordi di un uomo nella vecchiaia

Roger Waters, ricordi di un uomo nella vecchiaia
Come si può reincidere "The Dark side of the moon", uno degli album più importanti della storia?
Roger Waters, ricordi di un uomo nella vecchiaia

Di Nino Gatti
“The Dark Side Of The Moon”: basta il titolo di quello che è considerato come uno degli album più importanti della storia della musica per far tremare i polsi di chiunque. Il 6 ottobre 2023 Roger Waters pubblicherà l'attesa versione “Redux” di “The Dark Side Of The Moon”, che arriva nel pieno delle celebrazioni del cinquantenario di quella incisa dai Pink Floyd.


Cosa spinge un artista a realizzare una nuova versione di un lavoro universalmente considerato come perfetto e per questo motivo intoccabile? Riuscirà il buon Roger a reggere critiche e inevitabili confronti fra la nuova versione e l'originale? Waters, lo ha dimostrato ampiamente, è un artista libero e fortemente divisivo, tanto che all'inizio dei suoi recenti concerti accoglie gli spettatori con la sua voce che recita “se siete di quelli che “amo i Pink Floyd, ma non sopporto la politica di Roger”, fareste meglio in questo momento ad andare affanculo al bar”. Insomma, un'adorabile canaglia.

Una discussione infinita tra schieramenti
Dall'annuncio del “Redux” sono trascorsi oltre sei mesi, durante i quali ha tenuto banco una tenace discussione tra gli innumerevoli appassionati dei Pink Floyd.


Come da copione, i “fan”, che solitamente si s*****ttano per l'infinita querelle tra gilmouriani e watersiani, si sono divisi in due schieramenti. Da una parte gli integralisti dell'integrità floydiana, a difesa sia degli storici 'solo' di chitarra e della soave voce di David Gilmour, sia delle tastiere del compianto Rick Wright; irriducibili che hanno gridato allo scandalo sin dalle prime anticipazioni dell'opera watersiana. Dall'altra, quelli che difendono a spada tratta la rilettura dell'ex Pink Floyd e che considerano il Redux un vero e proprio capolavoro. La verità, come spesso accade, si colloca più o meno a metà strada tra le due fazioni.
Roger Waters ha rappresentato da sempre l'anima intellettuale della band. Le sue prese di posizione vengono spesso fraintese, soprattutto dai tantissimi leoni da tastiera o peggio analfabeti funzionali, che trovano spazio (e nuovi proseliti) soprattutto sui social. Alcuni confondono o identificano i Pink Floyd esclusivamente con il suono di chitarra di David Gilmour, una visione fortemente limitante: i Pink Floyd, per fortuna, sono stati anche altro e sono entrati nella storia della musica per la somma delle loro qualità, non per una sola di esse. A Roger Waters non manca di certo il coraggio e lo ha dimostrato negli ultimi anni, sia sul palco che fuori. Aveva messo in conto che si sarebbero scatenati feroci quanto inutili confronti fra l'originale e la sua nuova versione, che si sarebbero levati scudi in difesa del capolavoro dei Pink Floyd, che molti considerano inviolabile e intoccabile. Da quel gran furbo che è, Waters è riuscito a catalizzare l'attenzione sulla sua personale rilettura del classico targato 1973, oscurando i festeggiamenti per i cinquant'anni del capolavoro floydiano. Con fermezza mascherata da un rassicurante sorriso e con quell'espressione furbetta che caratterizza le sue interviste, Roger Waters ha fatto intendere che la sua versione non vuole sostituire l'evergreen floydiano, quanto omaggiarlo e in qualche modo attualizzarlo. In una recente intervista Waters ha dichiarato: “L’originale 'The Dark Side of the Moon' sembra per certi versi il lamento di un anziano sulla condizione umana. Ma io, Dave, Rick e Nick eravamo molto giovani quando l’abbiamo realizzato e, se si guarda al mondo che ci circonda, è evidente che il messaggio non è rimasto impresso. Ecco perché ho iniziato a riflettere su quale saggezza potesse portare una persona ottantenne a una versione rivisitata”. Ecco l'uovo di Colombo. Basterà a calmare le acque? Ovviamente no.

Un album senza tempo, un lavoro collettivo
A parte le musiche senza tempo incise dai Pink Floyd tra maggio 1972 e gennaio 1973, sono stati i temi di “Dark Side” a catturare l'attenzione del pubblico.


