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Vade retro, "Musica leggerissima 2"

Vade retro, "Musica leggerissima 2"
Colapesce e Dimartino tornano all'Ariston contro il “veleno delle aspettative”. L'intervista.

Di Claudio Cabona

"Musica leggerissima” alla fine si è trasformata in un mostro buono, di quelli diventati talmente grandi da risultare difficili da gestire: oltre 150 milioni di streaming, cinque Dischi di Platino, una versione in spagnolo che l’ha trasformata in una hit internazionale. Il rischio di cadere nella trappola della ripetitività, creando in laboratorio un Frankenstein simile a quell’incredibile successo, poteva essere concreto. Invece Colapesce e Dimartino, in gara al Festival di Sanremo con “Splash”, hanno tenuto intatto il loro timbro sonoro, ma hanno deciso di viaggiare verso altri panorami con un brano che quel trabocchetto infernale lo vuole disinnescare. E non è finita: il 20 febbraio arriva nei cinema “La primavera della mia vita”, il film scritto e interpretato dai due cantautori e musicisti siciliani, una pellicola che segna l’esordio cinematografico della coppia che firma anche la colonna sonora originale. Un’altra avventura, un altro scacco matto al ripetersi.

Come arrivate emotivamente e artisticamente a questo Festival?
Dimartino: “Arriviamo dopo un anno di lavoro intenso. Non ci siamo mai fermati. È stato un anno creativo importante: la scrittura del film, oltre che della sua colonna sonora, è stata una sfida. A Sanremo ci si va senza sapere realmente se si è preparati o meno. Lo si scopre strada facendo”.
Colapesce: “Lo definirei un anno di novità. La scrittura della sceneggiatura del film e il vestire i panni da attori, hanno creato una sorta di metaverso Colapesce-Dimartino. È stato un periodo stimolante, faticoso e divertente. Anche la realizzazione della colonna sonora è stata interessante perché ci ha permesso di lasciarci andare. C’è una lunga e maggioritaria parte strumentale che ci ha consentito di tornare in studio a suonare, a suonare tanto. È stato come viaggiare indietro di vent’anni a quando provavamo e riprovavamo in piccoli studi in Sicilia”.

Qual è la storia evocata da “Splash”?
Colapesce: “La canzone utilizza la metafora della storia d’amore per parlare di argomenti a noi cari. Siamo partiti da una frase: ‘Io lavoro per non stare con te’, che ricorda testi che amiamo molto come quel ‘Mi sono innamorato di te perché non avevo niente da fare’ di Luigi Tenco. Sembra un concetto banale, ma non lo è perché si apre ad altri ragionamenti. Io vivo a Milano da 9 anni, Antonio da un po’ meno. La city si nutre di aspettative, tutti le hanno sul lavoro e nella vita. Il tempo è scandito dalle aspettative. E perfino quando si pubblica un post su Instagram si ‘aspettano’ i cuori di chissà chi. Il veleno delle aspettative ha intossicato le nostre vite”.

Qual è la reazione che sperate susciti?
Colapesce: “Quando l’abbiamo fatta ascoltare ai nostri amici, sono rimasti infastiditi da alcuni concetti. Si sentivano toccati perché abbiamo scritto qualche cosa che non si aspettavano. Le canzoni che suscitano questi sentimenti, che quasi rappresentano una minaccia, stanno facendo il loro dovere”.
Dimartino: “È questo il ruolo della canzone d’autore. Se è conturbante, se turba, può entrare nel personale e puntare all’universale. Piero Ciampi in che ‘Ma che buffa che sei’ scrisse ‘Quel pugno che ti detti…’. C’è qualche cosa di violento e toccante in quel testo, un elemento che non si dimentica. Rimane addosso anche dopo l’ascolto”.

Possiamo parlare ormai di un vero suono alla Colapesce e Dimartino?
Dimartino: “È esattamente quello che cerchiamo. Noi lavoriamo tanto sulla ricercatezza del suono, in un momento storico in cui le produzioni sembrano assomigliarsi tutte. ‘Splash’ affronta un’altra storia rispetto a quella di ‘Musica leggerissima’, ma c’è comunque un filo rosso a legarle. Quando ci siamo messi a scrivere il pezzo, l’intento era proprio quello di non fare ‘Musica leggerissima 2’. A noi non piacciono gli artisti che, funzionato qualche cosa, rimarcano quella strada ancora e ancora. La stanchezza e la ripetitività di un cantante credo che siano gli elementi peggiori da vedere per un fan. Anche nelle nostre carriere soliste abbiamo sempre cercato di non ripeterci, semplicemente perché non vogliamo annoiarci”.
Colapesce: “Lavoriamo tantissimo su un sound riconoscibile. Per noi è importante e forse ci viene anche più naturale perché siamo musicisti. I pezzi li scriviamo e li suoniamo. Grazie al lavoro insieme a Federico Nardelli e Giordano Colombo abbiamo creato un preciso immaginario, che ci rappresenta e sentiamo nostro”.

Avete in programma un nuovo disco collaborativo?
Colapesce: “Stiamo lavorando a diversi inediti, ma non so dire con che tempi o con che modalità li pubblicheremo. Un progetto probabilmente ci sarà: abbiamo altri fastidi da mettere in musica (sorride, ndr)”.
Dimartino: “La colonna sonora del film invece uscirà dopo l’uscita della pellicola. Anche quello è un progetto a cui crediamo molto. Dentro c’è musica suonata in presa diretta, è una musica d’istinto che ci ha dato nuova linfa”.

Una fotografia: nel febbraio 2021 siete sul palco dell’Ariston, cantate “Povera patria” di Franco Battiato nella serata delle cover. Anche la famiglia vi ringraziò pubblicamente. Nel maggio dello stesso anno Battiato ci salutò. Che emozioni provate a rivedere quella fotografia?
Colapesce: “Indescrivibile. Poco prima di salire sul palco avevamo parlato nuovamente con la nipote di Franco. Ovviamente, in precedenza, le avevamo fatto ascoltare la nostra versione e avevamo concordato insieme l’idea di mettere la voce originale di Franco sul finale del brano, come se fosse lì con noi. Lui è sempre stato così: anche se non c’era, era come se ci fosse stato”.
Dimartino: “Io se ripenso a Battiato penso a una persona viva. La sua musica è qui, continua a ispirare”.

Facciamo un gioco: siete i direttori artistici di Sanremo. Potete invitare qualunque artista italiano, vivo o morto. Tre nomi?
Colapesce e Dimartino: “Alessandro Fiori. Avrebbe tanto da dare all’Ariston. Bruno Lauzi. E poi infine: Mia Martini, con un brano scritto da noi (sorridono, ndr). Un sogno meraviglioso. Le scenografie invece le faremmo firmare da Federico Fellini, sarebbero maestose”.