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Italian psycho: la musica di Mengoni (im)pazza al Circo Massimo

Italian psycho: la musica di Mengoni (im)pazza al Circo Massimo
Cita il film cult, canta i dubbi da Re Matto, spazia dal rock alla dance: la recensione dello show.

Di Mattia Marzi

“Sentitevi liberi di fare ciò che volete: ballate, cantate. Questo è il posto giusto”: Marco Mengoni mette subito le cose in chiaro, all’inizio dello show. Mentre alcuni ballerini si moltiplicano sui maxischermi, alludendo a una liberazione collettiva, sulle note di “No stress” il cantante si scatena davanti ai 60 mila del Circo Massimo in giacca e shorts total white, invitando il pubblico a lasciarsi andare proprio come lui. La festa è appena cominciata e le atmosfere sono già calde, roventi. Sui led compaiono alcune immagini di Mengoni in tenuta sportiva, una citazione dell’iconico allenamento di Christian Bale in “American Psycho”, il film di Mary Harron nel quale l’attore britannico interpretava lo psicopatico assassino assetato di sangue Patrick Bateman.

.“Relax”, “Enoy”, “Shout”, “Dance”, “Sing”, “Feel free to be yourself”: le parole chiave dello show vengono ribadite a mo’ di slogan. Sintetizzano il senso del concerto, che tra omaggi alla comunità lgbtqi (su “Guerriero”, alla fine della lunga maratona, il cantante sventolerà la Progress Pride flag di Daniel Quasar, come all’Eurovision), tributi alle dive della black music o del pop contemporaneo - da Tina Turner a Beyoncé - e messaggi di stampo sociale, assume subito le sembianze di una riproduzione del Mengoniverso, della filosofia che ruota intorno alla musica di Mengoni e dalla quale spesso viene incarnata: è uno show inclusivo e policromatico, un inno alla libertà di essere sé stessi, senza costrizioni. Capace di parlare a tutti.

Marco Mengoni arriva sul palco sfilando in mezzo alla gente nel prato sulle note di “Cambia un uomo”, mentre sugli schermi si susseguono flash degli ultimi due - intensi - anni della sua carriera. Stringe le mani dei più fortunati attaccati alle transenne, arrivati nell’antico stadio romano già dalle prime ore dell’alba per correre sotto il palco al momento dell’apertura dei cancelli, e sorride agli obiettivi dei cellulari: dirigendosi verso le scalette della passerella che divide in due il pit del Circo Massimo, dove ieri sera ha chiuso il suo primo tour negli stadi da oltre 300 mila biglietti venduti, sembra quasi voler restituire al pubblico un po’ di ciò che il pubblico gli ha dato in questi quattordici anni.

“Questo è uno dei regali più belli che mi abbiano mai fatto nella vita”, si commuove sul palco, ancor prima dell’inizio del concerto, al termine di un’era della sua carriera da incorniciare, suggellata dall’immagine dei 60 mila flash che trasformano l’antico stadio romano in una distesa infinita di luci. Il concerto non è soltanto una festa di chiusura del tour (la musica comincia a risuonare nell’area già dalle 16.30, con i dj set di Dardust, Estremo e Whitemary, mentre per l’afterparty dietro la consolle si presenterà la francese Chloé Caillet). Marco Mengoni non racconta solo questi due anni di successi, tra tre dischi (la trilogia di “Materia”, di cui “Pelle”, uscito a maggio, rappresenta l’ultimo tassello), una sfilza di singoli, il ritorno in gara al Festival di Sanremo con “Due vite”, la partecipazione all’Eurovision Song Contest, la prima tournée negli stadi: .davanti al pubblico di una città che sente sua - lui che poco più che ventenne lasciò Ronciglione, in provincia di Viterbo, e si trasferì nella Capitale in cerca di quella strada per il successo che tra le sessioni con il team di lavoro di Giorgia e Alex Baroni e le serate nei locali avrebbe trovato ai provini di “X Factor” - ripercorre anche le tappe di un percorso partito quattordici anni fa. Raccontando la sua crescita.