Un disco così popolare, destinato a entrare nell'esclusivo club degli album che hanno venduto oltre 50 milioni di copie in tutto il mondo, affronta temi come la morte, la pazzia, la guerra, il tempo che trascorre inesorabile, la paura di volare, il danaro. Di certo non sono tematiche che uno si aspetta di rintracciare tra i solchi di uno dei dischi più venduti nella storia dell'umanità. I testi, scritti alla fine del 1971 nel giro di pochi giorni, sono tutti farina del sacco di Roger Waters che a parte "Echoes", lunga suite dall'album “Meddle” (novembre 1971), non aveva particolarmente brillato fino a quel momento come autore di testi.
All'inizio del 2023 Waters ha mollato il carico da undici, dichiarando al quotidiano britannico The Telegraph: “Ho scritto io The 'Dark Side Of The Moon'. Liberiamoci da tutta questa merda del “noi”. Naturalmente eravamo una band, eravamo in quattro, abbiamo contribuito tutti, ma è il mio progetto e l'ho scritto io. Quindi… bla!”. Waters dunque sente suo “The Dark Side Of The Moon”, ma la cosa è vera solo in parte: esaminando con attenzione la genesi dell'album, l'idea di affidare ai temi che tormentavano la vita di ognuno di loro arrivò da Waters: risale al dicembre 1971, durante un celebre incontro tra i quattro musicisti riuniti nella cucina di casa Mason per individuare un tema che unisse le varie canzoni del disco. In occasione di “The Dark Side Of The Moon”, i Pink Floyd mutano totalmente modalità operativa, componendo per la prima volta non una canzone alla volta ma un intero disco. Ancora per la prima volta, lo propongono dal vivo sei mesi prima delle incisioni ufficiali, pubblicandolo quindici mesi dopo la prima esecuzione in pubblico!

Bisogna chiarire che “Dark Side” era un lavoro collettivo.


Ognuno dei quattro musicisti ha suonato in ogni canzone offrendo il massimo a livello strumentale, mettendoci l'anima e non solo. Il contributo di Roger Waters alla realizzazione di “The Dark Side Of The Moon” dei Pink Floyd è superiore a quello dei suoi colleghi Floyd: ha scritto in solitaria le musiche di tre canzoni e tutti i testi dell'intero album. È il motivo per cui Roger lo sente suo, anche se è azzardato attribuire al bassista l'intera paternità del disco. Sebbene musiche e testi siano fusi perfettamente tra loro, la genesi artistica che li ha generati è suddivisa dai crediti dell'album (li trovate all'interno della copertina). Note che offrono queste certezze: le musiche sono state composte da Nick Mason (.Speak To Me), Waters Gilmour e Wright (Breathe), Gilmour e Waters (On The Run), l'intera band (Time), Wright (The Great Gig In The Sky), Waters (Money, Brain Damage, Eclipse), Waters e Wright (Us And Them), Gilmour Mason e Wright (Any Colour you Like). Sempre le note di copertina indicano che tutti i testi arrivano dalla penna di Roger Waters. Specificare in modo così netto l'autore dei testi (accade per la prima volta in un disco dei Pink Floyd) non è una scelta casuale. Roger Waters sa quanto sia stato fondamentale l'apporto strumentale di Gilmour, Mason e Wright, contributo che l'artista non ha mai messo in dubbio. Si potrebbe semplificare dicendo che la parte musicale di “Dark Side” è passata tra le mani dei quattro musicisti, mentre le tematiche sono tutte farina del sacco di Waters. Ci sono ovviamente altre figure fondamentali che contribuirono a rendere “Dark Side” l'album perfetto. Alan Parsons e Chris Thomas, entrambi ai banchi di missaggio del disco; il sassofonista Dick Parry, con le sue fortunate aggiunte strumentali su Money e Us And Them; le quattro coriste presenti tra i solchi del disco, tra le quali Clare Torry che impreziosì The Great Gig In The Sky con la sua straordinaria intuizione esecutiva.

A tutto bisogna aggiungere che il profilo attuale di Roger Waters non corrisponde più a quel ragazzo degli anni Settanta, quella figura tetra e minacciosa che cercava di primeggiare su tutto e tutti, sgomitando sui palchi di mezzo mondo per combattere i suoi demoni del passato.


