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Spotify dice che il trucco dei 30 secondi non può renderti ricco

Spotify dice che il trucco dei 30 secondi non può renderti ricco
Gli analisti di JP Morgan hanno anche stimato che circa il 10% dello streaming è falso ed è stato prodotto da dispositivi programmati per riprodurre brani a ripetizione.
A cura di Elisabetta Rosso


Gli ascolti si traducono in guadagni su Spotify, e per questo molti si sono chiesti se esistano o meno trucchi per aumentare le entrate anche senza un pubblico di fan ben nutrito. Tra questi anche gli analisti di JP Morgan che hanno pubblicato la loro ricerca sul Finantial Times. Hanno calcolato che bastano 30 secondi di riproduzione e un software programmato per ascoltare 24 ore al giorno a ripetizione un brano, per guadagnare circa 1200 dollari al mese. I risultati mostrano come la struttura delle royalty dell'azienda musicale svedese potrebbe essere manipolata dagli artisti, o anche dagli utenti abituali. Daniel Ek, CEO del colosso dello streaming, ha negato tutto. Su X ha scritto: "Se fosse vero, la mia playlist sarebbe semplicemente ‘Daniel's 30-second Jam' ripetuta! Ma sul serio, non è proprio così che funziona il nostro sistema di royalty."


Secondo il sito ufficiale Spotify paga due tipi di royalties: registrazione e pubblicazione. "Contrariamente a quanto potreste aver sentito, Spotify non paga le royalties agli artisti in base a una tariffa per riproduzione o per streaming. I pagamenti delle royalties che gli artisti ricevono potrebbero variare in base al modo in cui la loro musica viene trasmessa in streaming." Aggiunge poi: "In molti casi, i pagamenti delle royalties avvengono una volta al mese, ma esattamente quando e quanto gli artisti vengono pagati dipende dagli accordi con la loro etichetta discografica o distributore."

Non solo, i dirigenti di JP Morgan hanno anche stimano che circa il 10% dello streaming è falso, prodotto da dispositivi programmati per riprodurre brani a ripetizione. Dietro agli ascolti non ci sarebbero quindi veri utenti, ma software che servono a far lievitare i guadagni. Spotify ha risposto: "Lo streaming artificiale è un problema di lunga data che riguarda tutto il settore e Spotify sta lavorando per eliminarlo dal nostro servizio"


La truffa dell'intelligenza artificiale su Spotify
Con l'intelligenza artificiale sono aumentati i problemi per Spotify. Ora infatti è possibile, con lo strumento giusto, riprodurre la voce di chiunque e sfruttando la notorietà degli artisti è possibile gonfiare i guadagni. Lo dimostra il caso Heart On My Sleeve, la canzone è falsa, non l’ha scritta Drake, non l’ha scritta The Weeknd, ma se la ascolti sono loro a cantare sopra la base.

Il brano è stato composto infatti da un’intelligenza artificiale generativa che ha campionato le voci dei due artisti, dietro al progetto c’è @ghostwriter, un utente che, dopo aver prodotto il brano, ha deciso di caricarlo su tutte le piattaforme. La canzone è diventata virale, su Spotify è stata riprodotta in streaming 629.439 volte prima di essere ritirata. Con il tasso di royalty più basso di Spotify, 0,003 dollari per streaming, @ghostwriter ha guadagnato circa 1.888 dollari. Ora il brano è stato rimosso da Apple, Deezer, Tidal, TikTok, Spotify e YouTube.


Come ha spiegato Jani Ihalainen, avvocato specializzato sui diritti d’autore, alla BBC: "La legislazione attuale non è neanche lontanamente adeguata per affrontare i deepfake e i potenziali problemi in termini di proprietà intellettuale e altri diritti". Tony Rigg, docente e consulente dell'industria musicale, ha aggiunto: "Forse l'aspetto più preoccupante di questo caso è l'indebolimento dei diritti morali. Se qualcuno può imitare te, il tuo marchio, il tuo suono e il tuo stile, potrebbe diventare tutto molto complesso".