“Esseri umani”, “Voglio”, “Muhammad Ali”, “Credimi ancora”: mischiando passato e presente, pescando dai vari titoli della sua discografia, il cantante laziale mette in piedi lo show pop perfetto. Non solo per il repertorio, che è di fatto un greatest hits che vale 75 Dischi di platino e oltre 4 milioni di copie vendute e che rende il concerto una sorta di gigantesco karaoke a cielo aperto. Ad innalzare il livello dello show ci pensa anche la produzione, opera dei Black Skull Creative, studio londinese di architetti, designer e creativi già al fianco di Elton John e Dua Lipa Poco importa che l’allestimento riprenda quello già visto a San Siro e all’Olimpico lo scorso anno e poi in scala ridotta nelle arene, con il palco pensato come lo studio di un programma televisivo musicale di fine Anni ’70 (“Discoring” e dintorni, per intenderci), sormontato da un grosso anello (illuminato dalle luci di Jordan Babev, già dietro i curatissimi show degli Editors, prima di essere chiamato anche dai Maneskin), un maxischermo centrale e due laterali (a dirigere le camere c’è Cristian Biondani, che ha firmato l’Eurovision italiano dello scorso anno) e i musicisti, undici in tutto, disposti sui gradoni intorno al microfono.

.Fiamme, laser, effetti speciali rendono tutto più epico. E trovate sceniche di grande effetto rendono l’impatto complessivo notevole. Come quando, dopo aver lasciato spazio ai coristi Moris Pradella, Yvonne Park, Elisabetta Ferrari e Nicole Di Gioacchino, che si cimentano con un mash up tra “Dance to the music” di Sly and the Family Stone, “Respect” di Aretha Franklin, “Move on up” di Curtin Mayfield, “Something got a hold on me” di Etta James e “Something special” di Patti Labelle, Marco Mengoni ricompare statuario in cima ai gradoni del palco e apre con “Luce” il cuore dello show, quello in cui anche le sonorità guardano agli Anni ’70, tra soul e r&b. Lo introduce - per la cronaca - una presentatrice d’eccezione, Drusilla Foer, che tra luci retrò e look gold presenta la band.




Non è meno impattante l’ingresso in scena di Elodie. Marco Mengoni non ha ancora finito di cantare “L’essenziale” quando la Rihanna de’ noantri, partita dal Quartaccio alla conquista del music biz italiano, compare con i suoi stivaloni bianchi sulla scalinata alle sue spalle su un accenno di “Crazy in love” di Beyoncé, facendo venire la tachicardia ai ragazzi che sono stati trascinati al Circo Massimo dalle rispettive fidanzate: è il momento di “Pazza musica”, tra i singoli più suonati dalle radio in queste settimane, una delle canzoni più attese in scaletta. È tutto esageratamente pop, ma di qualità. E fatto bene In un’epoca in cui nel raccontare i tour degli artisti italiani l’espressione “produzione da show internazionale” è tra le più abusate in assoluto, anche impropriamente, l’esempio di Mengoni - che in autunno partirà alla volta di un tour europeo, al via il 18 ottobre da Barcellona - è quello che si avvicina in maniera più credibile all’obiettivo.

In fondo .è la storia stessa di Marco Mengoni a somigliare a un piccolo pamphlet su come diventare popstar, in Italia. “Mi fiderò”, il duetto con Ariete su “Due nuvole” (uscito a mezzanotte sulle piattaforme, a sorpresa) e con Bresh su “Chiedimi come sto”, “L’essenziale”, la sanremese “Due vite” (con tanto di esplosione di coriandoli), “Fiori d’orgoglio”, “Sai che”, “Hola”, “Ti ho voluto bene veramente” e “Ma stasera” sono solo alcuni dei successi che hanno scandito l’ascesa del cantante: il concerto in sé è una bella compilation senza sbavature. Che suona fin troppo perfetta, iperpop, tra funk, richiami alla dance Anni ’80, ballatone ultraclassiche. Mengoni accontenta, soddisfa, rassicura. Poi di tanto in tanto appare un guizzo, un graffio. La luccicanza.