Cinque decenni sul groppone, grandi successi e grandi delusioni pesano sulle sue spalle e ne hanno fatto un artista completo e rispettato. Tutta l'energia che sembrava ramificare all'interno della sua rabbia, oggi si è incanalata nell'esistenza di un uomo che non si risparmia ed è sempre in prima fila per difendere le proprie idee ma anche i diritti dei più deboli. Lo ha imparato da mamma e papà, sono insegnamenti scolpiti sul suo petto. Per promuovere il Redux, Waters sta pubblicando in questi giorni una serie di video nei quali risponde alle domande dei suoi fan. Mike Carroll gli domanda: “Se potessi in qualche modo viaggiare indietro fino ai primi anni Settanta, quando stavate sviluppando l'album originale, quale consiglio potresti dare al tuo io più giovane?”. Roger risponde: “Non avrei la presunzione di interferire con il me stesso più giovane, non credo. E se lo facessi, non mi ascolterebbe. Era un *****ne spilungone e tosto, se ricordo bene. Probabilmente avrebbe detto: “Chi ***** sei?”. “Vaffanculo”. E poi ci saremmo fatti una risata e probabilmente l'avrei portato al pub e avremmo potuto parlare di molte cose. Ma non avrei avuto la presunzione di provare a cambiare il suo corso, perché non me lo ricordo così bene. Ma il mio sospetto è che fosse abbastanza tosto”.

Perché rifare un capolavoro?
Perché Waters ha deciso di rifare “The Dark Side Of The Moon”? Non ha la velleità di poter migliorare il disco del 1973, non sarebbe possibile neanche se oggi si ritrovassero insieme Gilmour, Mason, Waters e Wright. Si è attribuito il ruolo di unto del signore? No. Roger ha provato a spiegare come è nata questa sua nuova follia discografica: “Quando ho accennato per la prima volta a Gus [Seyffert] e Sean [Evans] l'idea di ri-registrare 'The Dark Side Of The Moon', abbiamo tutti pensato che fossi pazzo, ma più ci pensavamo e più ripensavamo: Non è forse questo il punto? Sono immensamente orgoglioso di ciò che abbiamo creato, un'opera che può sedere con orgoglio accanto all'originale, mano nella mano attraverso mezzo secolo di tempo”. A Roger Waters, che ha pensato insieme agli altri di essere impazzito, non manca il coraggio, e l'idea di rimescolare le carte per proporre una versione “nuova” di “Dark Side” lo ha stimolato da subito.

Il 6 settembre 2023 il signor Waters ha spento ben ottanta candeline.

È maturo, tanto da potersi permettere di ampliare i temi dei testi delle canzoni del 1973. È fortemente consapevole dei suoi mezzi e dei suoi limiti, al punto che non avrebbe mai rifatto fedelmente il celebre album del 1973. Con la sua attuale band sarebbe stato possibile ricreare quei suoni, ma a cosa sarebbe servito? Tra il 2006 e il 2008 Roger Waters aveva già proposto dal vivo l'intero album, in occasione di un tornata mondiale di concerti intitolati proprio “The Dark Side Of The Moon Live”. Partendo il 2 giugno 2006 dal festival Rock In Rio di Lisbona, il tour si concluse a San Pietroburgo (Russia) l'8 giugno 2008. In alcuni concerti del 2006 (i più fortunati ricorderanno quello di Lucca del 12 luglio), Waters chiamò sul palco addirittura Nick Mason a suonare durante l'esecuzione integrale di “Dark Side”. Waters non ha mai pubblicato ufficialmente audio o video di quei concerti.

Azzerare il suono
Per evitare ogni tipo di confronto tra l'album del 1973 e la sua attuale proposta, Roger ha deciso di cambiare completamente la struttura sonora di quelle canzoni, azzerando il suono della chitarra e delle tastiere. Il suo non è ovviamente un vile tentativo di rinnegare quanto inciso da Gilmour e Wright: Waters non ha mai smesso di apprezzarli pubblicamente come musicisti, tant'è che nei tour solisti le chitarre e le tastiere richiamano chiaramente sonorità e sequenze musicali di floydiana memoria. Il Redux di Waters si ricollega alle atmosfere dei suoi recenti lavori: l'album Is This The Life We Really Want? del 2017, il recente tour This Is Not A Drill (soprattutto la nuova versione di Comfortably Numb, che apre lo spettacolo, e Outside The Wall che lo chiude) e le Lockdown Sessions (2023). Waters ha altresì fatto tesoro della sua esperienza narrativa all'interno del progetto "The Soldier's Tale" di Igor Stravinsky del 2018, nel quale recitava con la propria voce. Waters sembra ripercorrere tra i solchi della Redux lo stile essenziale del compositore russo che aveva ridotto le parti musicali dell'opera a pochi strumenti.

