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“ATuttoCuore” è l’“Eras tour” di Claudio Baglioni

“ATuttoCuore” è l’“Eras tour” di Claudio Baglioni
Si fa per scherzare, ma nemmeno troppo: il cantautore porta sul palco le "ere" della sua carriera.


Di Mattia Marzi
“Ho attraversato gli anni e le stagioni e ho contato il tempo a patto che non invecchiasse queste mie canzoni, ma portasse il conto solo a me”, canta Claudio Baglioni, a metà scaletta, in “Uomo di varie età”, uno dei brani contenuti all’interno del suo ultimo album “In questa storia che è la mia”. Le prove di “ATuttoCuore” allo Stadio Centrale del Foro Italico sono cominciate da circa un’ora e mezza e il cantautore romano ha già attraversato dodici delle sue età, tanti quanti i dischi dai quali ha pescato i primi 15 brani dei 38 in scaletta, da “Con tutto l’amore che posso” del


1972 a “Mal d’amore” e “In questa storia che è la mia” del 2020, da “E tu come stai?” del 1978 a “Sono io” del 2003, passando per “Dagli il via”, “Acqua della luna” e “Domani mai” del 1990, pescando dai vari “Questo piccolo grande amore”, “L’uomo della storia accanto”, “Oltre” e via dicendo. “Questo spettacolo è una storia che contiene altre storie”, dice Claudio Baglioni davanti al centinaio di ospiti radunati lunedì prima del debutto di questa sera. E subito ti suggerisce un titolo: “ATuttoCuore” è l’”Eras tour” di Claudio Baglioni. Ovviamente si fa per scherzare, ma neanche tanto. Le immagini del volto del cantautore riprodotte in modo seriale sui maxischemi su “ConVoi”, con diversi colori e sfondi, non citano la locandina dell’“Eras tour” di Taylor Swift, ma i lavori di Andy Warhol. E però almeno concettualmente l’operazione del cantautore romano sembra in linea con la scelta della popstar statunitense di far rivivere sul palco, durante i suoi concerti, tutte le sue “età”: in oltre tre ore di concerto Baglioni indossa i panni del “viaggiatore sulla coda del tempo” - per citare l’album del 1999 - portando davanti agli spettatori i tanti “Baglioni” che il pubblico ha conosciuto nel corso di una carriera ultracinquantennale.

C’è il Claudio Baglioni dai capelli lunghi delle foto in bianco e nero dei tempi di “Questo piccolo grande amore” - il passaporto per il successo nazionalpopolare: l'omonima canzone, che Baglioni suona piano e voce in penombra, in cima alla scalinata del palco, in uno dei passaggi più riusciti dello show, fu nominata "canzone del secolo" al Festival di Sanremo del 1985 - e quello maturo e malinconico de “Gli anni più belli”. C’è il Claudio Baglioni popstar dei tempi di “Strada facendo” e “La vita è adesso” e quello che con da “Oltre” negli Anni ’90 alzò la sua personale asticella, rivelandosi, oltre che un autore ispiratissimo, anche un musicista sopraffino e ambizioso, costringendo i critici a prenderlo finalmente sul serio. C’è il “divo Claudio”, soprannominato così per via di quell’aria elegante, signorile. Ma c’è anche il Baglioni che riscopre la sua anima fortemente popolare, quello che da ragazzino cantava le canzoni di Paul Anka, Iva Zanicchi e Gene Pitney e che oggi a 72 anni “duetta” con un’ottantina di ballerini, performer e figuranti, lasciando che il suo palco si trasformi in un set di un film di Federico Fellini, come su “Acqua dalla luna”.

Lo show - che dopo le sei date a Roma di questa sera, domani, 23, 28, 29 e 30 settembre farà tappa il 5, 6, 7 e 8 ottobre all’Arena di Verona, il 12, 13, 14 ottobre al Velodromo di Palermo e il 20 e 21 ottobre all’Arena della Vittoria di Bari, prima delle arene indoor da gennaio - è un kolossal pop. Non da stadi, come nel caso dell’“Eras tour” di Taylor Swift. Ma pensato per gli stadi, dove probabilmente approderà già la prossima estate: "Io il Mick Jagger italiano? Però non zompetto come lui - scherza - può essere torni negli stadi già nel 2024.


Ma voglio evitare che il pubblico si goda uno show del genere solo attraverso i megaschermi composti da milioni di led. Voglio che gli spettatori sentano e vedano il sudore dei musicisti. Gli ultimi led che ho visto sudare sul palco sono stati i Led Zeppelin".

Sul palco ci sono più di cento artisti - 102 per la precisione, compreso Baglioni - che indossano 550 costumi: è uno spettacolo totale, immersivo, visionario, di grande impatto, che fonde i linguaggi dei concerti, del teatro e del cinema. E la scaletta è formato “only hits”: dei 38 brani scelti, solo quattro sono pescati dall’ultimo “In questa storia che è la mia” (“Gli anni più belli”, “Mal d’amore”, “Uomo di varie età” e “Dodici note”). “Mi sono sempre trovato in difficoltà con le scalette. Nel corso della mia carriera ho scritto 350 canzoni. Me la sono cavata fino al secondo album: avevo 18 canzoni e le facevo tutte. È inevitabile che dopo cinquant’anni di carriera il concerto diventi un’antologia. Su ‘In questa storia che è la mia’ avevo costruito il concerto al Teatro dell’Opera del 2021, in cui eseguivo solo le canzoni di quel disco. Però questo è uno show diverso”, spiega il cantautore.

Le varie “ere” della storia di Claudio Baglioni tornano anche attraverso alcuni elementi scenici, a partire dalle giacche indossate in passato su copertine o videoclip. Come su “Cuore d’aliante”: “Alcune sono giacche originali del periodo della canzone che canto: è un gioco. Mi confortano: sono una divisa, una protezione, una maschera. Mi fa sentire che il tempo è come se non fosse passato da allora”, spiega il cantautore. Che al tempo dedicò anche una trilogia: la “trilogia del tempo”, appunto, composta dallo stesso “Oltre”, da “Io sono qui” e da “Viaggiatore sulla coda del tempo”. Quel tipo di racconto seriale stavolta lo applica allo show, la cui direzione artistica - così come la regia teatrale - porta la firma di Giuliano Peparini: “È l’ultimo atto di un percorso lungo, cominciato nel 1990, quando all’interno di meccanismi di rappresentazione tradizionale cominciai a introdurre elementi che si rifacevano a quell’idea di spettacolo totale teorizzata da illustri predecessori, a partire da Wagner. Questo show chiude idealmente una trilogia cominciata nel 2018 con ‘Al Centro’ e proseguita poi con ‘Tutti su!’. Lo definirei un Paese delle meraviglie. Chi sceglie di venire a vedere uno spettacolo deve essere stupito. Tempo fa si parlava di musica di evasione: ecco, noi artisti pop non possiamo far scendere il numero di tragedie che ci sono nel mondo, ma possiamo far salire quello delle cose belle e sognanti”.