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Meta non rinnova l’accordo Siae, musica via dalle piattaforme. La replica: inaccettabile

Meta non rinnova l’accordo Siae, musica via dalle piattaforme. La replica: inaccettabile
Entro 48 ore tutti i contenuti su Instagram e Facebook con all’interno materiale sotto copyright saranno rimossi o silenziati. Caso unico in Europa
di Francesco Prisco e Biagio Simonetta


Ladies and gentlemen, è saltato il tavolo. Meta, holding proprietaria di Facebook e Instagram oltre che di WhatsApp, ha comunicato di non aver raggiunto un accordo con Siae per il rinnovo della licenza sul diritto di autore, scaduto l’anno scorso. Di conseguenza, nelle prossime 48 ore un team dedicato del colosso californiano dovrebbe provvedere a rimuovere (o silenziare) tutti i contenuti (video e reels) recanti tracce del repertorio Siae (la maggior parte, per capirci, considerando che Siae, in quanto ex monopolista, è la collecting leader di mercato in Italia).

Il nodo della quantificazione del diritto d’autore sui social
Più che una questione di soldi (che pure sono un aspetto non secondario del problema) c’è stata una sensibile differenza d’approccio tra le due parti in causa. Dal punto di vista della Società italiana autori ed editori, non c’è stata sufficiente trasparenza nella trattativa da parte del colosso di Mark Zuckerberg: Siae avrebbe infatti chiesto a Meta di quantificare i ricavi provenienti dai contenuti con «colonna sonora» tutelata da Siae, per meglio stabilire la somma necessaria a compensare autori ed editori italiani. Ma Meta - un po’ come tutte le Big Tech - non fornisce verticalizzazioni nazionali sul proprio giro d’affari. Da qui un muro contro muro che ha portato la multinazionale alla decisione clamorosa di far saltare il banco.

Quello italiano rischia di diventare un caso internazionale, perché secondo fonti vicine all’azienda di Menlo Park, il mancato accordo con Siae è unico a livello europeo, dove Meta pare abbia raggiunto la proverbiale stretta di mano coi vari organismi. Ma è pur vero che il mercato del diritto d’autore, nonostante il quadro comunitario tracciato dalla Direttiva Barnier, ha delle peculiarità legate alla storia dei singoli Paesi. È vero che il settore - il cui valore, se parliamo di musica, qui da noi si attesta sui 308 milioni - è solo per un terzo alimentato dai ricavi che provengono dal segmento digital (fa fede l’ultimo rapporto Cisac). E che le big tech hanno una non proprio felice tradizione di value gap, brillantemente superata nel caso delle piattaforme di streaming grazie agli abbonamenti premium.


La posizione dei discografici
Come valuta il mercato discografico quanto sta accadendo? «La recente Direttiva copyright - sottolinea Enzo Mazza, ceo di Fimi - ha stabilito regole molto precise per le licenze di musica online e pertanto ci auguriamo che Siae e Meta trovino presto un accordo nell’interesse del crescente mercato musicale in Italia e degli aventi diritto».