È questo oggi il suo modo di intendere la musica, l'idea che abbia voluto fare un dispetto a Gilmour o Wright è lontanissima dalla realtà.

La lucidità di Waters è tale che oggi può permettersi il lusso di non dover dimostrare nulla a nessuno, affrontando senza compromessi la propria arte al costo di dover sacrificare i suoni della musica dei Pink Floyd pur di mettere in evidenza il messaggio e il contenuto degli stessi. A scapito della sacralità di quella musica che in molti vorrebbero riascoltare “tale e quale”. Il processo di semplificazione dei virtuosismi è tale che la proposta musicale di Waters è ridotta all'essenziale, lasciando spazio sul .Redux al significato e alla profondità delle parole. Oggi Waters sente il bisogno di comunicare soprattutto con le parole; capita nei suoi concerti, durante i quali dedica moltissimo tempo a parlare con i suoi fan. La musica è, oggi più di ieri, un mezzo per diffondere le sue idee, i suoi pensieri, ma non è più l'esclusivo canale di comunicazione tra Waters e il pubblico. Roger è un ottantenne lucido e pieno di energia che lotta contro il tempo e contro ogni ostacolo, seminando il suo pensiero in giro per il mondo. Lo fa senza paura, come cantavano i Floyd nel 1971, e poco importa se la sua voce è ormai agli sgoccioli.

La musica sul Redux ha subito un sostanziale mutamento rispetto al disco originale, e non poteva essere altrimenti. A un primo ascolto sembra tutto livellato ma basta prestare attenzione ai particolari (tornate alle cuffie, diamine, come si faceva negli anni Settanta!) e scoprirete che le trame sonore ci sono, eccome! Grazie ai musicisti che lo seguono in tour da qualche anno, affiancati da forze nuove e fresche, la rilettura musicale di “Dark Side” ha portato le ruspe a scavare fino alle fondamenta, ponendo le basi per nuove architetture, ardite e ben proporzionate. Per Waters è stata altresì stimolante la prospettiva di tornare ai temi dell'album da lui composti all'età di ventinove anni, quando tutto era ancora da vivere, col successo che si era appostato dietro l'angolo in attesa di travolgere le tranquille vite dei Pink Floyd. Con la maturità dei suoi splendidi ottant'anni, recuperando la sintesi lirica del 1973, Waters è riuscito ad ampliare quelle canzoni attualizzandole concettualmente e stilisticamente. E quei testi, cantati con voce bassa e a tratti minacciosa, assumono una valenza totalmente differente rispetto al passato. Parole quasi sussurrate, ma che pungono e tagliano a fette le nostre convinzioni di comodo.

In un vortice di pensieri floydiani penso che Roger Waters stia mettendo alla prova i propri fan come faceva Pink durante "In The Flesh", per verificare: da che parte state? Volete lasciarvi andare alle emozioni, presenti in abbondanza in questa rilettura, oppure siete solo dei romantici che non vogliono discostarsi dai rassicuranti suoni del passato? Era già accaduto tra il 2010 e il 2013 durante i concerti di "The Wall", tra i più spettacolari mai proposti dal vivo da Roger Waters. Erano spettacoli che non offrivano soltanto un viaggio nel passato di uno spettacolo nato nel 1980: l'artista ha riletto quelle performance, aggiornandolo con concetti e immagini che lo hanno reso attuale. Oggi Waters ci sta regalando qualcosa di simile con l'intrigante rilettura di "The Dark Side Of The Moon". Nick Mason l'ha definito “assolutamente geniale” e “una interessante aggiunta”: siamo pronti ad accettare l'invito e a farci guidare all'interno di una nuova lettura di un disco che sembrava già perfetto così come era?

