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Perdersi nuovamente dentro al suono degli Everything But The Girl

Perdersi nuovamente dentro al suono degli Everything But The Girl
Dopo 24 anni, "Fuse"; un disco fatto in casa composto da mantra, ritmiche killer e storie personali
Recensione del 16 apr 2023 a cura di Michele Boroni


VOTO 8,5/10
La recensione
24 anni nel mondo del pop sono un'infinità, perciò può essere davvero difficile riprendere le fila di un sodalizio (in questo caso solo artistico) dopo un tempo così lungo.
Avevamo lasciato Tracey Thorn e Ben Watt nel 1999 con “Temperamental”, un disco intriso di drum’n’bass, speed garage, deep house e trip hop, straordinario per il club ma che forse aveva perso per strada quel tocco malinconico tipico degli Everything But The Girl (EBTG).

Quel tocco che ci ha fatto innamorare di loro fin dai tempi dell'esordio della bossa jazzata di "Eden", per poi continuare con il soul pop americano di "The Language Of Life" prodotto da Tommy LiPuma fino ai primi pezzi di drum'n'bass liquido dell'inizio dei '90. .
Nel frattempo i due, marito e moglie nella vita, hanno condotto carriere artistiche seperate, Watt impegnato molti progetti come producer, remixer, discografico e dj, mentre Tracey Thorn scrivendo quattro libri e una manciata di dischi solisti alcuni dei quali davvero notevoli (come dimenticare l'amaro “Love and its opposite” del 2010 sulle coppie dei amici che divorziavano?).
Da questo punto di vista “Fuse” è davvero una fusione delle due anime, quella più electro di Watts e l'altra, più intimista e acustica, di Tracey Thorn. E allora sembra che 24 anni siano passati in un soffio, cosicché le rughe del sessantenne Watts e i capelli bianchi come la neve della Thorn sembrano solo la trovata di un art director.

Ogni canzone una storia
Il disco si apre come meglio non potrebbe con “Nothing left to lose” che è già un instant classic con il suo beat dubstep e la voce della Thorn profonda e disincantata che chiede al suo amante «Kiss me while the world decays / Kiss me while the music plays» ripetuto come un mantra ipnotico, così come le tante altre reiterazioni che ritroviamo in tutto il disco.
“Fuse” combina la garage house e le ritmiche da dancefloor di Watts di canzoni come “Caution to the wind” e “Forever” con l'amore per le canzoni pop malinconiche come in “Lost” o in “Interior Space”, una delle vette di questo disco dove la voce di Tracey Thorn si fa ancora più roca, profonda ma anche vellutata e che in certi tratti ricorda quella di Nina Simone.

Poetica da club
Ma il miracolo di questo disco si ha quando queste due anime si incontrano nel racconto e quindi nei testi delle canzoni. Nella ballad “Run a Red Light”, l'unico brano scritto dal solo Watt, viene raccontato il punto di vista di un dj resident di un club che ama il suo lavoro («Keep it simple, keep the same crowd») ma che forse desidera qualcosa di meglio. In “No One Knows We're Dancing” i protagonisti sono una serie di clubbers - da Fabio da Torino arrivato con la sua Cinquecento a Amy, commessa in un negozio di animali – che continuano a ballare “intrappolati in un sentimento” mentre fuori picchia forte il sole della domenica.

Poetica da club, dove il dancefloor diventa un luogo dove perdersi per ritrovarsi ancora più consapevoli. Gli EBTG sovrappongono abilmente il personale e il politico, così “When you mess up” diventa un messaggio probabilmente ai propri figli di fronte ai casini della vita: «Non essere così duro con te stesso… bevi qualcosa, parla troppo forte, sii uno sciocco in mezzo alla folla, ma perdona te stesso» canta la Thorn con la sua splendida voce qui efficacemente pitchata.

Perdersi per ritrovarsi
In “Karaoke”, la canzone che chiude il disco, anche una saletta per il karaoke diventa un posto sicuro dove perdersi di nuovo per ritrovare paradossalmente – specialmente per la Thorn, dopo anni di paura dell'idea di esibirsi dal vivo - l'amore e l'essenza del canto e quindi della vita («You hit the highs and own the lows» altro mantra del disco).
“Fuse” è un disco composto e prodotto a casa.

Non c'è nessun altro oltre alla coppia Watt-Thorn, con lui che suona tutti gli strumenti (perfino l'iPhone), con la sola eccezione di un field recording della spiaggia di Druidstone realizzato da Bruno Ellingham. Nessuna featuring, nessun producer o autore in più. E' un disco essenziale (10 canzoni per 35 minuti), fortemente voluto dai due che finalmente avevano davvero qualcosa da raccontare: in questo caso di come la musica e il ballo possono essere àncore di salvataggio, qualcosa a cui aggrapparsi per perdersi un po', guardarsi dentro e prendere consapevolezza per continuare a vivere. .
Come cantano in “Forever” «Give me something I can hold on to forever / Give me something I can hold on to whatever»


TRACKLIST
Nothing Left To Lose

Run a Red Light

Caution to the Wind

When You Mess Up

Time and Time Again

No One Knows We’re Dancing

Lost

Forever

Interior Space

Karaoke