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Rachmaninov l’anniversario e i cd della discordia

Rachmaninov l’anniversario e i cd della discordia

di RICCARDO LENZI

Come previsto, una tempesta di iniziative legate all’anniversario di Rachmaninov sta imperversando sull’Occidente, cosa che imbarazzerà la Polonia e l’Ucraina, che hanno proibito la musica russa. Fra tanti libri, concerti, conferenze, hanno fatto molto discutere nei paesi anglosassoni due cofanetti di cd appena usciti in Italia: uno che raccoglie la Seconda e la Terza sinfonia del russo dirette da Yannick Nézet-Séguin, l’altro con i quattro concerti per pianoforte e orchestra e la “Rapsodia su un tema di Paganini”, con la pianista Yuja Wang (entrambi pubblicati da Universal). Per quanto riguarda le due sinfonie, Nézet-Séguin si avvale della collaborazione dell’ensemble che più di ogni altro in questo repertorio è pietra di paragone, quella Philadelphia Orchestra che Rachmaninov in esilio riconobbe perfetta per la sua musica. Da questa consapevolezza ne conseguirono le storiche incisioni con lo stesso autore come direttore e solista, in alcune con la collaborazione delle bacchette di Stokowski e Ormandy. Nézet-Séguin non ne tradisce lo spirito, mette in primo piano i colori, esibendo un sapiente rubato, adottando tempi lenti con sentimentale coinvolgimento. Ignora le ripetizioni dell’esposizione non solo nel primo movimento della Seconda sinfonia, ma anche nella Terza e nonostante ciò il risultato non ne perde alcunché: il suo passo e talmente interiorizzato e forbito da non farne sentire la mancanza. Toni ben diversi da quelli che in questi brani esibì Mariss Jansons a capo della Filarmonica di San Pietroburgo, più asciutti, protervi, decisi e virili. Sempre per quel che riguarda l’incisione di Nézet-Séguin, una buona resa sonora offre una profondità e una prospettiva adeguate ai meravigliosi archi dei Philadelphians, esaltandone il suono lussureggiante. Il famoso movimento lento della Seconda sinfonia (in Italia reso popolare dalla sigla televisiva del programma Rai di Enzo Biagi), ove l’introduzione del più morbido e urbano degli assoli di clarinetto traccia il sentiero che l’orchestra seguirà, arriva all’ascoltatore come mai ascoltato precedentemente. Completa il cofanetto un’esecuzione brillante, trasparente fin quasi alla vaporosità, del poema sinfonico “L’Isola dei morti” ispirato dall’arte di Arnold Böcklin.
L’altro cofanetto contiene i quattro concerti per pianoforti e orchestra, fra i più popolari del Novecento. La brillantezza tecnica della Wang si sposa perfettamente con le esigenze delle composizioni di Rachmaninov, ma il punto cruciale di queste esecuzioni si basa sulla profondità della loro finezza interpretativa. E certamente il suo compito è reso impervio dall’inevitabile confronto con le grandi incisioni del passato: Pletnev per il primo concerto, Richter per il secondo, Horowitz per il terzo, Benedetti Michelangeli per il quarto. La sua registrazione mette in risalto il pianoforte sull’orchestra (la Filarmonica di Los Angeles diretta da Dudamel) e questo va bene per il Primo concerto, dove i rapidi cambi d’umore si adattano all’esuberanza appariscente del suono della Wang (non la sola cosa appariscente che la riguarda, considerando le minigonne attillatissime e i tacchi a spillo con i quali entra in scena, per questo certo avrà rinnovato la tecnica dell’uso dei pedali del pianoforte). Meno per il Secondo, con un tempo lento piuttosto brusco e prosaico, e il Quarto, dove il dialogo concertante con l’orchestra è fondamentale per rendere nella maniera più convincente le idee del compositore. In genere il rubato, i pianissimo, non raggiungono la maestria elegantissima che qui vi esibisce Daniil Trifonov. L’esecuzione del terzo concerto, il più complesso e ambiguo dei quattro, nel tema d’apertura manca del senso di mistero e di interiorità che alcuni gli attribuiscono. Anche qui, come nella “Rapsodia su un tema di Paganini”, la registrazione privilegia il suono del pianoforte, relegando l’orchestra in un’aura lontana, a tratti nebulosa. Tuttavia i passaggi veloci della Wang, sono impeccabili, così come la cadenza, precisa e attenta alle voci melodiche secondarie che evidenziano la complessità lirica della scrittura.