The Dark Side Of The Moon Redux
Roger Waters ha lavorato segretamente a questo progetto completandolo solo all'inizio del 2023. Da perfezionista, ha apportato modifiche su modifiche, e la pubblicazione dell'album, attesa inizialmente a marzo, è stata spostata prima a maggio e infine al 6 ottobre 2023. Così come il disco del 1973, l'album è stato registrato negli Abbey Road Studios di Londra. I produttori sono Roger Waters e Gus Seyffert. Waters canta e recita alcuni testi e dal suo tour attuale recupera Gus Seyffert, che suona basso, chitarra, percussioni, tastiere, sintetizzatori e cori; Joey Waronker si divide tra batteria e percussioni; Jonathan Wilson spazia tra chitarra, sintetizzatore e organo;Jon Carin è alle tastiere, lap steel, sintetizzatore e organo e Robert Walter è al pianoforte. Gli altri musicisti sono Johnny Shepherd, che muove le dita su organo e piano; Via Mardot, a produrre alcuni suoni magici con il Theremin; Azniv Korkejian, che aggiunge la sua voce; infine Gabe Noel, che cura gli arrangiamenti, gli archi e suona il Sarangi. Sean Evans ha curato la grafica e il design dell'album, mentre la fotografia è affidata a Kate Izor. Quattro dunque le nuove figure che hanno collaborato con Waters per la realizzazione di questo album. Azniv Korkrjian, in arte Bedouine, è una artista siriano-americana ed è la fidanzata di Gus Seyffert. Altra giovane è Via Mardot, una pluristrumentista americana nata nella città di Olanda (Michigan), che quest'anno ha pubblicato un album intitolato “Fragments”. La sorpresa è la presenza di Johnny Shepherd, direttore del coro e organista della chiesa battista Zion Baptist Church di Shreveport, nella Louisiana, famoso per i suoni che riesce a tirar fuori dall'Hammond. Shepherd ha collaborato al recente album “Heavy Sun” di Daniel Lanois. Gabe Noel, classe 1985, è nato a Chicago e suona il violoncello dall'età di quattro anni; compositore e musicista, vanta numerose collaborazioni ed è molto attivo nella zona di Los Angeles.

“Redux” segue la stessa cronologia dell'album del 1973, lasciando a Speak To Me il compito di introdurre le altre canzoni. Tra i solchi di quello che nel 1973 offriva una overture attraverso un collage sonoro dei temi del disco, si nasconde la prima sorpresa della nuova versione. Cinguettii in sottofondo, un tenebroso suono di vento (reminiscenze dal passato dei Floyd, che spesso dal vivo ricorrevano a questo genere di effetti) e il classico battito del cuore fanno da base alla voce di Waters che recita con tono pacato il testo di Free Four, una canzone che i Pink Floyd avevano inciso nel 1972 per la colonna sonora del film "La Vallée" di Barbet Schroeder. "Free Four" è contenuta nella soundtrack di quel film, l'album Obscured By Clouds dei Pink Floyd, pubblicato nel giugno 1972 ma che contiene canzoni composte e incise dalla band successivamente a quelle di “Dark Side”, che sarebbe uscito nel marzo 1973 (Dark Side era stato presentato dal vivo nel gennaio 1972 e le sedute di registrazione di Obscured By Clouds erano avvenute tra marzo e aprile di quell'anno). La scelta di affidare a "Free Four" l'apertura del Redux non è casuale e sembra quasi logica: questa canzone, dall'andatura scanzonata e leggera (nell'estate 1972 finì su singolo, ottenendo un successo di vendite e di gradimento soprattutto nelle radio americane), proponeva un testo dalle tinte oscure e dense di pessimismo watersiano che ben si ricollegano a Dark Side: “I ricordi di un uomo in età avanzata / sono le azioni di un uomo nel fiore degli anni / Ti muovi nel buio della stanza del malato / E parli a te stesso mentre muori”. A portare il tema della guerra e della storia personale di Waters c'è la frase “Ma tu sei l'angelo della morte / E io sono il figlio del morto / È stato sepolto come una talpa in una fossa”. In Free Four Waters rivolge anche alcune considerazioni amare sul destino della band, in quei mesi alla ricerca del successo di pubblico: “Così tutti a bordo per la tournée americana / E forse riuscirete a raggiungere la vetta / Ma badate a quel che fate, ve lo posso dire perché lo so / potrebbe essere difficile uscirne”.
Le parole aggiunte da Waters offrono un inedito confronto tra l'adulto di oggi e il giovanotto del passato, uno specchio dentro al quale si riflette e si ritrova cambiato ma sempre uguale, così sicuro di se stesso che nel Redux non ha modificato neanche una parola dei testi originali.

