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Mogol: “incontrerò Battisti quando sarò morto”

Mogol: “incontrerò Battisti quando sarò morto”
L’87enne paroliere parla al Corriere della Sera di Sanremo, del Premio Nobel e della Numero Uno

Di Luca Trambusti

Mogol (Giulio Rapetti) si confessa in un’intervista al Corriere della Sera in cui parla del suo rapporto con la musica. “Non conosco i giovani” confessa “Non ascolto musica, non l’ho mai fatto. Ho ancora il giradischi ma mi mancano i dischi”.

Caustico anche sul Festival di Sanremo, manifestazione che per tre volte (61, 63 e 65) lo ha visto trionfare come autore di testi. “Non lo guardo. La competenza per me è fondamentale”. Non è una novità questa sua posizione, infatti il paroliere più famoso e prolifico d’Italia già aveva espresso il suo pensiero negativo lo scorso dicembre quando era stato presentato il cast dell’edizione 2023. “È il festival degli influencer - aveva allora dichiarato alle agenzie stampa - Ci vuole qualcuno che scelga le canzoni sulla base della qualità. ” E sulla possibilità che sia lui a ricoprire il ruolo di direttore artistico dice secco al Corriere della Sera che lo farebbe solo se lo pagassero molto bene.

Interrogato sul suo rapporto con Lucio Battisti Mogol (che ha dichiarato di aver venduto 523milioni di dischi) ha detto: “Lo penso. Credo che lo incontrerò quando sarò morto. Chissà se avrà la chitarra? Sarebbe bello fare un’altra canzone insieme” O magari anche solo recuperare quella “Il paradiso non è qui”, brano che Mogol scrisse per Battisti ma che questo non incluse nel suo album per il veto della vedova Grazia Letizia Veronese. A tal proposito l’87enne autore ricorda nell’intervista: “Quella è una cosa molto ingiusta perché era stato lui a chiedermi di scrivere la canzone. Ho lavorato gratis, senza la possibilità di risentirla. Ed è una delle più belle.” “Non sento mai Grazia Letizia Veronese ma prego per lei, che si ravveda”

Nell’intervista Mogol parla anche della possibilità di vincere un Nobel per la letteratura. Premio a cui era già stato candidato nel 2016 (lo stesso anno in cui vinse Bob Dylan) e a cui annuncia riprovare per la prossima edizione. “Quest’anno ci riprova la Società Dante Alighieri. A chi non piacerebbe vincerlo? Però nella mia vita ho avuto già tanto. Per non parlare di tutte le volte, almeno venti, che mi sono salvato mentre nuotavo, andavo a cavallo o in altre situazioni pericolose. Cosa posso chiedere di più?"

Al suo passato potrebbe chiedere di rivalutare la vendita dell’etichetta “Numero Uno”, label da lui fondata nel 1969 con il padre Mariano Rapetti (a sua volte autore - Calibi, come lo è anche Alfredo, il figlio di Mogol con il nome d’arte Cheope) e Alessandro Colombini. In un secondo momento entrarono in società anche Lucio Battisti e altri. Ricordiamo che per la Numero Uno (il cui logo fu creato da Guido Crepax - quando disegnava le copertine dei dischi, prima di diventare il “papà” di Valentina) incidevano tra gli altri oltre a Lucio Battisti, Bruno Lauzi, Formula 3, Premiata Forneria Marconi, Adriano Pappalardo e anche Ivan Graziani, già chitarrista di Battisti. La Numero uno nel 1974 fu venduta alla RCA (da cui era nata) e oggi dal 2020 è un marchio RCA/Sony e ha pubblicato Colapesce e Dimartino, Iosonouncane, La Rappresentante di Lista. La cifra di vendita del 1974 fu di 400 milioni di lire. E a tal proposito Mogol confessa al Corriere della Sera che questo è il suo più grande rimpianto “abbiamo preso tre lire mentre valeva molto di più. Ma avevamo stipendi importanti e avevo paura di non riuscire a pagarli,”