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"Priscilla": Sofia Coppola demolisce il mito di Elvis come uomo

"Priscilla": Sofia Coppola demolisce il mito di Elvis come uomo
La coltellata vanigliata della regista al Re: la recensione del film, presentato a Venezia

Di Elisa Giudici
L'aveva anticipato la stessa regista Sofia Coppola: il mio film non è piaciuto alla Presley's Estate, e non piacerà ai fan del Re del rock ‘n roll. Non è una sparata promozionale, ma una constatazione: l'unica decisione forte che il film "Priscilla" prende è quella di demolire il mito di Elvis uomo, trascurandone la carriera musicale.


Una scelta forte e non scontata, anche alla luce del fatto che la pellicola si intitola "Priscilla", non "Priscilla Presley", né "Priscilla Ann Wagner Beaulieu", il nome da nubile della moglie di Elvis. Il film si basa sul libro autobiografico della donna sopravvissuta prima al matrimonio da giovanissima con uno mito planetario, poi alla morte vera e propria dell'ex coniuge.

Solo Priscilla, così come la regina Maria Antonietta era solo Marie Antoinette nell'omonimo film del 2003, pellicola che rimane a oggi il film più celebrato della regista statunitense. I due film si somigliano moltissimo per estetica e impostazione. “Marie Antoniette” però è decisamente più riuscito, perché dà una voce alla sua regina adolescente triste, mentre "Priscilla" non riesce davvero a fare giustizia alla sua protagonista.

"Priscilla" si focalizza sulla relazione tra la giovanissima studentessa texana che ha seguito la famiglia in una base militare statunitense nella Germania Ovest e il giovane Elvis, che vive alla base di stanza lì per il servizio militare. Priscilla è una Britney Spears annoiata nel video di “Baby One More Time” del 1998, al netto dello sguardo sessualizzante voluto dai discografici all'epoca. Stessa faccia pulita, stessi golfini pastello, stesso piede che dondola annoiato in classe. È l'epitome della ragazza americana fan di Elvis, che fa i compiti al diner locale mentre sorseggia una Coca-Cola dalla bottiglia di vetro con la cannuccia bianca e rossa .

Da subito Priscilla non è una persona propriamente intrigante, non ha granché d'interessante da raccontare: è una ragazza timida e a modo, che apprezza e ricambia le attenzioni del divo. Priscilla è una figlia devota e un po' annoiata, imbronciata per la lontananza dagli amici di Austin. Cosa vede Elvis in lei? Lui è giovane sì, ma non più adolescente ed è già una stella. Ha donne più interessanti attorno, ma è spaventato dalla loro fisicità, dalla loro forza: teme più di tutto di non essere abbastanza maschio, uomo, macho.

Difficile però capire cosa veda Priscilla in lui oltre un ragazzo che “ha bisogno di lei”. Così Priscilla diventa un token vivente dell'americanità assente nella vita del soldato Presley, l'incarnazione di una purezza dolce e femminea che nelle sue fan scalmanate e sfacciate non trova.

Sembra quasi che Coppola abbia visto "Elvis" (2022) di Baz Luhrmann - un film in cui Priscilla è poco più di una comparsa - e si sia decisa a correggere il tiro. Non è ovviamente così per tempistiche produttive, ma è interessante come Coppola disfi il lavoro di Luhrmann sul mito di Elvis.

Il re non c'è mai: la sua musica è relegata ai margini, praticamente assente, l'unica esibizione mostrata lo raffigura di spalle, in controluce, mentre fa mossette per il pubblico di Las Vegas: gli fa il verso. “Priscilla” è soprattutto il ritratto di un uomo crudele e manipolatore, che chiude la sua ragazza in una prigione dorata e ne condanna ogni accenno d'indipendenza o personalità.


La vuole sempre pronta a rispondere alle sue telefonate a casa mentre lui sta via per settimane, le impedisce di lavorare o portare “estranei” a Graceland, la sommerge di regali che la fanno sempre più somigliare a una bambola. Arriva a dettarle il look, a scegliere i colori e le stampe che può indossare, rendendola una versione di sé al femminile. Non solo manipolatore: Elvis è anche un debole, dipendente dal padre e dal Colonnello, che si sente minacciato da ogni esibizione di forza di Priscilla. Esibizioni invero molto rare.

Particolarmente interessante risulta il discorso sulla vita intima della coppia: Elvis è più grande ma si comporta da adolescente impacciato nella sua vita affettiva, anche dopo il matrimonio. Smorza continuamente gli slanci amorosi di Priscilla, detta i tempi del sesso, più che altro negandolo. Se lei non fa l'ubbidiente bambolina, minaccia di rispedirla a casa. Se non è entusiasta quando richiesto, le tira addosso una sedia.

Prima come moglie, poi come madre, Priscilla acquisisce il distacco necessario per restituire al mittente questa manipolazione. Sarà lei poi ad accogliere con gelida calma le richieste di spazio di Elvis, deviare i suoi rari slanci focosi, fino a maturare la decisione di lasciarlo.

Decisione che matura lontano dalle scene di “Priscilla”: la conclusione del film è uno stacco brutale che non chiude il film, lo tronca. Proprio sul più bello.


Se Elvis infatti è un carnefice e un debole insieme, Priscilla è poco o niente. È questo il maggior difetto della pellicola di Coppola: rischia di far apparire comunque più interessante il personaggio che vorrebbe mettere da parte. Elvis è crudele e succube, ma tenta a modo suo di trovare stimoli e interessi, siano santoni, LSD o saggi new age.

Priscilla invece, incastonata in una cornice di scena di suppellettili americane (smalti per unghie, pistole, abiti, cosmetici, ninnoli e farmaci), se ne sta seduta ordinatamente sul divano con il suo barboncino. Il film accenna alla sua inadeguatezza come madre, al suo tedio esistenziale, però non riesce a farci guardare dietro di lei, né tantomeno farci capire come abbia messo insieme i pezzi e capito che era ora di voltare pagina.

A differenza di quanto succedeva in "Marie Antoinette", qui Coppola è troppo concentrata a collezionare figurine e figuracce di Elvis, un omino piccolo così, per dare una voce a Priscilla. Nelle ultime scene del film la vediamo ritagliarsi il suo spazio, provare cose nuove, incontrare persone nuove. Non è chiaro però come abbia fatto a uscire dalla sua prigione, quanto sia stata importante la maternità, cosa senta come madre, come moglie, come regina di Graceland. Quando Priscilla comincia a diventare una persona interessante, quando trova se stessa e la sua voce, ecco che il film s'interrompe.


Nonostante la buona performance di Cailee Spaeny, "Priscilla" rimane un film dal profumo vanigliato, lontano dal dare un ritratto sfaccettato della sua protagonista, a cui non viene nemmeno concessa una vita dopo Elvis. Uno strano destino per un film che vuole raccontare un’altra regina prigioniera, ma finisce per disinteressarsene non appena si allontana dal suo re decaduto.