Un inizio coraggioso, che pone l'ascoltatore davanti a un bivio: affrontare questa nuova esperienza suggerita da Waters o rifugiarsi nelle sonorità familiari del 1973, tra la slide di Gilmour, i ruggiti dell'Hammond di Wright e la potente dolcezza della batteria di Mason?
Andiamo avanti. La voce di Roger Waters si solleva con difficoltà su quelle poche note ancora riconoscibili di Breathe, introdotta dall'acustica che fa pensare alla versione proposta da David Gilmour nel documentario The Dark Side Of The Moon del 2003. Prima che abbia inizio il cantato di Breathe, Waters aggiunge la lettura quasi recitata delle parole finali di Free Four, legando insieme e non solo musicalmente le prime due tracce e i temi proposti. Breathe, breathe in the air... quante volte abbiamo ascoltato la voce di Gilmour, la stessa che aveva introdotto la reunion del Live 8 del 2005? Adesso a vibrare sono le malconce corde vocali di Waters, sostenuta dai cori e da sprazzi pieni di vibrazioni di Hammond e accenni di archi orchestrali. Una voce di chi sembra non avere più voce: per poter cantare da ottantenne le canzoni del 1973, Waters ha dovuto abbassare i toni delle canzoni. Nonostante tutto, Roger riesce a recuperare le giuste vibrazioni per sussurrare quelle parole, prendendo in prestito gli stili graffianti di Leonard Cohen o di Tom Waits.

On The Run apre con la voce di Waters che si staglia in un ambiente sonoro che ricorda “The Final Cut”, con i suoni degli pneumatici sul ciglio di una strada. Qualche secondo e la musica riprende il tema del 1973, semplificato e quasi umanizzato anche dalla presenza di alcuni accenni orchestrali, con un break al primo minuto che fa pensare a un incidente (si ripete più avanti nel brano). Come era stato anticipato dai media lo scorso febbraio, Waters ricordava di aver avuto un brutto sogno e ne aveva trascritto una descrizione accurata sul suo portatile. L'artista recita quel sogno all'interno di On The Run. In queste parole si celano i fantasmi che quella notte hanno infestato i suoi sogni: “È stata una rivelazione, quasi patmosiana, qualunque cosa significhi... una lotta con il male, in questo caso una figura apparentemente onnipotente incappucciata e ammantata... non ammetteva confutazioni”.

Il racconto non si ferma e in assenza delle classiche sveglie del 1973, introduce la nuova Time, che recupera l'atmosfera cupa e profonda delle versioni live del 1972, impreziosite dalla chitarra acustica destinata ad addolcire i suoni. Cori e archi sostengono la voce di Roger, rendendo quanto più possibile eterea l'atmosfera. Il solo che fu di Gilmour viene sostituito da un vibrante Hammond e dalle stregonerie elettroniche del Theremin. Quando gli archi volano sulle dolci note che anticipano le ultime due strofe, sei così dentro il Redux che le emozioni ti fanno dimenticare ogni possibile e inutile confronto con il passato.
Breathe (Reprise), prosegue il dolce duetto tra acustica e organo, con interventi secchi e decisi degli archi che scuotono gli iper-stimolati padiglioni auricolari.

The Great Gig In The Sky, che nel 1972 veniva presentata dal vivo col titolo The Mortality Sequence, viene introdotta con un solenne suono di campana che si fonde con i cinguettii. Ecco muoversi le dolci note del pianoforte di Robert Walter, seguite di lì a poco dagli archi e da un inedito pattern vocale e strumentale che scoprirete durante il vostro ascolto. Torna la narrazione di Waters, che rilegge alcune frasi di una lettera, scritta da Kendall Currie, l'assistente del poeta americano Donald Hall, in ospedale per curarsi dal cancro. Waters aveva risposto alla Kendall raccontando del suo spettacolo a Zagabria del 6 maggio 2018, al termine del quale aveva letto One Road, una storia scritta da Hall il 1 marzo 2013. Waters racconta all'interno di Great Gig dell'amicizia nata con la Kendall fino alla morte del poeta (avvenuta nel 2018), comunicazioni che hanno toccato vari temi, tra cui la vendita dell'eredità di Hall.

Il rumore del motore di un aereo conclude Great Gig e apre Money, che offre un altro cambio di atmosfere. Money riporta alla mente la celebre de