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Il disco del giorno: Tom Waits, "Rain Dogs"

Il disco del giorno: Tom Waits, "Rain Dogs"
Consigliato e raccontato da Carlo Boccadoro

Rain Dogs (Cd Island CID 131 90200-2)

Pochi artisti hanno operato una trasformazione del proprio stile in maniera radicale e assoluta quanto Tom Waits. I suoi dischi degli anni ’70 erano indubbiamente molto belli, album come "Heartattack and Vine" e "Blue Valentine" non possono mancare nella vostra discoteca, tuttavia in quei dischi l’atmosfera era stilisticamente assai definita; canzoni ad alto tasso alcolico, basate su arrangiamenti di pianoforte e archi, atmosfere fumose da club jazz che incorniciavano storie di derelitti e spostati che vivevano ai margini della società.

Con il disco "Swordfishtrombones", del 1983, improvvisamente Waits opera una completa trasformazione della propria personalità musicale in maniera da provocare uno shock a chi lo aveva seguito sino ad allora. Eccoci di fronte a brevi composizioni dal carattere fortemente sperimentale, influenzate sia dal cabaret espressionista di Kurt Weill che dai
poeti beat e dal blues di Howlin’ Wolf, ricche di suoni bizzarri, percussioni esotiche e metalliche, chitarre distorte,armoniume organetti, gruppi di ottoni che ricordano antiche bande di paese e forniscono l’atmosfera ideale per la voce di Waits, sempre più intensa e carica di fumo, che continua a esplorare l’universo di coloro che vivono nella disperazione aggiungendovi immagini visionarie e distorte ricche di simboli.

Il disco sollevò un putiferio di polemiche dividendo gli ascoltatori tra detrattori ed entusiasti, ma Waits era ben deciso a proseguire in questo stile; questo successivo "Rain Dogs" è ancora meglio, se avete il budget per comperare un solo disco del grande artista di Pomona questo è definitivamente l’album da portare a casa.

Rispetto al precedente il lato più tenero, malinconico e poetico di Waits ha modo di comparire con maggiore frequenza, e ballate commoventi come "Time" e "Anywhere I Lay My Head" ne sono splendide dimostrazioni. I testi parlano spesso di posti esotici e lontani, muovendosi tra Singapore e il Sudamerica per ritornare alle tristi ragazze pendolari di "Downtown Train", alle sigle dei telefilm anni ’50 (lo strumentale "Midtown") e al paesaggio newyorchese di "Union Square" e "Walking Spanish".

Esattamente come Fassbinder o Bukowski, Waits trova la bellezza in ciò che appare deforme e scomodo, fregandosene delle
pressioni commerciali del mercato e seguendo la propria ispirazione di rabdomante di anime.


Carlo Boccadoro, compositore e direttore d’orchestra, è nato a Macerata nel 1963. Vive e lavora a Milano. Collabora con solisti e orchestre in diverse parti del mondo. E’ autore di numerosi libri di argomento musicale.

Questo testo è tratto da "Lunario della musica: Un disco per ogni giorno dell'anno" pubblicato da Einaudi, per gentile concessione dell'autore e dell'editore.