La cover di “Psycho killer” dei Talking Heads che Morgan gli fece cantare in una delle puntate di X Factor, a differenza dello show della scorsa settimana a San Siro, al Circo Massimo non c’è. A ricordare quella fase della sua carriera ci pensa una versione quasi punk rock di “Credimi ancora”, tra chitarre distorte e fiamme: altro che “pazza musica”, la lucida follia di Mengoni riemerge in quei “forse sì forse no” da “re matto” amletico, ambiguo, misterioso. Ma è quando gioca con le sfumature della sua voce nei pezzi più black della scaletta che il cantante torna a spiazzare, contando anche sul suono corposo della band, di cui fanno parte alcuni dei musicisti che suonavano con lui già nel turbolento periodo post-talent come il bassista Giovanni Pallotti (sua la direzione musicale dello show), il chitarrista Peter Cornacchia e il batterista Davide Sollazzi (oggi suona anche con Calcutta).

Sul palco del Circo Massimo, davanti a una distesa di flash, lo fa con “.Luce”, “Proteggiti da me”, il duetto con Gazzelle sul soul bianco de “Il meno possibile” e quello con “il maestro” - lo chiama così - Samuele Bersani su “Ancora una volta”: quando ritrova le sue radici "nere", non ce n’è davvero per nessuno.

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Tra una canzone e l’altra non si fa mancare un monologo. L’anno scorso il tema era il peso delle parole. Quest’anno ha a che fare con il significato che Mengoni attribuisce al prisma - il poliedro viene anche ricreato sul palco, in uno dei passaggi più spettacolari dello show, all’interno di una struttura sulla quale il cantante si esibisce - esplorando ogni singola sfaccettatura che caratterizza l’essere umano per un’analisi introspettiva, sull’importanza di lavorare su sé stessi per combattere le ingiustizie Prova a sensibilizzare il suo esercito, così come chiama i fan.

Indignandosi: “Mentre proviamo ad essere migliori ogni giorno, tutto intorno a noi sembra diventare più crudele. .È per questo che vorrei saper combattere contro le ingiustizie, quelle che non vanno capite, comprese e giustificate. Che anche passando attraverso un prisma continuano a fare schifo. Questo mondo, questa vita, sono tutto ciò che abbiamo. E sarebbe giusto fossero più belli, più equi, più facili per tutti. Ma così non è. E allora è arrivato il momento di incazzarsi. E di lottare. Perché forse solo tutti insieme possiamo ancora cambiare le cose”. “Sei di sinistra? Li leggi i giornali? / Se vieni da un talent, non puoi avere ideali”, cantava dodici anni fa in “Come ti senti”, una delle canzoni dell’album “Solo 2.0”, un collage di frasi prese dagli articoli che i media gli avevano dedicato dopo la vittoria a X Factor.



All’epoca si lasciava intimidire. Oggi chiede di essere preso sul serio. “Proibito” è uno dei passaggi più intensi della serata. “Non ho più armi con te, ma tu sei più nudo di me / stanotte dormo da te, hai detto che lui non c’è”, canta, quasi sussurrando, Mengoni. “È un pezzo molto importante. Racconta di una storia d’amore. Non del tutto corrisposto, questo amore. Ma semore amore è. E siccome è l’ultimo concerto che faccio quest’estate, volevo ripetere questa cosa. Proibizione, limitazione: non esistono questi due aggettivi in amore. L’amore è libero e lo sarà sempre”, chiarisce.

“Pronto a correre” dà al concerto l’ultima spinta elettrorock prima del finale tutto da ballare con “.Io ti aspetto”, che accompagna i titoli di coda non solo della serata, ma dell’intera tournée, mentre Mengoni si muove lungo la passerella per ringraziare il pubblico, sotto una pioggia di stelle filanti e pure di fuochi d’artificio: “È l’ultimo concerto di questa stagione. Sono un po’ triste, ma da domani avrò comunque questo ricordo qui e questa ultima fotografia - dice, guardandosi intorno - mi avete fatto un regalo che non so neanche se meritavo”.

SCALETTA:

“Cambia un uomo”

“Esseri umani”

“No stress”
“Voglio”

“Muhammad Ali”

“Credimi ancorà”

“Mi fiderò”

“Luce”

“Proteggiti da me”

“Il meno possibile” (con Gazzelle)



“Due nuvole” (con Ariete)

“L’essenziale”

“Pazza musica” (con Elodie)

“Due vite”

“Fiori d’orgoglio”

“Sai che”

“Hola”

“Chiedimi come sto” (con Bresh)

“Ti ho voluto bene veramente”

“Ancora una volta” (con Samuele Bersani)

“Guerriero”

“Proibito”

“Ma stasera”

“Pronto a correre”

“Io ti aspetto”